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FINANZIARIA

Una manovra mediocre. Il governo mantiene persino i bonus

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Una manovra finanziaria deludente che mantiene persino quel bonus edilizio che è stato al centro della critica della Meloni al governo Conte. Troppe misure populiste, poche buone misure.

Economia 17_10_2024
Manovra, incontro governo e parti sociali (La Presse)

Leggendo i contenuti della manovra finanziaria anticipati da fonti governative si ricava un’impressione deludente. Si potrebbe dire niente di nuovo sotto il sole. I soliti giochi di prestigio, senza il coraggio che ci si aspetterebbe da un governo che ha un forte mandato popolare e una solida maggioranza in Parlamento, ma che mira a compiacere l’esercito degli assistiti, cioè di quelle persone che continuano a beneficiare di bonus e sussidi e che ricambiano con il voto e la fedeltà.

Si tratta di una manovra da quasi 30 miliardi di euro in termini lordi, che non si affranca da una mentalità populista e demagogica che si riteneva appartenere alle politiche assistenzialiste di matrice grillina.

Il ddl bilancio, varato dal Consiglio dei ministri, insieme al decreto fiscale, al decreto legislativo sulle assise e al documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, appare poco incisivo e pressochè deprimente.

Una delle poche cose positive è la conferma del taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro e l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef. Non è escluso che si estenda il taglio del cuneo ai redditi fino a 50mila euro, a condizione che i fondi derivanti dal concordato preventivo di fine ottobre siano sufficienti, cosa tutt’altro che scontata.

Invece, le scelte sui bonus e sulle altre questioni controverse appaiono deludenti. I contrasti tra Forza Italia e Lega sulla tassa sugli extraprofitti alle banche e alle assicurazioni, con gli azzurri determinati a non introdurla e il Carroccio invece favorevole, si sono conclusi con una presa in giro nei confronti degli italiani. Le banche ufficialmente verseranno tre miliardi e mezzo, che Salvini festeggia come tassa sugli extraprofitti e Tajani festeggia come semplice rinuncia temporanea ai crediti d’imposta, quindi negando che si tratti di una tassa sugli extraprofitti. Chi dei due ha ragione? Il paradosso è che gli elettori del primo credono al primo, gli elettori del secondo credono al secondo.

In materia di bonus si sprofonda nel farsesco. Giustamente da anni il centrodestra accusa i grillini di aver utilizzato il reddito di cittadinanza e il superbonus 110% sulle ristrutturazioni edilizie per mantenere i consensi, definendo entrambe le misure dannose per le casse dello Stato. Quante volte è stato detto che di fatto quei soldi sono stati buttati dalla finestra, cioè destinati ad aiuti infruttuosi sul piano della crescita e quindi prettamente clientelari? Tutto, quindi, ci sarebbe aspettato da questo governo fuorchè il rinnovo del bonus edilizio, sia pure al 50% sulla prima casa e al 36% sulla seconda. Anche il bonus 50% su mobili ed elettrodomestici viene confermato, per compiacere le aziende del settore. Ma perché questo settore sì e altri no?

Senza contare che nel Mezzogiorno, nonostante l’inutilità conclamata di tanti interventi assistenzialistici che nulla hanno fatto per il rilancio economico di quelle regioni, il governo ha confermato gli incentivi finalizzati all’occupazione dei giovani e delle lavoratrici. Tutti soldi a pioggia per mantenere le clientele elettorali.

Positivo, invece, il taglio alle spese dei ministeri, che dovranno spendere in media il 5% in meno di quanto non abbiano fatto quest’anno. Ma le spese correnti delle amministrazioni dello Stato sono in parte oculate e funzionali al perseguimento del bene comune, in parte dissennate e finalizzate all’elargizione di prebende, consulenze inutili e mancette ai portatori di interessi e di voti. Si spera che il taglio possa riguardare questa seconda voce di spesa, anziché la prima.

Tutto questo per dire che il governo Meloni continua a commettere errori ma navigando nel deserto e senza veri avversari, perché le opposizioni, peraltro divise e rissose, non hanno proposte politiche alternative e sperano solo nell’offensiva giudiziaria e nelle incursioni di altri poteri in grado di dare la spallata all’esecutivo.

Una situazione che non lascia presagire nulla di buono, anche perché il debito pubblico continua a salire e il fardello che le nuove generazioni si troveranno sulle spalle rischia di far esplodere conflitti sociali e territoriali ai quali non saremmo in alcun modo preparati.