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ROALD DAHL

Riscrivere le fiabe per bambini per dire che tutto è normale

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Riscrivere le fiabe per bambini. Ci avreste mai pensato? È quello che sta accadendo, come parte della rivoluzione culturale, chiamata anche rivoluzione “woke”, nel mondo anglosassone. L’ultima vittima, in ordine di tempo, è lo scrittore Roald Dahl, autore di favole celeberrime, ora riscritte per rispettare i criteri del politicamente corretto.

Cultura 21_02_2023
I libri di Roald Dahl

Riscrivere le fiabe per bambini. Ci avreste mai pensato? È quello che sta accadendo, come parte della rivoluzione culturale, chiamata anche rivoluzione “woke”, nel mondo anglosassone. L’ultima vittima, in ordine di tempo, è lo scrittore Roald Dahl, autore di favole celeberrime come La fabbrica del cioccolato e il Grande Gigante Gentile, noti al grande pubblico anche grazie alle loro trasposizioni cinematografiche di successo. La casa editrice Puffin, parte della Penguin Books, ha deciso, in accordo con gli eredi dell’autore, di cambiare il linguaggio delle sue favole. Spariscono tutti i termini che oggi sono considerati politicamente scorretti.

La Puffin ha affidato questo lavoro di revisione ad un’agenzia specializzata, la Inclusive Minds (menti inclusive, ndr). L’opera di queste agenzie è un editing speciale, detto “sensitive reading”, quindi una lettura che tenga conto della sensibilità del mondo attuale. Si tratta di una vera e propria opera di riscrittura, più che di adattamento, perché fa sparire interi concetti. Nei libri di Dahl scompaiono aggettivi che fanno riferimento al genere, alla razza, al peso, parole semplici come “grasso”, “brutto”, “piccolo”, “panciuto”, “nano” che fanno parte del linguaggio comune. In una favola come La fabbrica del cioccolato, la parola “grasso” è stata sistematicamente tolta dal testo.

La Roald Dahl Story company si giustifica così: “Vogliamo assicurarci che le meravigliose storie e i personaggi di Roald Dahl continuino ad essere apprezzati da tutti i bambini di oggi. Quando si ripubblicano libri scritti anni fa, non è insolito rivedere il linguaggio utilizzato insieme all’aggiornamento di altri dettagli, tra cui la copertina e il layout. Il nostro principio guida è stato quello di mantenere le trame, i personaggi e l’irriverenza e lo spirito tagliente del testo originale. Eventuali modifiche apportate sono state piccole e attentamente considerate”, come ha dichiarato un suo portavoce alla rivista Variety.

Tuttavia la polemica non è stata evitata, lo scrittore Salman Rushdie, appena reduce da un tentativo di omicidio da parte di un attentatore islamico (a proposito, anche “islamico” diventa un’offesa se accostato al concetto di terrorismo), ha twittato indignato: “Roald Dahl non era un angelo, ma questa è un’assurda censura. Puffin Books e gli eredi di Dahl dovrebbero vergognarsi”.

Fosse la prima volta… invece anche altri autori di libri per bambini hanno subito lo stesso processo di riscrittura. Richard Scarry, per esempio, è stato “editato” in modo da rendere le sue caricature di animaletti e creature compatibili con un nuovo mondo in cui devono sparire tutti gli stereotipi. Dr. Seuss (cioè Theodor Seuss Geisel), l’autore di libri per bambini più venduto al mondo, come Il Grinch e Il Gatto col cappello, nel 2020 è stato censurato in modo più drastico dalla Dr. Seuss Enterprises che ne controlla i diritti: sono stati ritirati sei libri della serie Il Gatto col cappello, perché contenevano ritratti di “persone in modi che sono offensivi e sbagliati”, cioè caricature che oggi appaiono come pregiudizi etnici inaccettabili. La Disney, per lo stesso motivo, fa precedere i suoi film più datati da una lunga avvertenza in cui si avvisa il pubblico che assisterà a dialoghi e figure che contengono stereotipi razziali, così per chiedere scusa. Noti stereotipi, come i siamesi di Lilli e il Vagabondo, con parlata in accento cinese e dentoni sporgenti. In Belgio, prima ancora che negli Usa, era finito nel mirino il mitico personaggio dei fumetti Tintin, considerato razzista e retaggio coloniale: il belga-congolese Mbutu Dieudonné, aveva fatto causa all’editore chiedendo di ritirare le copie di Tintin in Congo nell’ormai lontano 2010.

Se l’accusa di razzismo è comprensibile, soprattutto per un Paese come il Congo che ha subito così tante sofferenze e milioni di morti sotto il colonialismo belga, meno concepibile è l’idea di rimuovere anche aggettivi che riguardano caratteristiche fisiche e persino comportamenti. Essere “grassi”, nella maggior parte dei casi, è una condizione reversibile. Educare un bambino ad accettare di essere grasso, come si intende fare con la riscrittura di Dahl, è giusto? È sano? Un conto è condannare il bullismo ed educare al rispetto di tutti. Ma rimuovere il termine che indica una situazione patologica è a sua volta patologico, culturalmente parlando.

Nel mondo dell’anti-discriminazione si sta facendo strada una strana e pericolosa tendenza che considera tutte le malattie come malattie sociali. Quindi il grasso non è grasso in sé, ma è così perché considerato tale dalla società che non lo accetta. Neanche il cieco è cieco, ma è considerato tale dal suo ambiente non abbastanza inclusivo? A quanto pare sì. Come testimonia la reazione ai video di uno youtuber-filantropo, che si fa chiamare MrBeast. Ha offerto operazioni gratuite alla cataratta e, anche per farsi pubblicità, ha mostrato in video le reazioni dei suoi beneficiati che riacquistavano una vista migliore. Fra le critiche che MrBeast ha ricevuto, molte sono legittime: sfrutta il dolore per farsi pubblicità, si vanta della sua carità e critiche al sistema sanitario americano che fa pagare anche operazioni semplici. Ma, i più colti fra i critici, dicono una cosa sorprendente: “Ciò che ha veramente bisogno di cura è la visione che la società ha delle persone con disabilità”, come ha twittato un giornalista del Washington Post. Oppure: “Il video di MrBeast sembra considerare la disabilità come qualcosa che deve essere risolto. Non dice, né nel video né in nessuna delle sue successive dichiarazioni pubbliche, se si è consultato con i soggetti del video per sapere come si sentissero ad avere la loro disabilità trattata come un problema”, come si legge in un commento su BuzzFeed. Perché, adesso, la disabilità non deve più essere considerata come un problema? E dobbiamo educare la prossima generazione ad accettarla e magari non curarla?