Roger Mahony relatore, una scelta infelice
Il 22-24 marzo si terrà il Los Angeles Educational Religious Congress, che prevede tra i suoi relatori anche il cardinale iperprogressista Roger Mahony. La presenza del porporato, già sollevato nel 2013 dai suoi incarichi pubblici per aver coperto dei preti abusatori, ha generato una petizione di protesta con oltre 4.000 firmatari.
Nei prossimi giorni si svolgerà a Los Angeles un importante convegno, il Los Angeles Educational Religious Congress (22-24 marzo). Fra i relatori c’è, per ora, il cardinale Roger Mahony, già arcivescovo di Los Angeles (1985-2011). La sua presenza a questo appuntamento ha creato polemiche, nel contesto attuale della Chiesa americana (e mondiale) scossa dallo scandalo degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili (seminaristi e giovani preti). E certamente la presenza del porporato fra gli oratori getta, ancora una volta, serie ombre sulla serietà e l’impegno della gerarchia, in loco e a Roma, nel tenere conto delle sensibilità dei fedeli laici, ferite da decenni di coperture e abusi.
Già, perché il cardinale Mahony, iperprogressista, grande elettore e sostenitore di Jorge Mario Bergoglio, nel gennaio del 2013 è stato sollevato dai suoi incarichi pubblici dall’arcivescovo José Horacio Gomez, dopo che erano venuti alla luce fatti scandalosi, grazie al lavoro investigativo del Los Angeles Times. Un’enorme mole di documenti (14.000 pagine), compresi messaggi e note fra Mahony e un suo collaboratore di alto livello, ha dimostrato che il porporato aveva trasferito ripetutamente preti abusatori fuori dalla California, o anche degli interi Stati Uniti, in modo da evitare che le loro azioni fossero rese pubbliche o investigate. Dai documenti emerge anche che il cardinale avanzò obiezioni al fatto che i preti abusatori venissero mandati da terapisti, che avrebbero potuto essere obbligati legalmente a denunciare i loro crimini.
Joseph Sciambra, un sopravvissuto, ex pornodivo gay, ha scritto il 23 dicembre 2018: “Mahony non dovrebbe parlare al Los Angeles Educational Religious Congress, dovrebbe essere in prigione. Secondo me il cover-up a Los Angeles sotto Mahony è stato peggiore di quello a Boston sotto Law. E tuttavia gli è ancora permesso di saltellare per il mondo”.
Mahony fa parte del gruppo di potere - come McCarrick, Cupich, Farrell e Joseph Tobin - legato al Pontefice. E solo la protesta dei laici lo ha dissuaso, un anno fa, dal presentarsi, come inviato pontificio, a una cerimonia importante della diocesi di Scranton, in Pennsylvania. Nominare Mahony “delegato pontificio” (quando dal 2013 è stato sollevato dagli incarichi pubblici) testimonia una volta di più quanto grande sia la tentazione ai vertici del Vaticano di procedere con il business as usual, e di non tenere conto dei sentimenti feriti dei cattolici.
Il Ruth Institute, diretto da Jennifer Roback Morse, ha lanciato una petizione per chiedere che Mahony non parli all’incontro californiano, e ha raccolto più di 4.000 firme. Perché, agli occhi di molti, Mahony rappresenta ciò che c’è stato di sbagliato nella Chiesa in fatto di gestione di abusi. E il tema della sua relazione, per quanto pio possa essere, non ha molta importanza. È la presenza di una persona così controversa, il problema. “Non mi importa se è lì per insegnare l’Ave Maria ai bambini - ha detto Jennifer Morse -. Il soggetto della relazione non è il punto. Lui è il simbolo di tutti gli sbagli fatti, e non dovrebbe essere lì”.
Fra l’altro, gli abusi a Los Angeles sono costati alla diocesi oltre 600 milioni di dollari in transazioni. “Le persone che hanno sofferto abusi da piccoli si sentiranno provocati”, ha detto ancora la Morse. “Sentono che persone come Mahony sono una provocazione”. “Ho cercato di vedere tutto questo dalla posizione di coloro che sono stati feriti. Per rispetto verso di loro, e verso quanti sono vulnerabili, particolarmente in questo momento, penso che la cosa più decente per lui sarebbe quella di restare a casa”.
La scelta del momento sembra particolarmente infelice. Mentre lo scandalo degli abusi a livello mondiale, e soprattutto negli Stati Uniti, assume proporzioni gigantesche (tanto da aver obbligato il Pontefice a convocare un apposito summit con tutti i presidenti delle conferenze episcopali, sia pure con un approccio discutibile e risultati pratici tutti da vedere), la presenza di Mahony nel ruolo di relatore in un appuntamento di questa importanza può solo avere effetti negativi. Naturalmente America, la rivista dei gesuiti, di cui è editor-at-large padre James Martin, ha cercato di venire in soccorso del cardinale progressista, ricordando che Mahony ha chiesto scusa per gli errori di giudizio quando si è trattato di accuse di abusi.
Sempre America ha dovuto ammettere che dopo le rivelazioni di decenni di abusi contenute nel rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania, il caso McCarrick e la testimonianza dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, “il clericalismo, le coperture e i privilegi ecclesiastici sono diventati scandalo pubblico a tale livello da minacciare la credibilità e il futuro della Chiesa”, pur non ricordando che la causa degli scandali è in prevalenza legata alla pratica omosessuale. Chissà se qualcuno a Roma se ne vorrà rendere conto, al di là dei proclami e delle roboanti dichiarazioni di principio, o se prevarrà ancora una volta la forza delle amicizie consolidate.