Ucraina: fase di stallo ma le armi non tacciono
In assenza di sviluppi significativi sui campi di battaglia, russi e ucraini continuano a combattersi. Questa fase del conflitto impone un intenso consumo di munizioni e una forte usura e distruzione di armamenti, puntando a logorare l'avversario ed escludendo i ngeoziati.
La guerra in Ucraina sembra vivere un momento di stallo in cui la parola resta alle armi, tagliando fuori ogni ipotesi di negoziato. Tuttavia il solo peso delle sole armi non pare in grado di determinare una svolta o ancor meno una soluzione militare del conflitto. In assenza di sviluppi significativi sui campi di battaglia, russi e ucraini si colpiscono in profondità con le armi a loro disposizione. Gli ucraini impiegano vecchi droni sovietici Tu-141 modificati per colpire basi in territorio russo e i lanciarazzi americani HIMARS per bombardare le basi russe nelle retrovie del fronte.
L’ultimo successo con queste armi fornite da Washington lo hanno conseguito a Makiivka, nella regione di Donetsk, dove la notte di Capodanno almeno 4 razzi hanno colpito l'edificio della scuola tecnica professionale usata come base per i riservisti russi mobilitati a quanto sembra nella regione di Samara. Gli ucraini rivendicano di aver ucciso 400 soldati nemici, Mosca ammette la perdita di 63 militari. La notizia era filtrata anche dai canali filorussi del Donbass e dai blogger militari rissi che avevano espresso nuove critiche nei confronti dei vertici militari per l’eccessivo e pericoloso ammassamento di tanti militari in un singolo luogo vulnerabile.
Quanto ai numeri dei caduti è difficile “fare la tara” alle fonti ufficiali. I russi in genere non riferiscono i numeri dei loro caduti (che secondo gli ucraini sarebbero addirittura107 mila dal 24 febbraio scorso). Un numero inverosimile anche per il documentato sito di opposizione russa Mediazona che riferisce di aver documentato 10.229 caduti al 30 dicembre e li suddivide anche per specialità e corpi di appartenenza. Ieri a Mosca un nuovo decreto presidenziale ha stabilito i risarcimenti per caduti e feriti nella “operazione speciale”: tra le misure previste vi è il pagamento di cinque milioni di rubli (circa 63.500 euro) alla famiglia di ciascun militare ucciso e tre milioni di rubli a ciascun ferito (38 mila euro). Neppure gli ucraini rivelano le proprie perdite anche se dopo la gaffe della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che a fine novembre riferì di oltre 100 mila soldati ucraini uccisi, le fonti ufficiali di Kiev ammisero un ben poco credibile numero di 10/13 mila caduti.
Anche i russi colpiscono con cadenza regolare in profondità l’Ucraina: un’offensiva iniziata dopo l’attacco degli ucraini o dei loro alleati al ponte di Crimea e condotta con missili da crociera e droni-kamikaze a lungo raggio che sta ottenendo diversi risultati. Ha paralizzato la distribuzione di energia elettrica devastando la rete ucraina, ha colpito o impedito l’utilizzo degli ultimi impianti industriali ancora attivi a sostegno dello sforzo bellico (i mezzi militari ucraini vengono riparati spesso nei paesi NATO confinanti), ha reso ancora più difficoltosi i trasporti e le comunicazioni (incluse le reti internet legate alla disponibilità di energia elettrica), impone a Kiev un elevato consumo di missili antiaerei forniti dagli alleati NATO ormai a corto di armi cedibili e sta minando il morale della popolazione ucraina.
Non è un caso che il presidente Volodymyr Zelensky abbia varato nei giorni scorsi un decreto che inasprisce ulteriormente le pene ai media (dopo averne chiusi decine insieme a 12 partiti di opposizione) che diffondono una copertura positiva di tutto ciò che riguarda la Russia. Il decreto estende i poteri del Consiglio nazionale per trasmissioni televisive e radiofoniche, che diventerà un organismo unifico che si occuperà del controllo dei media. La legge prevede l'introduzione dei meccanismi per combattere "i servizi Internet ostili" e le procedure per formare le "liste nere". Un sintomo forse di una crisi di consensi popolari determinata del resto dalla stessa propaganda governativa di Kiev: inutile infatti affermare che quasi tutti i missili e i droni russi vengono abbattuti se poi il risultato è che in gran parte delle regioni manca l’energia elettrica.
Sui fronti bellici gli ucraini non sembrano in grado di lanciare nuove controffensive in grado di riconquistare quel 20 per cento di territorio sotto il controllo dei russi (Inclusa la Crimea) recuperare. Le forze di Kiev si limitano per ora a cercare di conquistare qualche chilometro nel settore di Svatove, nell’oblast di Lugansk, dove i russi contrattaccano al momento sembrerebbe solo per contenere le puntate offensive nemiche. Ieri la riconquista dell’isola di Velyky Potomkinsky, nel delta del fiume Dniepr, annunciata dalla stampa di Kiev è stata smentita dalle autorità ucraine.
Le forze di Mosca continuano invece ad avanzare lentamente nel settore di Artiomovsk (Bakhmut per gli ucraini) dove i progressi avvengono con lentezza e difficoltà a causa delle fortificazioni erette negli ultimi 8 anni dalle forze ucraine. Lo ha affermato il fondatore della compagnia militare privata russa Wagner, Evgenij Prigozhin, in un'intervista all'agenzia di stampa Ria Novosti. "Bakhmut e' una fortezza in ogni casa. I nostri ragazzi combattano per ogni edificio, a volte ci vuole più di un giorno, a volte settimane per prendere possesso di una casa", ha detto Prigozhin, aggiungendo che "le linee di difesa ucraine si trovano ogni dieci metri".
In quel settore combattono i contractors della Wagner insieme alle milizie della Repubblica Popolare di Donetsk e benché le fonti di propaganda ucraine e NATO, dominanti sui media italiani ed europei, sottolineino le difficoltà dell’avanzata russa in questo settore dall’elevato valore simbolico e politico oltre che militare, il valore strategico della battaglia in atto sembra essere ben più ampio della conquista di una cittadina ormai distrutta.
Nel silenzio di quasi tutti i media, la battaglia di Bakhmut sembra essere costata decine di migliaia di morti e feriti all’esercito di Kiev. Zelensky sa che la caduta di quella roccaforte spalancherebbe la strada ai russi per la conquista dell’intera regione di Donetsk e per tenere le posizioni sotto il pesante fuoco dell’artiglieria russa ha gettato nel “tritacarne” brigate dopo brigate, incluse molte unità composte da coscritti poco addestrati e male armati come indicano video postati su Telegram da diversi militari ucraini. Kiev impone ai giornalisti stranieri di tenersi lontani dalla prima linea ma reporter di giornali statunitensi hanno visitato ospedali nelle retrovie verificando il gran numero di feriti provenienti da Bakhmut e intervistando alcuni reduci.
Il vantaggio per i russi è triplice: costringono gli ucraini a soffrire dure perdite per tenere le posizioni, minano il morale delle truppe di Kiev e infine costringono il nemico a trasferire a Bakhmut reparti dai settori di Kherson e Zaporizhzhia dove avrebbero potuto venire impiegati per lanciare altre controffensive. In termini strategici la guerra a cui stiamo assistendo è incentrata “sull’usura” delle forze nemiche. I russi puntano sul progressivo addestramento dei 300 mila riservisti mobilitati, anche se includendo i volontari arruolatisi negli ultimi mesi i nuovi soldati arruolati da Mosca dal 21 settembre in avanti sarebbero addirittura 492 mila secondo il sito d’informazione di opposizione russo Mediazona. Un numero importante se si tiene conto che finora i russi e i loro alleati hanno schierato nelle operazioni in Ucraina non più di 150/180 mila militari. Un numero sufficiente a garantire stabilità alle linee difensive lunghe 1.500 chilometri dalla regione di Kherson a quella di Lugansk e a programmare nuove offensive grazie anche all’imponente numero di carri armati, artiglierie e mezzi pesanti che stanno confluendo verso il confine ucraino.
Inoltre Mosca da tempo ha dato ampia visibilità al dispiegamento di truppe e mezzi in Bielorussia con esercitazioni congiunte con le forze di Minsk lungo i confini ucraini. Difficile dire se i russi preparino una nuova offensiva nel nord o su Kiev partendo dalla Bielorussia ma di certo queste attività muscolari impongono agli ucraini di schierare ingenti forze nel nord, a protezione della capitale.
Questa fase del conflitto impone, forse anche più delle fasi precedenti, un intenso consumo di munizioni e una forte usura e distruzione di armamenti. Per questo la differenza potrebbe farla chi avrà abbastanza truppe addestrate, munizioni e rifornimenti per passare all’offensiva. In questo contesto le crescenti difficoltà dell’Occidente a rifornire Kiev di nuove armi e munizioni potrebbero avere un ruolo chiave. Abituati dai nostri media a nutrirci a piene mani della propaganda ucraina e NATO, continuiamo a non dare visibilità alle notizie che giungono da Mosca, certo ugualmente propagandistiche ma utili quanto meno a bilanciare le fonti. Ieri i militari russi hanno reso noto di aver distrutto in Donbass 3 obici americani M777, 4 veicoli lanciarazzi HIMARS, 4 veicoli lanciarazzi RM-70 ceduti dall’esercito ceco e ben 800 razzi d’artiglieria.
Quanti pezzi d’artiglieria occidentale sono ancora intatti nelle mani degli ucraini? Impossibile saperlo ma forse non è un caso che l’ultimo pacchetto di forniture americane comprenda solo 500 proiettili per cannoni di calibro occidentale e ben 200 mila per quelli di calibro russo/sovietico in dotazione da sempre alle forze di Kiev.
Del resto anche la propaganda più “sofisticata” dello schieramento occidentale, rappresentata dal rapporto quotidiano dell’intelligence britannici (più orientato a influenzare l’opinione pubblica che a fornire report attendibili) sembra mostrare i suoi limiti. Secondo gli 007 di Londra i russi avrebbero dovuto finire i missili con cui colpire in profondità il territorio ucraino già in aprile (poi almeno altre quattro volte tra l’estate e dicembre) mentre per fine anno avevano preannunciato una vasta offensiva russa di cui a oggi non vi è traccia.