Si aggrava l’epidemia di morbillo nella Repubblica democratica del Congo
A poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico l’epidemia di morbillo non accenna a rallentare, al contrario i casi si moltiplicano e le province coinvolte ormai sono 23 su 26
È salito a 2.758 il numero dei morti di morbillo nella Repubblica democratica del Congo dall’inizio del 2019 ai primi di agosto. Più di 145.000 persone hanno contratto la malattia, prevalentemente bambini. Ormai l’epidemia si è estesa a 23 province su 26. La sua diffusione dipende da diversi fattori, innanzi tutto dal fatto che le vaccinazioni non vengono eseguite regolarmente. A questo si aggiungono la mancanza di igiene, i conflitti armati che affliggono alcune regioni e l’elevato numero di sfollati. “È la peggiore epidemia in più di dieci anni da che sono in Congo – ha spiegato alla Bbc Karel Janssen, capo della missione congolese di Medici senza frontiere – una epidemia di queste proporzioni non si verifica improvvisamente, è la conseguenza di anni e anni di negligenza”. Dall’inizio dell’anno medici senza frontiere ha vaccinato 474.863 bambini e ha assistito 27.439 ammalati. Ma il governo del Congo sta facendo ben poco per combattere il morbillo, nonostante che il 10 giugno l’epidemia sia stata dichiarata emergenza nazionale. A rendere più critica la situazione e incerte le prospettive concorre il fatto che finora sono stati raccolti soltanto 2,5 milioni di dollari, mentre per realizzare il piano sanitario di contrasto si stima ne siano necessari 8,9 milioni. “Anche solo portare i vaccini dove i bambini ne hanno bisogno è un’impresa – spiega sulla pagine web dell’Ong Pierre Van Heddegem, coordinatore della squadra di emergenza di Medici senza frontiere – i vaccini devono essere conservati a una certa temperatura e questo richiede frigoriferi, generatori, benzina e trasporti rapidi”. Senza una mobilitazione consistente di fondi e una migliore organizzazione, la situazione può peggiorare ulteriormente. “A due mesi dalla dichiarazione ufficiale dell’emergenza e a poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico – aggiunge Karel Janssen – l’epidemia non mostra segni di rallentamento. Al contrario da luglio si è registrato un aggravarsi della situazione con un aumento dei nuovi casi in molte province”.