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San Dionigi l’Areopagita

San Dionigi l'Areopagita, menzionato negli Atti degli Apostoli, non va confuso con l'umile teologo oggi noto come Pseudo-Dionigi, a cui è attribuita la "De coelesti Hierarchia", l'opera che contiene uno schema sulle gerarchie angeliche poi ripreso e sviluppato da san Tommaso d'Aquino

Santo del giorno 03_10_2019

Sono gli Atti degli Apostoli a menzionare Dionigi nel famoso brano sul discorso di Paolo all’Areopago, un antico tribunale che sorgeva sull’omonima collina di Atene: «Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”. Così Paolo uscì da quella riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi, membro dell’Areopago, una donna di nome Damaris e altri con loro» (At 17, 32-34). Il convertito Dionigi divenne vescovo di Atene, come riferito da un altro san Dionigi († II sec.), vescovo di Corinto, che è citato come fonte da Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica. Tra le città che lo hanno come patrono ci sono la capitale greca e Crotone.

Del santo non abbiamo altre notizie, ma è molto interessante il fatto che un teologo del V-VI secolo abbia deciso di scrivere le sue opere sotto lo pseudonimo di Dionigi l’Areopagita. Solo nel XIX secolo, dopo un dibattito iniziato nel Medioevo, si è stabilita la pseudonimia dell’autore, che oggi è perciò noto come Pseudo-Dionigi. Alla luce di diverse tracce del pensiero di Proclo (412-485) nei suoi scritti, secondo alcuni lo Pseudo-Dionigi era all’inizio un neoplatonico, convertitosi in seguito al cristianesimo. A lui sono associate una serie di opere, prima tra tutte la De coelesti Hierarchia, che contiene uno schema sulle gerarchie angeliche poi ripreso e sviluppato da san Tommaso d’Aquino nella sua Somma Teologica, a testimoniare l’influenza che questo misterioso pensatore ha avuto sulla teologia.

Ma perché scelse di firmarsi proprio con il nome del santo convertito da Paolo? Benedetto XVI, in un’udienza del 2008, ne ha dato un’interpretazione stimolante: «Se l’autore di questi libri ha scelto cinque secoli dopo lo pseudonimo di Dionigi Areopagita vuol dire che sua intenzione era di mettere la saggezza greca al servizio del Vangelo, aiutare l’incontro tra la cultura e l’intelligenza greca e l’annuncio di Cristo». Alla base ci potrebbe essere perciò un lodevole intento missionario.

Secondo Ratzinger, con la scelta dell’anonimato lo Pseudo-Dionigi volle fare «un atto di umiltà. Non creare un monumento per se stesso con le sue opere, ma realmente servire il Vangelo, creare una teologia ecclesiale». E questa sua teologia contrastò un uso anticristiano di Platone, insito nel pensiero di Proclo e di altri neoplatonici: «È interessante che questo Pseudo-Dionigi abbia osato servirsi proprio di questo pensiero per mostrare la verità di Cristo».

Per saperne di più:
Catechesi di Benedetto XVI sullo Pseudo-Dionigi Areopagita (14 maggio 2008)