Hong Kong, dissidenti a rischio di estradizione per colpa di Starmer
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I dissidenti cinesi di Hong Kong sono fuggiti soprattutto nel Regno Unito. E dal 2020 il Trattato sull'Estradizione è stato sospeso, da quando la Cina ha imposto la sua legge totalitaria. Oggi il governo laburista rimette tutto in discussione.

I dissidenti cinesi di Hong Kong sono fuggiti soprattutto nel Regno Unito. L’ex potenza coloniale li ha aiutati emettendo passaporti per l’espatrio e promettendo una certa assistenza legale in loco (che però finora non è servita a molto). Ma ora anche i dissidenti che sono nel Regno Unito rischiano di essere rimpatriati. Il tutto a causa di una proposta di legge del governo laburista, guidato da Keir Starmer, con Dan Jarvis quale ministro di Stato per la sicurezza. In base a tale legge, se passasse, Pechino potrebbe tornare a chiedere l’estradizione per i “suoi” ricercati e Londra valuterebbe, caso per caso, se concederla o meno.
Le regole sull’estradizione sono fissate dal Trattato sull’Estradizione del Regno Unito e Hong Kong siglato dalle due parti nel 1997, l’anno in cui l’ex colonia in Asia orientale è stata restituita alla Cina (Repubblica Popolare). Tuttavia, il Trattato è stato sospeso nel giugno 2020, quando il regime di Pechino ha imposto a Hong Kong la Legge sulla Sicurezza Nazionale, che estende anche all’ex colonia, fino a quel momento autonoma, una normativa totalitaria che criminalizza condotte politiche bollate come sedizione, sabotaggio o secessione. La nuova legge è stata imposta violando esplicitamente la Dichiarazione Congiunta sino-britannica in base alla quale, per cinquant’anni, dunque fino al 2047, Hong Kong avrebbe dovuto mantenere una piena autonomia, dunque la sua legge, il suo sistema economico e il suo sistema politico semi-democratico.
Sospendendo il Trattato sull’estradizione con Hong Kong, la Cina non ha più alcun modo per chiedere di processare cittadini di Hong Kong fuggiti nel Regno Unito. Così come il Regno Unito non ha più alcun modo di chiedere l’estradizione di criminali ricercati fuggiti eventualmente a Hong Kong. Ed è proprio su questo aspetto, l’ordine, che il governo Starmer ha proposto di riattivare il Trattato, o almeno parte di esso. In una lettera a un parlamentare, il ministro Jarvis, pone la questione in termini esclusivamente securitari: «È nell'interesse nazionale avere rapporti efficaci in materia di estradizione per impedire che i criminali sfuggano alla giustizia e che il Regno Unito diventi un rifugio per i fuggitivi». Nella stessa nota, Jarvis esclude che qualche honkonghese possa essere estradato in Cina per motivi politici o religiosi.
Il regime comunista di Pechino, però, vuole mettere le mani soprattutto sui dissidenti politici e farà carte false per riaverli. Per capire l’urgenza con cui li sta ricercando, basti pensare che ha imposto delle taglie sulla loro testa, promesse a chiunque li riporti in Cina. Recentemente ha aggiunto altri 15 nomi alla lista dei ricercati politici.
Alicia Kearns, deputata conservatrice (all’opposizione) ritiene che questa proposta di legge sia un pericolo per la vita dei dissidenti cinesi: «A mio avviso, ripristinare l'estradizione con Hong Kong è moralmente indifendibile. Il Partito Comunista Cinese ha trasformato Hong Kong in uno Stato di sorveglianza dove la libertà di espressione, lo Stato di diritto e le libertà civili fondamentali vengono sistematicamente smantellati. Questa mossa rischia di legittimare un regime che imprigiona i critici, mette a tacere gli attivisti democratici e utilizza l'estradizione come strumento di persecuzione. Il governo deve abbandonare immediatamente questa proposta».
Chloe Cheung, una dissidente, su cui pende una taglia di 127.400 dollari, spiega che, semplicemente: «Se domani Pechino mi accusasse di qualcosa come “frode”, potrebbe tentare di usare questo come motivo per richiedere la mia estradizione, e poiché tali accuse potrebbero non essere considerate politiche dal Regno Unito, ciò lascerebbe la porta aperta ad abusi. È proprio così che le autorità cinesi mascherano la persecuzione politica come un normale procedimento penale».