San Francesco di Sales, cantore dell’Amore divino
Il 28 dicembre di quattrocento anni fa moriva san Francesco di Sales, grande predicatore e autore di straordinari scritti di spiritualità. Era anche appassionato di musica. Compose delle melodie per le Visitandine. A lui è dedicato un oratorio composto da Francesco Feo, che ci presenta il Sales in dialoghi.
Quattrocento anni fa, il 28 dicembre 1622, moriva a Lione, nella Francia centro-orientale, un grande maestro di spiritualità, nonché patrono dei giornalisti e della stampa cattolica: san Francesco di Sales, vescovo e Dottore della Chiesa.
Era nato 55 anni prima a Thorens, nella Francia sudorientale, il 21 agosto 1567, da un’antica e nobile famiglia di Savoia. Dopo gli studi superiori a Parigi e la laurea in utroque iure (diritto canonico e diritto civile) all’Università di Padova, lascia la brillante carriera di avvocato, è ordinato sacerdote a 26 anni e, a 35, diventa vescovo di Ginevra.
Dedicatosi alla predicazione, lasciò una grande quantità di scritti (l’Introduzione alla vita devota, o Filotea, e il Trattato dell’Amore di Dio, o Teotimo, sono le sue opere principali) e una significativa impresa pastorale: «Per l’opera sua, per le sue esortazioni e i suoi avvertimenti furono prese spesse volte tali risoluzioni, che intere regioni venissero purgate dalla pestilenza ereticale, tornasse in vigore il culto cattolico e la Religione si dilatasse (Pio IX, Dives in misericordia, 16 novembre 1877). Anche ai calvinisti, che dominavano la provincia di Chablais, sulla riva meridionale del lago di Ginevra, deve aver applicato la sua massima secondo cui «si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto» (Jean-Pierre Camus, L'esprit de saint François de Sales, Paris 1747, p. 4). San Francesco di Sales è un «sapientissimo direttore di anime» (Benedetto XIV, Pastoralis curæ, 5 agosto 1748, n. 8); alcuni grandi santi del Seicento lo hanno come direttore spirituale. Da lui molte congregazioni religiose, tra cui i Salesiani fondati da San Giovanni Bosco nel 1859, hanno preso il metodo, i principi e la forma di vita spirituale.
L’Ufficio Filatelico e Numismatico Vaticano gli dedica una moneta aurea da 20 euro e noi ci accostiamo alla «gemma della Savoia», come lo ricordò Paolo VI (Sabaudiæ gemma, 29 gennaio 1967), per la via a noi solita, quella della passione per la musica, che il santo, da buon conoscitore, era portato a stimare. L’interesse per l’arte dei suoni fu certamente risvegliato in lui a Roma nel 1599, dove, grazie al beato Giovenale Ancina († 1604), suo amico, poeta, musicista e poi vescovo di Saluzzo, ascoltò le laudi intonate nell’Oratorio di S. Maria in Vallicella; a Milano nel 1613, dove ascoltò la musica sacra eseguita nei conventi femminili: «Trovandomi due anni fa a Milano, dove mi aveva attirato, in compagnia di alcuni nostri ecclesiastici, la venerazione del grande arcivescovo san Carlo, in occasione delle celebrazioni recenti [per la canonizzazione di Carlo Borromeo] abbiamo potuto ascoltare in diverse chiese vari generi di musica; ma in un monastero femminile abbiamo ascoltato una religiosa la cui voce era così deliziosamente melodiosa, che da sola, senza confronti, infondeva nei nostri spiriti una dolcezza maggiore di quanto non facesse tutto il resto messo insieme, il quale, benché ottimo, non sembrava fatto che per dare più lustro ed esaltare la perfezione e la brillantezza di quella voce unica» (S. Francesco di Sales, Trattato dell’amor di Dio o Teotimo, Edizioni Paoline, Torino 1989, pp. 416-417).
Francesco stesso compose alcune melodie per le sue Visitandine: «Prese egli stesso un breviario e una penna, e si mise a cantare e a scrivere le note: così, insieme con la Madre [S. Giovanna Francesca di Chantal], compose il canto che abbiamo tuttora, sul quale le nostre prime Madri e Sorelle iniziarono a cantare il piccolo Ufficio della Madonna» (Année Sainte des Religieuses de la Visitation-S. Marie, Annecy 1868, VI, p. 208, nostra traduzione).
Al santo vescovo di Ginevra è dedicato l’oratorio in due parti San Francesco di Sales, apostolo del Chablais, composto da Francesco Feo († 1761) su libretto di Nicolò Coluzzi (sec. XVIII). Benché scarsamente conosciuto, il musicista è uno tra i più eminenti della scuola musicale napoletana, compositore erudito e abilissimo insegnante, che ebbe tra i suoi allievi Giovanni Battista Pergolesi († 1736) e Niccolò Jommelli († 1774). «I pochi esemplari che ho visto delle doti di questo compositore nella musica vocale», scrisse di Feo il musicologo inglese Charles Burney († 1814), «sembrano corretti e magistrali nel contrappunto, pieni di fuoco, invenzione ed efficacia nella melodia e nell’espressione delle parole» (C. Burney, A general history of music, New York 1957, II, p. 919).
Dopo la prima esecuzione, avvenuta il 24 gennaio 1734 nella chiesa bolognese della Madonna di Galliera dei Padri Oratoriani, San Francesco di Sales, apostolo del Chablais ebbe ampia diffusione con repliche a Roma il 22 novembre 1734, a Genova nel 1736 e nel 1775, a Città di Castello nel 1737, a Venezia nel 1741 e nel 1746, a Foligno nel 1742 e a Spoleto nel 1745 (cfr. C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, I-IV, Cuneo 1991). La partitura prevede quattro voci soliste (Angelo ed Eresia, soprani; San Francesco, contralto; Inganno, basso), un piccolo coro e un’orchestra composta da trombe, oboe, archi e basso continuo (sostegno armonico improvvisato al clavicembalo unito al violoncello). In due ore e un quarto di musica il vescovo di Ginevra ci è presentato non in un’azione drammatica, ma in dialoghi: da una parte, le figure allegoriche di Eresia, aiutata da Inganno, e dall’altra il protagonista, sostenuto dall’Angelo.
Ci aiuti questo Dottore dell'amore divino e della dolcezza evangelica a trasformare il Vangelo letto in Vangelo vissuto, secondo la bella immagine da lui usata: «Fra il Vangelo e le vite dei santi, non passa maggior differenza che fra una musica scritta e una musica cantata» (in Francesco di Sales, Lettere di amicizia spirituale, Edizioni Paoline, 2003, p. 152).