Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL VESCOVO E GLI IMMIGRATI

Sui migranti, Lorefice esagera. Non c'è omissione

L'appello lanciato dall'arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha avuto effetto: la Guardia di Finanza ha raccolto gli emigranti in acque maltesi e li ha trasferiti in Italia. Ma il prelato usa parole esagerate: non c'è un genocidio in corso e l'Italia non è colpevole di omissione di soccorso. 

Politica 06_08_2021
Mons. Corrado Lorefice

"Questa volta siamo ancora in tempo. Le autorità italiane, le autorità maltesi, le autorità europee sono ancora in tempo. La nostra umanità è ancora in tempo. Il nostro compito come cristiani è ancora in tempo. Oltre 400 vite nel cuore del Mediterraneo aspettano la nostra decisione, aspettano di essere salvate". L’appello lanciato il 3 agosto dall’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice alle istituzioni di tutta Europa, a cominciare dal governo italiano e dalla nostra Guardia Costiera, affinché intervenissero immediatamente nel salvataggio di cinque imbarcazioni, con oltre 450 migranti illegali a bordo nella zona di mare di competenza di Malta per la ricerca e soccorso (SaR) ha avuto successo.

Le motovedette della Guardia di Finanza si sono spinte nelle acque SaR maltesi e hanno trasferito in Italia i clandestini, ma alcune parole utilizzate dal prelato sono state decisamente fuori luogo, anche se pienamente aderenti al linguaggio propagandistico immigrazionista a cui gran parte del clero e la sinistra ci ha da anni abituato. “Non decidere in questa direzione significa ammettere che l'omissione di soccorso fa parte a tutti gli effetti della strategia che i nostri governi stanno adottando per gestire il tema delle migrazioni, continuando a rendere plausibile lo straziante genocidio a cui molti ancora si rifiutano di assistere, voltando lo sguardo dall'altra parte”.

Innanzitutto non si può parlare di soccorso e di sua omissione dal momento in cui sistematicamente i clandestini scelgono liberamente di pagare criminali per raggiungere l’Italia su imbarcazioni sovraffollate, soprattutto tenendo conto che le forze navali italiane hanno soccorso in mare dal 2013 oltre 700mila migranti illegali: ridicolo quindi utilizzare nei confronti di Roma il termine “omissione di soccorso”.

Inoltre l’uso della parola genocidio vuole essere evocativo, ma è al tempo stesso ridicolo e privo di senso. Innanzitutto perché nessuno sta uccidendo volontariamente esseri umani come accade invece di solito nei genocidi (nel dubbio l’arcivescovo chieda a ebrei e armeni, solo per fare un esempio….). Nella definizione riconosciuta dall’Onu, per genocidio si intende la “metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l'annullamento dei valori e dei simboli culturali”. Nulla a che fare evidentemente con l‘annegamento di immigrati clandestini determinato dalla loro disponibilità a rischiare la vita e a violare le leggi e della spietata freddezza dei trafficanti, a cui le vite dei loro clienti interessano in quanto utili a promuovere il loro sporco business ma talvolta le considerano sacrificabili per il più alto obiettivo di commuovere l’opinione pubblica e i governi europei affinchè tengano porte e porti spalancati. Inoltre, il fatto che Malta si rifiuti di accogliere clandestini non rende l’Italia moralmente responsabile di quanto accade in tutto il Canale di Sicilia.

Infine, c’è un’unica soluzione per evitare i morti in mare: soccorrere i clandestini e riportarli da dove sono salpati, in Tunisia e in Libia per affidarne il rimpatrio in sicurezza alle agenzie dell’Onu. Iniziativa che scoraggerebbe ulteriori partenze e azzererebbe gli sbarchi perché nessuno troverebbe conveniente pagare criminali e mettere a repentaglio la propria vita per venire respinti in Africa e rimpatriati.

Paradossalmente però sono proprio i prelati come Lorefice, affiancati saldamente da alcune forze politiche e dalla lobby dei soccorsi e dell’accoglienza (Ong e coop) a rifiutare ogni ipotesi di respingimento e rimpatrio nel nome di un’accoglienza (in Italia ovviamente) di persone che non fuggono né da guerre né da pestilenze, migranti economici che non dovrebbero trovare posto in un’Europa in cui entrano illegalmente. Ancor meno oggi che Covid e misure restrittive imposte ai cittadini rendono ancora più inaccettabile investire risorse per alimentare traffici illegali, aumentando peraltro i rischi sanitari.

Se poi, come spesso accade, a soccorrere i migranti sono le motovedette della Guardia Costiera libica che li riconducono sulla costa nordafricana, tutto il “fronte immigrazionista” insorge, a conferma che più del salvataggio importa che i clandestini vengano portati in Italia. Del resto almeno la metà dei circa 30.500 clandestini sbarcati in Italia da inizio anno (contro i circa 15mila dello scorso anno a questa data e i 4mila del 2019) provengono da “nazioni sicure” (Tunisia, Algeria, Marocco…), definite tali dal ministero degli Esteri che nega a quelle nazionalità di poter chiedere asilo in Italia, mentre l’altra metà è costituita da migranti economici provenienti da paesi africani e dal Bangladesh.

Il vero problema, lamentato anche in questi giorni da Matteo Salvini e dal sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, è l’assenza di iniziative tese a bloccare questi flussi illegali verso un’Italia rimasta ormai l’unico paese del Mediterraneo ad accogliere chiunque si rivolga ai trafficanti. Lo sanno i trafficanti che stanno incrementando le partenze nonostante gli sforzi della Guardia Costiera libica senza la quale vi sarebbero 18mila clandestini in più in Italia quest’anno.

Lo sanno anche le Ong che continuano a raccogliere clandestini per sbarcarli solo e unicamente in Italia come si apprestano a fare per l’ennesima volta le navi Sea Watch e Ocean Viking cariche di oltre 800 clandestini.