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conflitto in ucraina

Ucraini in crisi di fronte alla controffensiva russa a Kursk

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Mentre continua l'avanzata di Mosca nella regione di Donetsk, aumentano insubordinazioni e diserzioni fra i soldati di Kiev, che appaiono stanchi e demoralizzati.

Esteri 13_09_2024
La Presse (Abbattuto ponte chiave russo a Kursk - Frame video)

Mentre le truppe di Mosca continuano ad avanzare su tutti i settori del fronte nella regione ucraina di Donetsk, il 10 settembre i reparti russi hanno scatenato una controffensiva tesa a riconquistare i territori della regione russa di Kursk caduti in mano alle truppe di Kiev con l’attacco avviato il 6 agosto scorso.

Nonostante gli ucraini avessero distrutto tutti i ponti sul fiume Sejm i russi sono riusciti a far affluire al fronte da altre strade o attraverso ponti di barche un buon numero di artiglierie e mezzi corazzati provenienti da diverse regioni russe e almeno tre reggimenti di truppe scelte appartenenti alla 106° Divisione Paracadutisti e a due brigate di fanteria di Marina integrati da mezzi corazzati e reparti di droni che hanno affiancato le unità cecene e quelle composte anche da truppe di leva che avevano fronteggiato inizialmente l’offensiva ucraina insieme alle guardie di frontiera.

Dopo aver stabilizzato la situazione impedendo agli ucraini ulteriori avanzate, le forze russe hanno attaccato il nemico inizialmente sul fianco sinistro dello schieramento ucraino, tra Snagost e il confine, con un assalto guidato dal almeno un reggimento di fanti di Marina della 155° Brigata provenienti da Vladivostok (Flotta del Pacifico) riconquistando in meno di 48 ore dieci centri abitati e respingendo un paio di contrattacchi della 54° e 103° brigate ucraine, secondo quanto riferisce il ministero della Difesa russo che ha parlato di oltre 12 mila morti e feriti ucraini da quando sono iniziate le operazioni nella regione russa. Di questi, secondo il generale Apty Alaudinov, alla testa delle operazioni e comandante delle unità cecene Akhmat, circa 7.000 sarebbero stati colpiti nel solo distretto di Sudzha, sede di una stazione di pompaggio di Gazprom che rifornisce il gasdotto che raggiunge l’Europa dopo aver attraversato l’Ucraina e che continua a funzionare nonostante gli aspri scontri nella zona. «Le forze nemiche hanno subito gravi perdite e cominciano a realizzare che sarà difficile mantenere il controllo di questo territorio», ha affermato il generale.

Nel tardo pomeriggio di ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ammesso che «i russi hanno iniziato una controffensiva» nella regione di Kursk, aggiungendo che «tutto procede secondo il piano ucraino». Quasi una replica al ministro russo degli Esteri, Serghey Lavrov, il quale aveva affermato che l'esercito di Mosca sta «spingendo le forze armate ucraine fuori dalla regione di Kursk e continuerà a farlo, non ci possono essere dubbi su questo».

Secondo gli analisti ucraini del canale Telegram Deep State la situazione per le forze armate ucraine nella regione di Kursk sarebbe critica di fronte alla controffensiva russa. Oltre a disporre anche su questo fronte di truppe esperte, i russi possono contare su un incessante bombardamento delle posizioni nemiche grazie ad artiglieria e a una massiccia copertura aerea che opera quasi indisturbata non solo perché gli aerei lanciano ordigni guidati di precisione da decine di chilometri di distanza ma anche perché le difese aeree schierate dagli ucraini nella regione di confine di Sumy per offrire copertura alle truppe in territorio russo vengono sistematicamente rilevate dai droni e attaccate con missili balistici Iskander.
Un martellamento delle retrovie ucraine che potrebbe intensificarsi se verrà confermata la fornitura iraniana di oltre 200 missili balistici a corto raggio Fath 360 alla Russia: armi con un raggio d’azione limitato a 120 chilometri ma utili ai russi per risparmiare i propri missili Iskander per obiettivi situati a maggiore distanza (fino a 500 chilometri).

Un nuovo attacco russo, questa volta sul fianco destro (orientale) del fronte ucraino, si è sviluppato nelle ultime ore a sud di Sudzha verso il confine russo dove sembra che gli ucraini abbiano dovuto cedere terreno perdendo il controllo di 4 villaggi nell’area di Guyevo. L’impressione è che gli attacchi russi puntino a raggiungere o comunque minacciare le strade che permettono agli ucraini di rifornire le truppe schierate più a nord, costringendole a ritirarsi dal settore di Malaya Loknya già sotto pressione per i contrattacchi russi.
Un reggimento della 810° brigata di Fanti di Marina russi, ritirati dalle retrovie del Donbass, potrebbe attaccare Sudzha già nei prossimi giorni avviando quella che potrebbe risultare la battaglia più aspra.

Sul fronte di Kursk gli ucraini hanno schierato 6 brigate su un’area di circa mille chilometri quadrati (che costituisce appena un trentesimo dell’estensione della provincia di Kursk) più un’altra nelle retrovie nella regione di Sumy, cioè le riserve composte dai reparti meglio addestrati ed equipaggiati che secondo diversi osservatori sarebbero state più utili per arginare la penetrazione russa nella regione di Donetsk.

Circa le drammatiche condizioni operative delle forze ucraine, il 9 settembre l’emittente televisiva americana CNN ha riportato le dichiarazioni di sei ufficiali, intervistati con garanzia di anonimato, secondo i quali molti reparti sono stati «decimati» e vi sono problemi di morale e diserzioni sempre più frequenti.
«I rinforzi sono scarsi ed esigui, e molti soldati sono stanchi e demoralizzati». La situazione viene definita particolarmente grave in direzione di Pokrovsk, importante snodo logistico ucraino nella regione di Donetsk dove i russi sono a meno di 4 chilometri e colpiscono già strade e ferrovie che permettevano di rifornire tutti i settori del fronte nella regione.
Gli ufficiali hanno tutti affermato che «le diserzioni e le insubordinazioni stanno diventando un problema diffuso, specie tra le nuove leve», che spesso vengono reclutate a forza nelle città ucraine. «Non tutti i soldati mobilitati lasciano le loro posizioni, ma la maggioranza lo fa. Quando i nuovi soldati arrivano, vedono quanto sia difficile la situazione. Si trovano alle prese con i numerosi droni, pezzi d'artiglieria e mortai nemici», ha dichiarato uno degli ufficiali. «Vengono assegnati a una posizione e se sopravvivono, non tornano più. Lasciano le loro posizioni, rifiutano di andare a combattere, o trovano il modo di lasciare l'Esercito».

Numerosi militari ucraini intervistati dalla CNN lamentano di non aver ricevuto un addestramento adeguato e di scontare una grave carenza di armi e munizioni. «Spesso [i soldati ucraini] si trovano in una buona posizione, con una visuale chiara sul nemico che avanza, ma nessun proiettile d'artiglieria (...). Alcuni hanno detto di sentirsi colpevoli perché incapaci di dare adeguata copertura alle unità di fanteria».

Solo nei primi quattro mesi dell’anno i procuratori hanno aperto procedimenti contro quasi 19mila soldati (dato che per molti osservatori è inferiore di molto alle reali dimensioni del problema) che hanno abbandonato le loro posizioni o disertato, secondo un rapporto al parlamento ucraino, e la situazione è certamente peggiorata in primavera ed estate anche a causa dell’intensificazione degli arruolamenti forzati. Secondo i dati riportati da un parlamentare ucraino il mese scorso sarebbero 800 mila gli ucraini maschi tra i 25 e i 60 anni renitenti alla leva, che si nascondono per evitare l’arruolamento.