San Lorenzo, alla scoperta delle chiese romane in suo onore
L’arcidiacono Lorenzo venne martirizzato il 10 agosto 258 sotto l’imperatore Valeriano. A distanza di secoli è ancora oggi possibile vedere i segni del suo martirio, avvenuto sul luogo dove oggi sorge la chiesa di San Lorenzo in Panisperna. Nella Basilica di San Lorenzo in Lucina è conservata la graticola su cui fu ucciso, mentre San Lorenzo fuori le Mura custodisce quanto resta del suo corpo.
Il martirio di san Lorenzo è raccontato con ricchezza di particolari nella Passio Polychromi, di cui si hanno tre redazioni tra il V e il VII secolo. Ma già sant’Ambrogio (340-397) aveva menzionato per iscritto, nel De officiis ministrorum, quello che è divenuto il “simbolo” della sua morte: la graticola, strumento di tortura per il santo martire.
Lorenzo era arcidiacono, il primo dei sette diaconi di Roma. Subì il martirio sotto l’imperatore Valeriano, nel 258 d.C. Al principio dell’agosto di quell’anno, l’imperatore romano aveva emanato un editto secondo il quale tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi dovevano essere messi a morte: “Episcopi et presbyteri et diacones incontinenti animadvertantur”, riferisce una lettera di san Cipriano. L’editto fu eseguito immediatamente a Roma, al tempo in cui Daciano era prefetto dell'Urbe. Sorpreso mentre celebrava l’Eucaristia nelle catacombe di Pretestato, papa Sisto II fu ucciso il 6 agosto insieme a quattro dei suoi diaconi, tra i quali Innocenzo. Quattro giorni dopo, il 10 agosto, fu la volta del diacono Lorenzo. Aveva 33 anni.
A distanza di secoli da quel 10 agosto, è ancora oggi possibile vedere i segni del suo martirio. Ma dove? E come? Per rispondere a queste domande, dobbiamo fare un viaggio a Roma. Entriamo nella Basilica di San Lorenzo in Lucina. La chiesa è in pieno centro. Le mura della basilica sorgono su un’antica domus romana di proprietà della matrona Lucina. Ai tempi delle persecuzioni dei cristiani, molti nobili realizzavano all’interno delle proprie case delle piccole chiese domestiche, poi convertite in vere e proprie chiese. La Domus Lucina fu consacrata al culto, nel 440, da papa Sisto III. Venne successivamente ricostruita. Entrando in questa basilica, nella prima cappella a destra - denominata “Cappella Lovatti” - troviamo raffigurati su tre tele di Sigismondo Rosa e Giuseppe Creti i momenti salienti della vita di san Lorenzo. Nell’altare della cappella, in basso, troviamo conservate le catene che servirono ad imprigionarlo. Sotto l'altare centrale della basilica viene conservata la graticola del martirio.
È necessario precisare che la devozione al santo, a Roma, si diffuse abbastanza presto. In epoca medievale, nella Città Eterna, esistevano addirittura più di trenta chiese dedicate al santo martire. Oggi ne troviamo solo otto. Oltre a San Lorenzo in Lucina, ci sono: San Lorenzo fuori le Mura al Verano (dove è seppellito); San Lorenzo in Damaso (in questo luogo ha svolto il servizio di diacono); San Lorenzo de’ Speziali in Miranda (dove è stato condannato a morte); San Lorenzo in Fonte (dove fu imprigionato); San Lorenzo in Panisperna (dove avvenne il martirio); San Lorenzo in Palatio e San Lorenzo in Piscibus (chiesa smantellata nel 1936 e poi ricostruita per la realizzazione di Via della Conciliazione).
Ma lasciamo il centro di Roma. Vicino al monumentale cimitero del Verano - nel quartiere San Lorenzo, segnato dal tragico bombardamento del 19 luglio 1943 - sorge la basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Si deve all’imperatore Costantino, nel 330 d.C., l’edificazione di questa grande basilica che sorge ai piedi della collina del Verano. Venne costruita interamente in laterizio, a tre navate divise da archi su pilastri, ma la maggior parte della pavimentazione era occupata da lapidi sepolcrali: molti fedeli avevano il desiderio di essere inumati vicino alle reliquie del santo, tanto che anche le pareti vennero utilizzate per custodire le tombe a nicchia. Divenne un luogo di grande afflusso di fedeli per onorare le spoglie del martire. Pelagio II, intorno al 580, volle dare una nuova veste al luogo sacro, estendendo la pianta dell’edificio. La basilica venne poi restaurata nuovamente nei secoli successivi.
Questa basilica custodisce quanto resta del corpo di Lorenzo sotto l’altare della Confessione, accanto a cui è murata una grande lastra di marmo forato, dove si evidenziano larghe macchie color rosso vivo. Fu il beato Pio IX a farle analizzare da alcuni esperti: le macchie erano di sangue e grasso umano. Lo studio condotto all’epoca di papa Mastai Ferretti - il cui corpo riposa nella basilica stessa di San Lorenzo al Verano - evidenziò la possibile provenienza della lastra: le terme di Olimpia al Viminale, dove in genere si svolgevano i cosiddetti “supplizi del fuoco”. Necessario, però, precisare che ormai è consolidato che il martirio del santo si lega a ben altro luogo, nel rione Monti. Qui sorge la chiesa di San Lorenzo in Panisperna.
Anche riguardo a questa chiesa, sono tante le tradizioni che hanno come protagonista il martire. Già, ad esempio, il toponimo “Panisperna” si è prestato a varie interpretazioni. Fra queste, una ci riconduce allo strumento di tortura della graticola: “panisperna”, possibile nome derivato dal connubio dei termini palis, barre, pali (in questo caso in ferro) e il verbo sterno, stendere. In questo caso si farebbe riferimento al corpo di Lorenzo steso sulle barre di ferro della famosa graticola. Altra interpretazione del nome è panis et perna: pane e coscia di maiale. Questo era il cibo - così vuole la tradizione - che veniva distribuito ai poveri, nella chiesa, in occasione della festa liturgica del 10 agosto.