Riapre la mostra, la Diocesi ammette: «Imprudenze e quadro equivoco»
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Riapre dopo il danneggiamento la mostra blasfema di Carpi. Esposto il quadro tagliato e imbrattato, ma del vandalo non c'è traccia. Ai Rosari di riparazione ha risposto un sit-in per l'artista. La Diocesi non sa come uscire dall'impasse: «Ammettiamo che il San Longino sia equivoco, ci sono state imprudenze».
Dopo la chiusura forzata a causa del danneggiamento di Giovedì Santo, con conseguente colluttazione con l’artista Andrea Saltini, la mostra Gratia Plena, allestita dal museo diocesano presso la chiesa di Sant’Ignazio ha riaperto sabato i battenti ai visitatori con i vigilantes all'interno e un numero di contingentato di ingressi.
Assente ancora il pittore, che i giornali locali hanno descritto «convalescente e sotto choc» dopo la colluttazione con il misterioso imbrattatore che ha danneggiato il quadro INRI-San Longino ed è ancora ricercato dalle forze dell’ordine.
Era però presente il tanto contestato quadro che è stato esposto ai visitatori con tutte le “ferite” riportate dal danneggiamento.
PREGHIERE E SIT IN
A rendere ancora più vivace la due giorni carpigiana ci hanno pensato però due manifestazioni contrapposte: la prima è il Rosario riparatore che, dopo la pausa pasquale, ha ripreso sabato con un centinaio di fedeli in preghiera davanti alla chiesa. E la seconda è invece un sit-in di solidarietà a favore dell’artista Andrea Saltini organizzato da alcuni esponenti politici del Movimento 5 Stelle di Carpi a cui si sono uniti anche rappresentanti del Pd e dell’amministrazione comunale.
Nel frattempo, il misterioso vandalo è ancora uccel di bosco. Le indagini della Polizia non hanno ancora portato a identificare l’uomo, che, armato di bomboletta spray e un coltello ha rovinato la tela che raffigura una deposizione dalla croce con il centurione Longino in una posa giudicata da una larga fetta di popolo cristiano «blasfema».
NON È STATO UN ACCOLTELLAMENTO
In questi giorni, probabilmente captando fonti vicine alle forze dell’ordine che hanno visionato le immagini delle telecamere a circuito chiuso della chiesa, i giornali locali sono riusciti a ricostruire la dinamica e hanno dato una lettura uniforme del fatto, non smentita né da fonti inquirenti né dai diretti interessati, cioè l’artista e la Diocesi che ha organizzato la mostra: il vandalo si è avvicinato alla tela e, estratta una bomboletta spray, ha imbrattato il quadro; poi, estratto un coltello ha tagliato l’opera. È stato dopo aver gettato il coltello a terra che l’uomo, nel cercare una fuga, è stato fermato da Saltini. Ne è nata una colluttazione nella quale ha avuto la peggio Saltini che ha riportato una ferita al mento, medicata poi al pronto soccorso di Carpi. Non si è trattato dunque di un accoltellamento, come invece scritto dai media in un primo momento, dato che il coltello era già a terra prima che i due si scontrassero.
Dopo una settimana ad alta tensione, però, sabato si sono potuti vedere gli esiti del danneggiamento operato dall’uomo.
LO SFREGIO DEL VANDALO
La tela appare imbrattata, soprattutto nella parte alta, all’altezza del collo di Gesù e per tutto il torace, attorno al quale è stato disegnato un ovale. Segni del nero dello spray compaiono anche nel contorno della nuca di Longino e sul mento di Gesù. Il taglio, invece, è riscontrabile in orizzontale sul petto di Gesù, ma soprattutto nel ventre del crocifisso, tra la costola e la testa del Longino. Come mostrano le immagini che pubblichiamo per gentile concessione della Gazzetta di Modena, il danneggiamento più vistoso è un taglio rettangolare, operato a partire dalla parte appena sotto la costola e fino alla testa del Longino. Si tratta di un rettangolo con solo tre lati tagliati, i due più lunghi e un lato corto. Il quarto lato invece è rimasto nella sua posizione, dando così l’impressione di una sorta di “finestrella” che si apre. Infatti, si può intravedere la mensa d’altare che sbuca dietro.
Probabilmente è questo l’ultimo sfregio del vandalo che segna il momento in cui l’uomo ha gettato il coltello perché alle sue spalle stava arrivando Saltini per fermarlo: il taglio infatti non è stato completato.
In assenza di poter visionare le immagini, che sono ancora in possesso degli inquirenti, che stanno dando la caccia all’uomo, è verosimile ipotizzare che, visto il numero di interventi effettuati, l’uomo abbia avuto a disposizione quasi un minuto per poter agire indisturbato prima di essere visto. Soprattutto perché “le armi” a sua disposizione erano due. Con ogni probabilità deve aver agito indisturbato per molti secondi, forse approfittando di un momento di distrazione dell’artista o delle guide. Colpisce infatti la precisione con la quale sono stati fatti diversi tagli e soprattutto il fatto che non è stata toccata dalla lama la parte del quadro che più ha scandalizzato, come ci si potrebbe aspettare visto l’intento dimostrativo e vendicativo del gesto. Un aspetto che sarebbe interessante indagare, se solo l’uomo venisse acciuffato o se si consegnasse.
LE AMMISSIONI DELLA DIOCESI
In questi giorni però la Diocesi di Carpi è tornata sulla vicenda con un’intervista all’emittente locale TVQui Modena del vicario generale monsignor Ermenegildo Manicardi, il vice del vescovo di Modena e Carpi, Erio Castellucci. (QUI dal minuto 57)
Rispondendo alle domande della giornalista, “don Gildo” è sembrato preoccupato di proteggere il vicepresidente della Cei Castellucci e ha provato a prendere le distanze dicendo che «la mostra non è un’iniziativa né di don Erio né mia, nasce da un desiderio pastorale di aprire un dialogo con gli artisti», ha detto riferendosi a don Carlo Bellini. Allo stesso sacerdote, il vicario sembra imputare una qualche responsabilità. In particolare, nell’aver «sottovalutato l’irritabilità di alcuni ambienti non capaci di percepire questo dialogo con l’arte contemporanea: ha preteso troppo».
Poi ha ammesso: «Ora siamo in una situazione complessa alla luce della situazione di «violenza» che si è creata». E si è chiesto se chiudere la mostra o tenerla aperta: «Chiudere o non chiudere? Diventa difficile chiudere, come faccio a spiegare che chiudiamo per i piccoli scandalizzati e non per la violenza? Dovete fare due domande: quelle opere sono pornografiche necessariamente o possono essere lette pornograficamente?», ammettendo una sorta di legittimazione in chi vi ha visto un’offesa alle icone più sacre della fede cattolica.
E ancora: «I piccoli scandalizzati sono quelli che insultano il vescovo e gli augurano di morire o che gli dicono che è indegno?». È evidente che polarizzando così le posizioni, il vicario non fa altro che presentare una narrazione in cui le reazioni sono tutte estremizzate, come se tutte le centinaia di fedeli che hanno manifestato sconcerto per l’opera fossero tutti dei violenti che augurano la morte al vescovo. Una lettura miope e strumentale che non rende ragione della buona fede della maggior parte dei fedeli, la quasi totalità, visto che ai Rosari di riparazione non sono mai state proferite offese al vescovo né minacce.
«IMPRUDENZE E EQUIVOCI»
In ogni caso, che la posizione della diocesi sia difficile è confermata dalle sue parole seguenti: «Si è creato un “mischione” dal quale è difficile venire fuori».
Per poi ammettere che «delle imprudenze di chi ha voluto tentare questa apertura al mondo artistico contemporaneo, ci sono state, ma non c’è nessuna cattiva intenzione».
E anche sul Longino, seppur a denti stretti, un’ammissione Manicardi la fa: «Ammettiamo che INRI-Longino sia equivoco, ma ho letto da un avvocato che l’immagine della Madonna è quella di un rapporto di gruppo, sfido a trovare questa lettura». Il riferimento è al Trittico Gratia Plena dove si vede la Madonna spogliata dai farisei increduli del concepimento virginale. A ben guardare l’opera e la sua descrizione, la sfida potrebbe essere anche persa per il vicario.
Verso il finale ha ammesso che non è scontato che la mostra resterà aperta come invece programmato fino a giugno. «Discuteremo con i sacerdoti più responsabili per decidere che cosa fare».
LA DIOCESI SAPEVA PRIMA
E infine ha rivelato che le segnalazioni sulla mostra gli sono arrivate ancor prima dell’apertura della mostra, quindi ben prima dell’articolo della Nuova Bussola Quotidiana, che ha fatto conoscere al pubblico il fatto: «Prima che aprisse la mostra, era già stata presentata come mostra sacrilega, io lo so perché ho ricevuto molte mail da amici ecclesiastici di rilievo. È stata offerta una lettura drammatica che ha condizionato, ma noi non abbiamo perso la calma».
Gli “avvertimenti”, dunque ci furono fin da subito, prim’ancora che la mostra aprisse i battenti, ma si è deciso volutamente di non tenerne conto e di aprire le danze. Segno che la proverbiale prudenza evangelica, almeno stavolta è mancata.
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