Svelati i segreti dell'Iran, ma l'Ue non cambia idea
Netanyahu svela in pubblico 100mila documenti segreti iraniani che dimostrerebbero l'esistenza di un programma nucleare militare clandestino. L'effetto di questa conferenza stampa è però poco visibile. Gli Usa confermano la loro contrarietà all'accordo sul nucleare iraniano, ma l'Ue continua a difenderlo.
In una drammatica conferenza stampa, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha svelato un segreto. L’intelligence dello Stato ebraico, ha trafugato in Iran circa 100mila documenti da un archivio atomico a Shorabad, a sud della capitale Teheran. Contengono la prova di un programma nucleare iraniano, non solo civile ma anche militare, volto alla costruzione di testate per i missili. Netanyahu con questa rivelazione può convincere definitivamente gli Usa a ritirarsi dall’accordo sul nucleare iraniano (sospensione del programma iraniano in cambio della fine delle sanzioni economiche), cosa già ventilata dal presidente Donald Trump sin dai tempi della sua campagna elettorale. Mentre non convince affatto l’Europa.
Il furto dei documenti iraniani, stando a una prima ricostruzione, sarebbe avvenuto a gennaio, ma già da due anni i servizi di intelligence ne conoscevano i contenuti e il luogo in cui erano custoditi. A quanto risulta, anche gli Usa sono al corrente dell’archivio atomico di Shorabad fin dall’inizio di quest’anno. E questo spiega molto dell’atteggiamento di Trump contro l’accordo sul nucleare, oltre che sul cambiamento di umore anche del presidente francese Emmanuel Macron, a seguito della sua visita negli Usa. Che cosa dimostrano i documenti? Prima di tutto, smentiscono una serie di dichiarazioni pubbliche del regime iraniano. Smentiscono Khamenei, che diceva: “Io sottolineo che la Repubblica Islamica non ha mai perseguito l’obiettivo di dotarsi di armi nucleari”. Il presidente Hassan Rouhani: “Le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa non trovano posto nella dottrina di difesa iraniana”. E il ministro degli Esteri Javad Zarif: “Non abbiamo alcun programma per sviluppare le armi nucleari. In ogni caso le consideriamo sia irrazionali che immorali”. Tutti loro sono stati citati ed esposti al pubblico ludibrio nella conferenza di Netanyahu. Perché in realtà il programma esiste. Si chiama Progetto Amad.
Quando il programma nucleare, sia civile che militare, venne scoperto nel 2002 a seguito di una soffiata di dissidenti, l’anno successivo la Repubblica Islamica ha ufficialmente terminato il Progetto Amad. Tuttavia, sotto altre agenzie e sotto altri nomi, gli stessi scienziati hanno continuato a lavorarci. Secondo i documenti trafugati dagli israeliani, attualmente, ancora nel 2018, il programma per la progettazione, la fabbricazione e la sperimentazione delle armi nucleari continua sotto l’egida di un organismo dipendente dal Ministero della Difesa iraniano, chiamato con l’acronimo Spnd. Il direttore dell’Spnd citato nei documenti mostrati da Netanyahu è Mohsen Fakhrizadeh, lo stesso che guidava il Progetto Amad fino al 2003. Se confermata si tratterebbe di una menzogna clamorosa da parte dell’Iran, che all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) aveva assicurato, al momento della firma dell’accordo sul nucleare del 2015, che ogni programma nucleare fosse solo civile e non militare.
Da un punto di vista politico, tuttavia, le rivelazioni di Netanyahu non spostano le linee politiche delle potenze coinvolte. Non fanno che rafforzare l’atteggiamento di Trump contro il trattato sul nucleare. Anche, perché, come abbiamo visto, era già al corrente dei documenti. Il 12 maggio il presidente statunitense dovrà prendere una decisione se reintrodurre o meno le sanzioni all’Iran. Netanyahu gli ha fornito un “assist” per reintrodurle, scegliendo con cura il tempismo di queste rivelazioni. Cambia poco o nulla sul fronte Onu e sul fronte europeo. Sul fronte Onu, l’Aiea risponde alla conferenza stampa del premier israeliano con un laconico comunicato in cui ribadisce che i segreti dell'Iran non rivelano nulla di diverso da quel che si sapeva già. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite neppure i nuovi documenti dell'archivio atomico dimostrerebbero l’esistenza di un programma nucleare militare più recente del 2003 e comunque niente che provi l’invalidità della posizione iraniana alla firma degli accordi di Vienna del 2015. Sul fronte dell’Ue, la prima risposta di Federica Mogherini è molto cauta. A suo dire i documenti mostrati da Netanyahu “non dimostrerebbero” affatto che l’Iran non ha rispettato gli accordi di Vienna. Da un punto di vista formale, questa affermazione è inoppugnabile. La distinzione, qui, è più sottile: gli accordi potrebbero anche essere rispettati alla lettera dall’Iran, dato che essi riguardano, sostanzialmente, la riduzione del materiale nucleare (uranio arricchito e plutonio) e dei macchinari adatti a produrne di nuovo. Ciò non toglie però che vi sia un programma segreto, parallelo, sulla progettazione di testate nucleari. E le testate, una volta progettate, possono essere costruite in un periodo di tempo molto breve, nel caso il programma nucleare dovesse essere ripreso. La Francia e il Regno Unito hanno confermato ieri che rispetteranno l’accordo di Vienna. Perché i documenti mostrati da Netanyahu, non solo smentiscono ma addirittura rafforzano la necessità di un trattato come quello in vigore.
Sull’atteggiamento europeo pesa sicuramente la contro-manovra diplomatica dell’Iran. Subito dopo le dichiarazioni del premier israeliano, secondo fonti iraniane citate dal Wall Street Journal, il presidente Hassan Rouhani ha passato un’ora al telefono con il suo omologo francese Emmanuel Macron. Il capo del governo di Teheran si è detto pronto al dialogo per la “stabilità della regione” e ha definito “non negoziabile” l’accordo di Vienna sul nucleare. Secondo l’agenzia Stratfor, l’Iran sta lavorando attivamente per “dividere l’Ue dagli Stati Uniti” nel caso gli Usa dovessero reintrodurre le sanzioni, in modo da poterle rendere inefficaci. Questo lavorio diplomatico sarebbe dimostrato anche dal diverso atteggiamento tenuto dal regime iraniano dopo le dichiarazioni israeliane: reazioni dure verbalmente, ma non minacce. Nulla che possa impensierire le sensibili cancellerie europee, insomma. Anche di fronte ai raid notturni sulla Siria, avvenuti lunedì (e molto probabilmente condotti dall’aviazione israeliana) e costati la vita a decine di militari iraniani, la risposta di Teheran è stata nulla. I media hanno anche censurato la notizia della morte degli iraniani, subito dopo averla diffusa.
Il fatto è che l’Ue vuole credere alla versione iraniana. Vuole conservare l’accordo firmato nel 2015, per volontà europea soprattutto, perché lo ritiene l’unico compromesso possibile. Nemmeno un’operazione dei servizi segreti israeliani che probabilmente passerà alla storia (trafugare 100mila documenti sotto il naso del governo iraniano…) servirà a cambiare l’atteggiamento delle cancellerie coinvolte. Gli Usa di Trump rimarranno determinati a ritirarsi dall’accordo, l’Ue a difenderlo. L’Ue accuserà gli Usa di volere la guerra, gli Usa accuseranno l’Ue di chiudere gli occhi di fronte alla minaccia iraniana. La storia giudicherà.