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Rupnik, l'ex suora esce allo scoperto: "Abusi molto gravi"

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In conferenza stampa Gloria Branciani denuncia richieste di natura sessuale sempre più aggressive e blasfeme. Un passo decisivo per far luce sul caso del sacerdote sloveno, che getta un'ombra sulla trasparenza dell'attuale pontificato.

Ecclesia 22_02_2024 English Español
AP Photo/Alessandra Tarantino

«Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore». Sono passati quasi vent'anni dall'indimenticabile commento dell'allora cardinale Joseph Ratzinger alla nona stazione della Via Crucis al Colosseo. Sembra incredibile, ma diciannove anni dopo quel grido di dolore siamo ancora a fare i conti con la scarsa trasparenza delle più alte autorità ecclesiastiche in un clamoroso caso di abusi.

La vicenda è quella che vede protagonista don Marko Rupnik, ex gesuita e famoso artista sloveno accusato da più donne di abusi spirituali, psicologici e sessuali. I fatti risalgono alla fine degli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta, ma ancora nel 2019 l'archistar assolveva in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale, beccandosi un anno più tardi la scomunica più breve della storia da parte della Congregazione per la Dottrina della fede. Scomunica ritirata, non si sa bene da chi e perché. Da quando il "bubbone" Rupnik è scoppiato in Vaticano, con la notizia di una prima indagine – finita in prescrizione nel 2021 – sulle sue presunte malefatte nella Comunità Loyola di Lubiana durate fino al 1993, alcune protagoniste hanno deciso di parlare, raccontando la loro esperienza in forma anonima ai giornali.

La giornata di ieri, però, fa segnare un passo in più: una presunta vittima, Gloria Branciani, ha deciso di metterci il volto e la voce al fine di reclamare verità e giustizia. Sono le due parole più ricorrenti nella lunga testimonianza fatta dall'ex suora di fronte ai giornalisti accorsi negli uffici della Federazione Nazionale della Stampa Italiana in via delle Botteghe Oscure. Al suo fianco una ex consorella ritrovata, Mirjam Kovac, che della fondatrice Ivanka Hosta è stata persino segretaria e che ha lodato il coraggio dimostrato già all'epoca da Gloria, quando decise di scappare dalla comunità dopo essere stata isolata per le sue denunce.

Le parole di Kovac sono molto importanti perché confessando di aver capito nel giro di pochi mesi che «Rupnik ha sfruttato la sua posizione alla ricerca di approcci erotico-sessuali su almeno venti sorelle su un totale nella comunità di quaranta» sembra rafforzare l'idea che, tanto per citare la nota dei gesuiti, il «grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato sembra essere molto alto».

Da ieri, dunque, sappiamo che si chiama Gloria Branciani la presunta vittima del racconto più duro sull'ex gesuita sloveno, quello sulla richiesta blasfema di rapporti sessuali a tre fatta tirando in ballo la Trinità. Con voce esile ma determinata, interrompendosi solamente tre volte per la commozione, la donna ha ricostruito l'incontro che le ha rovinato la vita. Da studentessa universitaria di medicina, con il desiderio di diventare missionaria e la passione per l'arte, Gloria ha spiegato di aver conosciuto il religioso sloveno quando già era noto come figura di grande spiritualità. La personalità dell'ex gesuita si impose nella sua vita con complimenti ed attenzioni in un momento di scarsa autostima. Poi, il primo episodio che diede il via all'incubo: «mentre dipingeva in atelier, fissava il mio corpo e mi alzò la gonna dicendo che era il gesto che faceva la Madonna per rivelare la divina umanità di Cristo». Continua il racconto dell'ex suora: «Dopo quella volta mi diceva che se non rifacevo quel gesto sarebbe stata una prova di uno stop nella crescita spirituale. Io ero molto perplessa, disorientata, ma lui insisteva dicendo che potevo vivere quella relazione molto speciale perché avevo il dono della mistica».

La "ricezione indegna del suo Corpo" evocata da Ratzinger nella Via Crucis del 2005 fece capolino nel dramma di Gloria: «molte volte celebrava l'Eucarestia da solo con me nell'atelier e dopo l'Eucarestia o la confessione mi spingeva ad abbracciarlo. Poi dagli abbracci, lentamente, passò ai baci, sempre più profondi. Una volta mi disse che baciava me come bacia l'altare in cui celebra l'Eucarestia. Io in quel periodo ero molto ingenua e pensavo veramente che quel tipo di fisicità tra noi sarebbe finito quando la mia crescita spirituale lo avrebbe permesso». Ma non fu così. Rupnik la allontanò dalla famiglia e dagli amici, spingendosi a criticare il suo cammino di fede davanti agli altri se in privato si mostrava titubante di fronte alle sue richieste fisiche.

Il racconto di Gloria è stato molto lucido, scandito da tappe importanti nella relazione con il suo presunto abusatore. Una di queste si registrò una sera del giugno 1986, la sera prima di una partenza di Rupnik per la Grecia: «mi chiese di celebrare l'Eucarestia nell'atelier. Io avevo capito che era una scusa per farmi spogliare, così decisi di spostare l'attenzione sulla conversazione ma lui era molto spazientito ed accompagnandomi all'autobus la sua rabbia esplose, dicendo che non valevo niente e che voleva interrompere ogni rapporto. Me lo disse in modo molto aggressivo, sentivo che si era spezzato qualcosa». Il giorno dopo, però, al telefono cambiò tono e dalla Grecia le inviò una cartolina di saluti. Strategie che sembrano appartenere a quella che Gloria ha chiamato senza mezzi termini «manipolazione».

La donna ha sostenuto che il controllo del religioso divenne tale da spingerla a lasciare studi e città d'origine per trasferirsi in Slovenia, dopo pressioni esercitate anche da Hosta e culminate in una chiamata dell'allora arcivescovo di Lubiana monsignor Alojzij Šuštar. Questo è stato ricordato dalla protagonista come il periodo peggiore perché «gli abusi fisici divennero più violenti, soprattutto in auto perchè lui doveva fare giri per impegni spirituali». «Abusi molto gravi – ha rivelato la donna – a causa dei quali io persi anche la verginità e fui costretta ad altri tipi di rapporti intimi per i quali era evidente il mio disprezzo». Rupnik, però, di fronte alle resistenze si sarebbe dimostrato pronto a giustificare le sue richieste, sostenendo che la contrarietà della donna era dovuta al suo modo sbagliato di vivere la sessualità. Dopo aver emesso i voti perpetui, Gloria dovette fare i conti con la richiesta più blasfema:  «mi disse che sentiva nella preghiera che il nostro rapporto non era esclusivo ma doveva essere ad immagine della Trinità, quindi dovevamo invitare un'altra sorella a vivere come noi». Ancora una volta, di fronte ai dubbi di Gloria, l'allora gesuita avrebbe fatto leva sull'aspetto psicologico e spirituale, dicendole che le mancavano determinazione e forza da assumere con l'aggressività sessuale. La prima traumatica esperienza a tre, con una suora indicata dal padre spirituale, sarebbe avvenuta in una casa di un'amica a Gorizia. Di fronte ai primi cedimenti della donna, Rupnik l'avrebbe minacciata di farla passare per pazza e si sarebbe giustificato dicendo di aver ottenuto dal suo padre spirituale «la conferma teologica sulla sua modalità di sessualità».

La situazione non cambiò a Roma dove Gloria fece ritorno, sempre soggiogata – secondo il suo racconto – da quello che era il suo confessore e garante per il discernimento davanti alla Chiesa. Accusata di atteggiamenti infantili, la suora ha raccontato di essere stata condotta da Rupnik per due volte in alcuni cinema porno romani, sulla Salaria e sulla Tuscolana: «si vedeva che lui era un abituale frequentatore», ha detto. 
Continuando la testimonianza sul periodo romano: «le richieste di atti sessuali anche mentre dipingeva erano sempre più aggressive e spesso avvenivano quando dipingeva il volto di Gesù per qualche nostra cappella». 

Esasperata, Gloria decise coraggiosamente di denunciare le presunte violenze di Rupnik nel 1993 con la superiora Ivanka. Da quel momento cominciò ad essere guardata a vista all'interno della comunità. La donna ha raccontato: «Cerco di parlare con Rupnik ma non ci riesco, provo col suo padre spirituale ma quando comincio a parlargli in confessione di tutto quello che avevo vissuto, dopo due minuti mi ferma e dice che sono cose mie e che non vuole saperle. Infine mi consegna due fogli e mi dice di scrivere una lettera di dimissioni nella comunità Loyola». Una lettera che fu proprio il padre spirituale di Rupnik a firmare perchè Gloria non se la sentiva. Ieri la donna ha rivelato di conservare ancora quel documento che come motivazione per l'abbandono tirò in ballo la pressione troppo alta.

La fuga dalla comunità, elogiata diciannove anni dopo dall'ex consorella Mirjam che la visse da segretaria della superiora Hosta, culminò in una notte nei boschi in cui, ha spiegato Gloria in uno dei pochi momenti di commozione, sentì «profondamente che il Signore non voleva la mia morte». Quella dell'ex suora, infatti, non è stata una testimonianza di un'anticlericale: lei stessa ha raccontato che la prima persona con cui ha avuto il coraggio di aprirsi su quanto le è successo è stato un francescano. Inoltre, ai giornalisti presenti ieri ha detto che la sofferenza maggiore le proveniva dal sentirsi «violata nell'intimità, nel rapporto col divino, un'umiliazione per corpo, anima e spirito» aggiungendo, però, di essere riuscita a rialzarsi grazie all'«amore di Dio, quello vero, che ha trasformato questo peso in vita». 

Queste parole intrise di fede dovrebbero far provare ancora più sconcerto per l'atteggiamento che le autorità ecclesiastiche coinvolte hanno dimostrato non solo all'epoca dei fatti ma anche in questi ultimi anni, da quando il Dicastero per la Dottrina della Fede ha iniziato le sue indagini sulle accuse contro Rupnik. Gloria ha detto di non essere rimasta stupita dalla misteriosa revoca della scomunica ai danni di Rupnik per il caso del 2019. E alla domanda se fosse delusa dal Papa, la donna non ha nascosto di ritenere che «la  gestione dall'inizio non è stata trasparente». Prima di rivolgersi alla stampa, nel giugno 2022, l'ex suora – insieme alla Kovac – aveva scritto una lettera alle massime autorità ecclesiastiche, Pontefice compreso, ma senza ricevere risposta. Ad inizio conferenza, mostrando una foto, la direttrice di BishopAccountability.org Anne Barrett Doyle ha ricordato che lo scorso settembre, però, Francesco ha ricevuto Maria Campatelli, grande difenditrice di Rupnik. Così come grande amarezza è emersa dalla voce di Gloria Branciani per la nota del Vicariato di Roma che ha fatto quadrato attorno all'ex gesuita e al suo Centro Aletti. 

La conferenza stampa di ieri, alla presenza di tv e testate internazionali e con gli applausi seguiti alla lucida e non rancorosa testimonianza della presunta vittima, ha dimostrato quanto la scarsa trasparenza della Santa Sede sul caso Rupnik abbia creato un gravissimo danno alla Chiesa. La vicenda dell'ex gesuita sloveno, oggi diocesano a Capodistria, difficilmente non inciderà nel giudizio storico sull'attuale pontificato relativamente alla gestione del dossier abusi. 

Intanto Gloria, che potrebbe essere stata manipolata per anni facendo leva sulla sua fragilità, si è presa ieri la sua "rivincita" sul suo presunto abusatore ammettendo serenamente di averlo perdonato già da tempo. Adesso, però, tocca al Dicastero per la Dottrina della Fede farsi garante di quella ricerca di verità e giustizia invocata ieri.



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