Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
IL FURTO DEL MILLENNIO

Scacciavillani: "Ecco come la Cina ci vuole sconfiggere"

Ascolta la versione audio dell'articolo

La Cina sta compiendo Il furto del millennio. Così si intitola il libro di analisi di Fabio Scacciavillani, economista e asset manager, nonché instancabile commentatore economico. Alla Bussola spiega cosa la Cina ci sta facendo. E ci invita anche a riflettere su alcuni aspetti misteriosi del Covid. 

Economia 26_05_2023
Una ferrovia della Via della Seta, in Laos

La Cina rappresenta un’opportunità per l’Europa? No, la Cina sta compiendo Il furto del millennio. Così si intitola, senza mezze misure, il libro di analisi di Fabio Scacciavillani, economista e asset manager, nonché instancabile commentatore economico. Quando lo abbiamo incontrato a Milano, per la presentazione del suo saggio, ci spiega perché si deve parlare di “millennio” per il “furto” cinese e non solo di questo secolo: i dirigenti comunisti cinesi ragionano in millenni. Fino al XVIII Secolo, per i due primi millenni dell’era cristiana, la Cina è stata la prima potenza del mondo. Solo dopo la rivoluzione industriale è stata eclissata dalla crescita europea. E solo dal 1980, dopo il “secolo di umiliazioni” sta rapidamente riprendendo il suo ruolo di potenza egemone. Ma non sarà un processo pacifico. E per noi saranno dolori seri.

Il furto del millennio si snoda in una serie di capitoli sulla guerra economica, ibrida, sullo spionaggio e sulla penetrazione cinese nelle democrazie occidentali (e anche del Vaticano, vittima degli hacker di Pechino) e nei Paesi in via di sviluppo.

L’Italia è vittima della guerra ibrida?
Nel nostro Paese non sono mai state segnalate operazioni di guerra ibrida, attribuibili alla Cina. Per due motivi possibili. O non contiamo veramente nulla, quindi non vale la pena di investire risorse per questo tipo di guerra asimmetrica. O perché non sono state scoperte. L’unico caso eclatante, venuto alla ribalta della cronaca, è quello delle stazioni di polizia oltremare cinesi sul nostro territorio nazionale. A detta del governo di Pechino servono a fornire assistenza amministrativa ai cinesi che vivono in Italia, per esempio per il rinnovo della patente. Al giorno d’oggi le patenti si rinnovano online. Non servono uffici di polizia ad hoc, all’estero. C’è dunque il sospetto che abbiano altri scopi: monitorare più da vicino le attività delle comunità cinesi. E per l’individuazione di dissidenti, il ricatto, il rimpatrio. In casi documentati, in Italia, dei cinesi sono stati costretti a rientrare in patria e di loro non si sa più nulla. Nessuno ha indagato, nessuno si è dato pena di approfondire.

In altri Paesi, lo scandalo delle stazioni di polizia è stato indagato, però…
Ma anche negli altri Paesi, per anni la questione è rimasta in ombra. Solo da un anno si è acceso un riflettore su questo scandalo. Prima agivano indisturbati. Anche oggi, in Italia, i funzionari, quando intervistati, non parlano neppure italiano, comunque danno risposte molto vaghe.

L’Italia è stato il primo Paese occidentale colpito dalla pandemia di Covid e ha risposto con una politica anti-pandemica copiata da quella cinese. C’entra l’influenza di Pechino?
Ci sono alcuni aspetti molto strani sulla vicenda pandemica, prima di tutto, sull’origine del Covid. A tre anni dall’inizio della pandemia, non si è ancora trovato l’animale che ha permesso il salto di specie. Questo aspetto è assolutamente inusuale. Man mano che passa il tempo, questo animale non si trova e acquista più credito la teoria secondo cui il virus sia sfuggito da un laboratorio. Tutte le evidenze che si stanno accumulando da mesi, puntano in quella direzione, anche se la certezza assoluta non l’avremo mai. Secondo: come mai, su tutti i Paesi del mondo, l’Italia è stata colpita per prima e maggiormente? Se noi contiamo i voli, sono molti di più quelli che collegano la Cina con il Giappone, con Singapore, con la Corea, poi, parlando di Occidente, ci sono più collegamenti con il Regno Unito, con gli Usa, con la Germania. Non ci sono, invece, voli diretti tra Wuhan e gli aeroporti italiani. Anche ammettendo che qualcuno abbia fatto scalo a Francoforte, il contagio avrebbe dovuto iniziare in Germania. Non abbiamo ancora la risposta sul perché proprio l’Italia sia stato il primo Paese occidentale contagiato. Il terzo aspetto misterioso è: perché l’Italia abbia imitato in modo pedissequo la politica anti-pandemica cinese. Sicuramente è l’Italia che poi è stata copiata da tutti gli altri Paesi europei, con l’eccezione della Svezia. Mentre negli Usa ci sono state risposte diverse a seconda degli Stati. Oggi si scopre che i lockdown hanno ridotto la mortalità dello 0,2%, secondo i calcoli di Jay Bhattacharya.

Un anno prima del Covid, nel 2019 l’Italia firmava con la Cina i protocolli della Nuova Via della Seta. Un’opportunità per l’Italia?
Il motivo per cui i cinesi insistettero per la firma, era squisitamente politico. Perché, allora, il governo di Pechino pensava che in questo modo avrebbe infilato un piede nella porta d’Europa, avrebbe spezzato il fronte dell’Ue, avrebbe creato un precedente. L’Italia era vista come l’anello debole. Una volta presenti in Italia, altri Paesi avrebbero potuto seguire l’esempio. A quattro anni di distanza, possiamo dire, però, che quell’accordo sia di fatto già morto. Le operazioni previste, con poche eccezioni, non sono andate in porto. Non credo che l’accordo verrà rinnovato e senza particolari ripercussioni. Finora l’Italia non ne ha tratto alcun beneficio.

In che modo la Cina intendeva penetrare in Europa?
Con una serie di investimenti in aziende e soprattutto in infrastrutture. Il governo cinese ragiona sul lungo periodo e quindi pensava di poter fare dell’Italia la vetrina per la collaborazione fra la Cina e un Paese europeo. Ma tutto sommato esempi virtuosi di collaborazione già esistono, anche al di fuori della Via della Seta: il porto del Pireo (Atene), il porto di Amburgo… non c’è bisogno di avere una cornice strutturata, se la necessità è quella di concludere accordi commerciali. Non si sa nemmeno se il progetto globale di Via della Seta sia stato un successo per la Cina. Molti dei nodi logistici e di comunicazione, in Pakistan, in Montenegro e in Paesi in via di sviluppo, non hanno dato i risultati sperati. Io però non mi preoccuperei troppo degli investimenti cinesi.

Perché?
Perché potremmo usarli anche a nostro vantaggio, trasformarli in uno strumento di pressione per far valere i nostri diritti. Mettiamo che i cinesi portino a termine il loro progetto infrastrutturale in un porto italiano. Se un’impresa italiana in Cina viene penalizzata, il governo italiano può fare una ritorsione su quel porto. E a quel punto Pechino non potrà farci nulla. Quindi avere investimenti cinesi in Italia non è una pessima idea. Quel che è veramente importante è semmai il rispetto dei diritti di proprietà, il rispetto degli accordi e la parità di regole per le imprese straniere in Cina e quelle cinesi. Oggi come oggi i diritti non vengono rispettati, al punto che neppure gli studi legali in Cina non sono indipendenti dal governo e dal partito. Se c’è una controversia e devi ricorrere alla giustizia, nello studio legale trovi un commissario del popolo che presiede, che mette bocca in tutte le attività dello studio, inclusa la strategia di difesa, conosce tutte le comunicazioni fra l’avvocato e i suoi clienti. Senza un quadro giuridico legale che rispetta standard anche minimi, non si possono fare accordi economici. Punto.

Le Big Tech sono importanti nella nuova economia, quanto i cinesi stanno usando i social network a loro vantaggio?
Non è un mistero che stiano cercando di manipolare l’opinione pubblica, in Australia, in Europa e in America. Negli Usa, questa opera di manipolazione è venuta a galla grazie alla testimonianza di Peiter Zatko (“The Mudge”) un grandissimo hacker che è stato capo della sicurezza di Twitter e poi licenziato perché aveva visto troppo. Nel corso di una testimonianza giurata al Congresso aveva dichiarato che Twitter fosse un colabrodo, pieno di agenti stranieri. Tik Tok è uno social network cinese ed è usato dal governo cinese per fare pesca a strascico di dati. I dati degli utenti vengono spediti in Cina. Non c’è alcuna tutela della privacy. Serve a influenzare l’opinione pubblica, in particolar modo quella dei giovani, che poi saranno gli elettori di domani. Questo è un caso in cui il sistema occidentale di tripartizione dei poteri viene sfruttato dalla Cina: Trump aveva deciso di bloccare Tik Tok e un giudice ha fermato il suo provvedimento. Almeno negli Usa se ne parla e da anni si cerca di arginare il problema, in Unione Europea non ci si prova nemmeno.

Ai tempi di Mao, la Cina voleva costruire lo Stato mondiale comunista. Ma oggi a cosa mira?
Alla stessa cosa. Il comunismo è esplicitato nella costituzione cinese. Il sistema marxista leninista è giudicato come il migliore, quello che consente all’uomo di vivere nella società ideale. Tutto il resto è “deviazionismo”. La filosofia politica cinese non è mai cambiata e i discorsi di Xi Jinping sono inequivocabili. Lo dice e lo ripete: la Cina sta affrontando una lotta per la supremazia con l’Occidente, la Cina è la potenza emergente ed è normale che l’Occidente capisca che è giunto il momento del suo declino e si inchini all’impero di mezzo. Che si definisce “impero di mezzo” perché si ritiene il perno attorno a cui ruota il resto del mondo (ma in una posizione di vassallaggio).