Trump condanna l'Iran. Fuori dall'accordo, sì alle sanzioni
Fine di una breve storia: gli Usa si sono ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente Donald Trump, in una conferenza stampa in cui ha rispolverato la sua più aspra retorica per condannare il trattato multilaterale, voluto dall’Ue, promosso da Obama.
Fine di una breve storia: gli Usa si sono ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente Donald Trump, in una conferenza stampa in cui ha rispolverato la sua più aspra retorica per condannare il trattato multilaterale, voluto dall’Ue, accettato di buon grado dal suo predecessore Barack Obama e considerato come la fine dell’isolamento internazionale da parte dell’Iran. Tutto finito, tutto da rifare: Trump ha annunciato ieri stesso il ritorno delle sanzioni economiche statunitensi contro il regime di Teheran.
Nella sua conferenza stampa alla Casa Bianca, Trump ha sfoderato una serie di aggettivi per definire l’accordo appena denunciato. Aggettivi come: “orribile”, “fazioso”, “disastroso”, “una vergogna, per me, anche come cittadino”. Il presidente reintrodurrà immediatamente “le sanzioni economiche più pesanti possibili”, punendo non solo ogni nazione che coopererà al programma atomico iraniano, ma anche le stesse aziende e banche americane e straniere che dovessero continuare ad aver rapporti con l’Iran. Quindi sono sanzioni unilaterali statunitensi, ma andranno a condizionare anche le relazioni commerciali dell’Europa, perché nessuno vuole finire in una lista nera americana.
“L’accordo sul nucleare iraniano è sbagliato sin dalla sua origine – ha spiegato Trump, aggiungendo che – Se noi accettassimo di tenere in piedi questo accordo, vi sarebbe ben presto una corsa agli armamenti nel Medio Oriente”. Citando la denuncia, da parte del premier israeliano Benjamin Netanyahu, di un programma militare segreto, sempre negato e nascosto dall’Iran, Trump accusa: “Abbiamo la prova definitiva che questa promessa iraniana fosse una menzogna”. Annunciando che “l’era delle minacce a vuoto è finita”, Trump si dice “pronto, propenso e capace” di negoziare un “nuovo e duraturo accordo” con l’Iran. E “grandi cose possono capitare all’Iran, grandi cose possono accadere per la pace e la stabilità, che è tutto quel che vogliamo”. Quindi, come sempre nel modus operandi di Trump, l’accordo precedente viene buttato via perché contrario agli interessi americani, ma viene data la disponibilità per negoziarne uno nuovo, partendo da posizioni di forza. E soprattutto: dopo aver dimostrato di non avere alcuno scrupolo. In cosa potrebbe consistere un nuovo accordo? Il vecchio, prima di tutto, era una promessa, da parte iraniana, di liberarsi di quasi tutte le scorte di uranio arricchito (materiale utile per la costruzione di ordigni nucleari) e di sospenderne per dieci anni la produzione. Erano previste anche ispezioni (che però l’Iran poteva contestare e rallentare) e in cambio le sanzioni internazionali sarebbero state sospese. Ora gli Usa, denunciato il trattato, rimettono le sanzioni e ne aggiungono di nuove. Un nuovo accordo non sarà mai accettato se non includerà (stando a quanto ha dichiarato lo stesso Trump a Emmanuel Macron) anche la messa al bando dei test missilistici e la fine delle operazioni iraniane all’estero.
Le reazioni a questo annuncio sono miste e molto prevedibili: giubilo da parte di Israele e Arabia Saudita, sconcerto e tristezza da parte di Francia, Regno Unito e Germania, una cauta protesta da parte degli iraniani, che, finora, non hanno alzato la voce, né profferito le consuete minacce contro Usa e Israele. Probabilmente per non alienare le simpatie dei governi europei. Lasciare intatto l’attuale accordo, per il premier israeliano, era la “formula per il disastro”. “Ogni accordo futuro dovrà affrontare il programma missilistico iraniano e i finanziamenti e il sostegno militare ai terroristi”, ha commentato a caldo il principe Khalid bin Salman su Twitter. Regno Unito, Francia e Germania ribadiscono il loro rispetto per i termini del trattato. “L’accordo con l’Iran va mantenuto. Contribuisce alla sicurezza nella regione e frena la proliferazione nucleare. L’Italia è con gli alleati europei per confermare gli impegni presi”, ha twittato il premier Paolo Gentiloni. Interviene al fianco degli europei anche l’ex presidente Barack Obama, che ancora una volta rompe il consuetudinario silenzio degli ex inquilini della Casa Bianca: “Andarsene dall’accordo significa voltare le spalle ai maggiori alleati dell’America e ad un trattato a cui avevano lavorato i migliori diplomatici, scienziati e agenti di intelligence del paese”.
C’è però un punto che non è mai stato smentito da nessuno: l’Iran ha nascosto il suo programma nucleare militare. L’Onu (cioè l’Agenzia per l’Energia Atomica) e gli europei affermano che non ci sia più, che l’Iran stia rispettando l’accordo da quando è entrato in vigore, nel gennaio del 2016. Dal punto di vista israeliano, saudita e americano, l’esistenza stessa dei documenti sul programma nucleare militare, trafugati dall'intelligence israeliana in Iran, è la prova di una grande menzogna. E’ la dimostrazione che, contrariamente a tutte le dichiarazioni pubbliche dei suoi massimi dirigenti, il regime di Teheran ha voluto l’atomica e probabilmente la vuole tuttora. Si tratta dunque di gestire la questione in due modi differenti, opposti. Per gli europei, così come per Obama, l’importante è giungere a un compromesso che scongiuri un conflitto, anche chiudendo un occhio o due sulle cose non dette, non chiarite e poi smentite. Importa loro che dal 2016 l’Iran, almeno per dieci anni, si dia una “calmata”. Poi si vedrà. L’atteggiamento di Israele e Arabia Saudita, per i quali l’Iran è una minaccia esistenziale, è diametralmente opposto. Il fatto che abbia mentito sull’arma atomica non fa che confermare i loro sospetti. E soprattutto, non è l’unico dei problemi: dal 2016 in poi, sia Israele che l’Arabia Saudita devono fronteggiare un Iran che (anche grazie alla sospensione delle sanzioni) è sempre più forte e invadente, una potenza regionale in grado di sostenere la guerriglia sciita in Iraq, Siria, Yemen, Libano. Gli Usa che, con Obama, pendevano più dalla parte europea, oggi hanno deciso di gettare il loro peso sul piatto di Israele e Arabia Saudita, i due maggiori alleati nella regione. Quelli a cui Obama aveva chiesto quasi solo sacrifici e concessioni, perdendo la loro fiducia.