Avvenire appoggia il Ddl sul suicidio assistito, travisando Wojtyła
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Con un articolo di Domenico Menorello, il quotidiano della Cei appoggia il disegno di legge sul suicidio assistito in esame al Senato, citando a sproposito il n. 73 dell’Evangelium vitae sulle «proposte mirate a limitare i danni». Ma nell’enciclica di san Giovanni Paolo II è implicito che l’azione di limitazione dei danni deve essere essa stessa moralmente lecita: non è questo il caso.

Avvenire appoggia il disegno di legge sull’aiuto al suicidio in esame al Senato. Ne siamo consapevoli: non è una notizia. Ma è bene occuparsene per le motivazioni proposte dal quotidiano della Conferenza episcopale italiana (CEI) che fa scendere in campo l’avvocato Domenico Menorello, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica.
Nell’articolo di Avvenire, Menorello traccia questo iter argomentativo. Citando l’Evangelium vitae (EV) di Giovanni Paolo II, ricorda che il suicidio e quindi l’aiuto al suicidio sono mali morali. Come tali non possono essere legittimati dallo Stato. Poi, però, Menorello chiama in causa il n. 73 dell’EV, come spessissimo fanno i cattolici per sostenere leggi ingiuste: «Il n.73 consente (anche) di “lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni” di una situazione ingiusta e ciò anche quando si possa prevedere l’approvazione di una norma ancora peggiorativa dell’assetto attuale».
Il n. 73 dell’EV poneva come condizione per limitare i danni, tramite il sostegno a proposte migliorative, lo stato di necessità e indicava due ipotesi: una legge iniqua già vigente o che sta per essere messa al voto. In senso stretto non è questo il caso attuale. In senso più ampio la situazione attuale può rientrare in questa condizione perché sempre il n. 73 si riferisce, in modo più generale, all’impossibilità di scongiurare una legge ingiusta.
Siamo in questa situazione? Pare proprio di sì. Menorello infatti disegna uno scenario dove tutto sta concorrendo al varo di una legge sul suicidio assistito, come avevamo appuntato anche noi qualche settimana fa seppur in modo più sintetico: c’è già una legge che permette l’eutanasia in alcuni casi e che quindi legittimerebbe una norma permissiva sul suicidio assistito; l’art. 580 del Codice penale che punisce l’aiuto al suicidio è già stato demolito dalla Corte costituzionale; giudici e Regioni hanno già applicato, spesso con disinvoltura, i criteri indicati dalla Consulta per accedere al suicidio assistito; mediaticamente si sta diffondendo l’idea che togliersi la vita sia un diritto; la Consulta per ben 15 volte ha chiesto al Parlamento di legiferare e se esso non lo facesse probabilmente interverrebbe nuovamente la Consulta stessa. Difficile sostenere che è possibile scongiurare una legge ingiusta sul suicidio assistito anche perché, si legge tra le righe dell’articolo di Avvenire, se non la votasse il centrodestra ci penserebbe la sinistra a votare una legge ben peggiore. Dunque lo stato di necessità c’è.
Menorello, verificata la sussistenza di questo requisito indicato dal n. 73 dell’EV, passa poi a descrivere gli aspetti secondo lui positivi del Ddl del centrodestra, positivi perché migliori rispetto a ciò che prevede la legge 219/2017 sull’eutanasia, alle indicazioni della Consulta, alle sentenze dei giudici locali e alle disposizioni delle Regioni. Migliori anche in vista di una futura legge che potrebbe varare la sinistra qualora andasse al governo. Su questi aspetti non ci intratteniamo perché, come vedremo, sono ininfluenti in merito al giudizio sulla liceità morale del voto a favore di questo Ddl.
Menorello affida la sua conclusione di carattere morale alle parole di Carlo Casini, figura storica del Movimento per la Vita: è «“necessario che il retroterra cattolico sostenga con totale unità e forza lo sforzo dei parlamentari cattolici […] aiutandoli ad avere coraggio nella ricerca del massimo” miglioramento e bene possibili ravvisabili in tale proposta, rispetto a una situazione attuale grave, [anche al fine di] “fermare altre – assai probabili future – proposte totalmente negative” (Medicina e Morale, 2003/2)». Dunque è moralmente lecito, se non doveroso, votare a favore di questo Ddl e sostenerlo in tutti i modi.
Per rispondere a Menorello prendiamo a prestito le parole di Paolo VI: «Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali». (Humanae vitae, 14). Non è moralmente lecito compiere il male. Mai, nemmeno in stato di necessità e nemmeno per un fine buono, come ad esempio limitare i danni. Tradotto nel nostro caso: non è lecito approvare una legge ingiusta anche per migliorare la situazione presente e/o per scongiurare una legge ancora più ingiusta che in futuro certamente sarà approvata.
Ora però dobbiamo provare che l’approvazione di questo Ddl sia un male morale. La maggior parte dei commentatori giudicano che la sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale (qui un approfondimento) e il Ddl in esame al Senato non legittimino il suicidio assistito, bensì lo depenalizzino solamente. Noi siamo di avviso contrario, ma anche se questo Ddl mirasse “solo” a depenalizzare il suicidio assistito, rimarrebbe una legge iniqua. Infatti è dovere morale dei governanti tutelare il bene comune. Una forma di tutela è quella di vietare quelle condotte capaci di distruggere il bene comune. Così Tommaso d’Aquino: sono proibiti quei vizi «dannosi per gli altri, senza la cui proibizione non può sussistere l’umana società, quali l’omicidio, il furto e simili» (Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 2, co.). Uccidere l’innocente o togliersi la vita sono azioni che evidentemente minano l’assetto sociale e perciò non vanno mai tollerate, ma sempre punite. Dunque è dovere morale del parlamentare vietare il suicidio assistito. Una legge che invece esprimesse la volontà di non proibire l’aiuto al suicidio e che quindi permettesse l’aiuto al suicidio è una legge intrinsecamente ingiusta proprio perché viene meno al dovere morale di proteggere la vita delle persone innocenti. Configurerebbe quindi una condotta omissiva moralmente illecita. In sintesi: votare questo Ddl è un’azione moralmente illecita e parimenti appoggiarlo in qualsiasi modo, con la penna o la parola.
Torniamo al n. 73 dell’EV sempre evocato a sproposito. Il passaggio centrale così recita: «Un parlamentare […] potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica» (corsivo nel testo). Nel testo è implicita la seguente considerazione (implicita perché appartiene all’ABC della dottrina morale cattolica): l’azione di limitazione dei danni deve essere essa stessa moralmente lecita. E dunque non è moralmente valido compiere il male al fine di limitare i danni, come ricorda Paolo VI e tutta la dottrina cattolica di sempre. Facciamo un esempio: Tizio mi minaccia dicendomi che ucciderà tre persone innocenti se io, a mia volta, non ne ucciderò una. Non mi è lecito uccidere una persona al fine di salvarne tre. Quell’azione sarebbe certamente un’azione che limiterebbe i danni, ma rimarrebbe comunque un’azione malvagia in sé. «Il fine non giustifica i mezzi» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1753). Facciamo ritorno al nostro caso: provato che votare questo Ddl è un’azione moralmente malvagia, poco importa che oggettivamente riduca i danni, già esistenti o futuri. Rimane un’azione malvagia e quindi, anche per un fine buono e in stato di necessità, non può essere scelta. Non è mai lecito scegliere il male minore per evitarne uno maggiore.
Ma allora il n. 73 a quale caso potrebbe riferirsi? Illustriamo un caso tra molti. Facciamo finta che nell’attuale testo del Ddl non ci fosse, come in realtà c’è, l’indicazione dell’obbligatorietà del percorso delle cure palliative. Supponiamo che un parlamentare cattolico proponga un emendamento per introdurle. Sarebbe moralmente lecito votare a favore di questo emendamento? Sì, perché questo emendamento, di suo, non accetta la depenalizzazione del suicidio assistito, ma si limita a voler inserire un obbligo che renderebbe meno iniqua questa legge. In questo caso l’azione di limitazione del male è lecita (obbligo delle cure palliative). Ciò detto, facciamo ancora finta che il testo così emendato arrivi al voto finale: il parlamentare autore dell’emendamento, così come tutti gli altri parlamentari, potrebbe votare a favore del testo così migliorato? No, perché il suo voto non riguarderebbe solo quell’obbligo da lui voluto, ma anche tutti gli articoli di legge che, mirando alla depenalizzazione di una condotta che invece meriterebbe di essere sanzionata, sarebbero ingiusti. Quindi il suo voto a favore significherebbe accettazione non solo di quell’elemento giusto da lui voluto, ma anche delle altre sezioni ingiuste. E non si può mai votare a favore dell’ingiustizia.
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Sul tema oggetto di questo articolo, Tommaso Scandroglio ha scritto il libro “Legge ingiusta e male minore. Il voto ad una legge ingiusta al fine di limitare i danni" (Phronesis, Palermo, 2020)
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