Quelle pressioni dal Vaticano per chiudere la mostra di Carpi
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Seconda udienza davanti al Gip sull'accusa di vilipendio per la "Gratia plena" di Carpi che vede indagati il vescovo di Modena e l'artista Andrea Saltini. La Commissione Pontificia pro tutela minorum fu informata della mostra blasfema e scrisse a Castellucci. E già prima dell'inaugurazione arrivarono in curia segnalazioni di criticità che furono ignorate.

Per chiudere la mostra blasfema di Carpi intervenne anche la Pontificia Commissione Pro Tutela Minorum retta dal cardinal Sean Patrick O'Malley. È uno degli sviluppi prodotti dai legali dei fedeli che si oppongono alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Modena nell’ambito del procedimento contro il vescovo di Modena e l’artista Andrea Saltini accusati di vilipendio.
Nel corso dell’ultima udienza di lunedì, che precede la decisione del Gip di Modena Andrea Scarpa prevista tra una settimana, i legali dei fedeli che hanno presentato l’esposto, l’avvocato Francesco Minutillo e l’avvocato Francesco Fontana di Iustitia in Veritate, hanno prodotto la risposta che il segretario della Pontificia Commissione voluta da Papa Francesco per i casi di abusi sui minori, diede il 5 aprile 2024 a Padre Fabiano Montanaro, avvocato rotale, che per conto di alcuni fedeli presentò un’urgente istanza per la sospensione della contestata mostra, di cui la Bussola ha doviziosamente riferito.
«Scandalo provocato da questi quadri, esposti in una chiesa consacrata, dove è possibile entrare con minori». Questa la motivazione alla base della richiesta dell’avvocato rotale che ricevette una risposta dalla commissione vaticana pochi giorni dopo.
La Commissione per la tutela dei minori disse che non aveva mandato di trattare «il merito specifico di quanto segnalato», ma esprimeva una condivisione di fondo dell’istanza tanto da dire a Padre Montanaro di «riconoscere le Sue considerazioni... e la preoccupazione per la natura allusiva delle opere esposte». Così si limitò a comunicare di avere provveduto ad informare Mons. Erio Castellucci.
«Come si vede, anche i vertici della Chiesa erano al corrente della evidente oscenità delle opere esposte nella mostra “Gratia Plena”, e sono intervenuti per far chiudere la mostra, ponendo nel nulla le cosiddette motivazioni circa le ragioni di sicurezza addotte», ha commentato Fontana a margine dell’udienza.
Quella della commissione di O'Malley era la seconda sollecitazione che arrivava a Carpi direttamente dal Vaticano dopo quella arrivata dal segretario di Stato Vaticano Parolin, per far cessare una mostra che da un mese stava destando scandalo tra i fedeli, alimentando Rosari di riparazione e manifestazioni di protesta. Dieci giorni dopo quella lettera che Castellucci dovette ricevere, la mostra infatti chiuse definitivamente.
L’udienza di lunedì è stata significativa anche per altri elementi emersi.
La difesa degli imputati ha depositato memorie oltre i termini previsti. Particolarmente significativa è stata la reazione della difesa dell’Arcivescovo Castellucci: di fronte alla possibilità che l’udienza fosse rinviata per consentire alle parti di esaminare la documentazione – che, nonostante l’espulsione della memoria, sarebbe comunque rimasta agli atti – il legale del presule ha preferito ritirare i documenti difensivi pur di evitare il rinvio e discutere il caso immediatamente. «Una scelta rivelatrice – ha commentato in un comunicato stampa Minutillo -: se quella documentazione fosse stata davvero utile alla difesa, perché rinunciarvi così drasticamente? Il rifiuto di un approfondimento lascia aperte molte domande e conferma l’evidente disagio per questo procedimento».
Dal canto loro i legali dei fedeli non hanno fatto altro che ribadire quanto già espresso nelle memorie prodotte nell’udienza precedente e cioè ribadire «con fermezza la natura blasfema dell’esposizione artistica ospitata nella Chiesa di Sant’Ignazio di Carpi, evidenziando come essa abbia rappresentato un’offesa grave ai sentimenti religiosi della comunità cattolica».
Nella sua memoria, Fontana ha poi messo agli atti le prove della non originalità delle opere esposte per la Chiesa di Carpi, frutto di una sua rilettura (se sia plagio o no non competete al giudice) di immagini provenienti da una coreografia, come emerso proprio grazie a una ricerca di Iustitia in Veritate subito dopo la chiusura. È la prova, secondo i legali, che Saltini non ha realizzato quelle opere come frutto del suo personale cammino di ricerca artistica e religiosa, ma le ha prese da una coreografia, che nulla aveva a che vedere con il tema trattato che appunto era religioso, anche se non sacro, come insistentemente specificato dalla difesa di Castellucci e Saltini.
La difesa dei due, soprattutto quella del vescovo, infatti, è stata costruita per minimizzare la portata di quell’evento e nel tentativo di attribuire ai fedeli la qualifica di “tradizionalisti”, “nemici di Papa Francesco” e persino che non “riconoscono l’autorità del Pontefice”, anche se hanno ammesso di non averne le prove.
Ma evidentemente le prove che quella avanzata sia una insinuazione è proprio nel fatto che i fedeli si erano rivolti proprio al Cardinal Parolin, segretario di Stato Vaticano e alla Commissione Pontificia, i quali risposero entrambi. Evidentemente ne riconoscevano, e ne riconoscono l’autorità.
In particolare, il difensore di Castellucci,l'avvocato Giovanni Gibertini, nella sua memoria ha ribadito per ben tre volte il concetto che il vescovo sia sotto attacco dei tradizionalisti citando anche un episodio del 2017, che nulla ha a che vedere con la mostra di Carpi, in cui il vescovo venne fatto oggetto di «ripetuti e violenti attacchi in ispecie sul web da parte di sedicenti tradizionalisti dopo alcune sue prese di posizione come quella riportata in una nota sul periodico Nostro Tempo in cui aveva chiesto alle parrocchie e agli enti ecclesiastici di non «invitare persone che avessero espresso l’idea che Papa Francesco fosse eretico».
Insomma, sembra Castellucci voglia dipingere la cosa come una questione strettamente personale tra il vescovo e questi sedicenti gruppi. Ma la risposta di popolo certifica l'errore di questa lettura. E peccato che quell’episodio citato dal legale non stesse propriamente in quei termini, come la Bussola si incaricò di dimostrare a suo tempo.
Quella dell’attacco dei tradizionalisti è stata però una costante della difesa di Castellucci e si ritrova anche in altri passaggi dove si apostrofano in questo modo i fedeli, screditando clericalmente il diritto di battezzati nel criticare anche le decisioni dei vescovi. Poco si dice, però, per rigettare la qualifica di blasfema o oscena dell’opera Longino di Andrea Saltini, quella maggiormente sotto i riflettori.
Oltre a rimandi storici sull’utilizzo dei “braghettoni” della Cappella Sistina, si sfrutta a proprio vantaggio l’affresco di Giovanni da Modena raffigurante Maometto martoriato da un demone. Che cosa c’entra? Secondo i legali di Castellucci c’entra perché dato che il Codice penale punisce il vilipendio a tutte le confessioni religiose «ci si dovrebbe a questo punto aspettare che i tre denuncianti appoggino qualora venisse proposta, una eventuale denuncia per vilipendio della religione islamica contro il Vescovo di Bologna, per non aver provveduto alla rimozione dell’opera blasfema». Un esempio evidentemente non pertinente, perché nel caso di San Petronio, ispirato a un passo della Divina Commedia, ma questo non viene detto dai legali, si esprime un giudizio preciso e argomentato artisticamente dentro un preciso contesto storico, nel caso di Carpi, è l’immagine a parlare da sola.
La difesa di Saltini invece si è mantenuta nei canoni del dibattito artistico difendendo la buona fede dell’artista carpigiano che «già aveva lavorato col vescovo Cavina» per dire che l’accusa di vilipendio non regge per nessuna ragione e analizzando ogni singola mostra dell’esposizione in Sant’Ignazio, cercando di fornire una lettura che non offrisse il fianco a interpretazioni lascive.
Sarà il giudice a stabilire se questa difesa sia sufficiente o no.
Si è cercato di sostenere poi il fatto che la chiesa di Sant’Ignazio non fosse consacrata al culto perché non si dice Messa da più di 15 anni, evidentemente per tentare di sminuire la portata dello scandalo suscitato nei fedeli. Però, in un inciso, si dice che la chiesa è ancora «formalmente consacrata, ma è usata per gli eventi culturali». Evidentemente i legali di Saltini non sanno quali siano le condizioni, e non sono tante, per considerare una chiesa non più un edificio di culto. L'assenza di celebrazioni eucaristiche non è tra queste e non è sufficiente per definirla ex chiesa.
Da ultimo, un passaggio inerente proprio la Bussola, citata nella memoria di Saltini per il primo articolo. Si ricorda il passaggio in cui la guida addetta alla mostra ci illustrava l’opera e si cita la registrazione fatta a tal proposito e messa a disposizione degli atti. Ebbene, si omette di dire però che la stessa guida ammise che tra le intenzioni dell’artista c’era proprio quella di voler provocare, quindi la lettura di quelle opere come blasfeme non era del tutto ingiustificata.
Del resto, e questo si impara proprio dalla memoria di Saltini, presentata dall’avvocato Giuseppe Chierici, si scopre che «è vero invece che la campagna contro tale mostra ha avuto un inizio prima della mostra». Il riferimento deve essere a qualche lamentela giunta in curia da qualche addetto che l’aveva già visionata, ma evidentemente gli uffici diocesani non l’hanno presa in considerazione. I sintomi dello scandalo c’erano già prima, ma si decise di non ascoltarli. Forse si sarebbe potuto evitare tutto quello che poi è successo dopo.
Una mostra blasfema nella chiesa del vescovo. E la chiamano arte
Nella chiesa del museo diocesano di Carpi una mostra di un artista locale suscita reazioni indignate: blasfemi i quadri con Gesù, la Madonna e la Maddalena. La Bussola ha visto le opere, la guida ammette la provocazione. Ma c'è l'inganno dei curatori diocesani che spacciano per arte sacra dei sacrilegi. Il vescovo Castellucci dovrà risponderne.
"Disappunto e disagio": Parolin intervenne per chiudere la mostra blasfema di Carpi
Nel processo che vede indagati per vilipendio l'artista Andrea Saltini e il vescovo Castellucci, emerge una lettera del Segretario di Stato Vaticano che esprime disappunto per la mostra blasfema in diocesi a Carpi. E lascia intendere di averne favorito la chiusura anticipata. Il legale dei fedeli: "Indicheremo Parolin tra i testimoni".
«Vescovo indagato»: la mostra blasfema di Carpi finisce davanti al giudice
Il GIP di Modena respinge la richiesta di archiviazione della Procura sulla mostra blasfema di Carpi. Il vescovo Castellucci, vicepresidente della Cei, dovrà comparire davanti al giudice per difendersi dall'accusa di vilipendio, caso unico nella storia. Lo scoop della Bussola negli atti processuali. Il legale dei fedeli: «Finalmente potrà emergere la verità».
- Il dossier Carpi
Non solo blasfema, la mostra di Carpi è anche una clamorosa truffa
I quadri di Andrea Saltini in mostra al Museo diocesano di Carpi e al centro di una dura polemica sono copiati dalle opere del famoso coreografo greco Dimitris Papaioannou. La scoperta in un comunicato di Iustitia in Veritate. E la diocesi non ha nulla da dire?
Chiusa la mostra blasfema di Carpi, restano le ferite alla Chiesa
L'artista Andrea Saltini e la diocesi di Carpi giocano a fare le vittime per uscire da una situazione insostenibile che loro stessi hanno creato. Il vescovo Castellucci in particolare porta la grave responsabilità di aver diviso la Chiesa, cercando di far ricadere la colpa sui fedeli.
- Dopo i dubbi investigativi, chiude la mostra blasfema, di Andrea Zambrano
- DOSSIER: la mostra blasfema
- VIDEO: i dubbi sull'artista, le colpe del vescovo, di Riccardo Cascioli
Impronte, testimoni e telecamere: qualcosa non torna nel giallo di Carpi
A tre settimane dal danneggiamento del quadro San Longino ad opera di uno sconosciuto, la Polizia di Carpi non ha elementi per proseguire le indagini. Le uniche due impronte digitali ritenute utili non hanno fornito riscontri; il campo dei testimoni si limita al solo pittore e a un non meglio precisato custode della chiesa.
Mostra Carpi e Amica chips: la differenza la fa il vescovo
I casi blasfemi di Amica chips e mostra Gratia plena hanno molti elementi in comune. Ma una differenza sostanziale: il ruolo giocato dal vescovo di Carpi che ha influenzato media e istituzioni.
Arte "sacra" a Carpi: la provocazione conta più della Verità
La diocesi di Carpi difende a spada tratta le discusse opere di Saltini: né blasfeme né dissacranti, e chi lo dice è mosso da "pregiudizi irrispettosi". Ma i cattolici potranno almeno chiedere conto di come vengono raffigurati Cristo e la Madonna?
Dopo i dubbi investigativi cala il sipario sulla mostra blasfema
Dopo la pubblicazione della nostra notizia che non esistono video dell'aggressione a Saltini, l'artista comunica la chiusura della mostra Gratia Plena attribuendo la decisione al suo precario stato di salute. La diocesi continua ad accusare i fedeli. E i fedeli invitano il vescovo a riflettere sugli errori.
-Qualcosa non torna nel giallo di Carpi
-DOSSIER: la mostra blasfema
Riapre la mostra, la Diocesi ammette: «Imprudenze e quadro equivoco»
Riapre dopo il danneggiamento la mostra blasfema di Carpi. Esposto il quadro tagliato e imbrattato, ma del vandalo non c'è traccia. Ai Rosari di riparazione ha risposto un sit-in per l'artista. La Diocesi non sa come uscire dall'impasse: «Ammettiamo che il San Longino sia equivoco, ci sono state imprudenze».
Mostra blasfema o libertà di espressione? La parola al giudice
Dopo le denunce dei fedeli, la Procura di Modena ha già chiesto al Gip l'archiviazione perché le opere di Saltini sono frutto della «libertà di espressione». I legali annunciano battaglia: «Il punto è l'offesa dentro un luogo sacro». Pro Vita & Famiglia raccoglie 30mila firme e chiede alla Santa Sede di intervenire.
Mostra blasfema, c'è una denuncia penale. E la Diocesi elogia l'artista
Mostra blasfema di Carpi: il Comitato Quanta Cura presenta una denuncia in Procura per violazione dell'articolo 403 (vilipendio a confessione religiosa). Lo stesso fanno alcuni fedeli romagnoli. Ma la Diocesi elogia l'artista, ateo, inserendolo dentro un percorso sinodale e accusando i fedeli feriti di violenza sfacciata e di rompere la comunione.
Mostra blasfema, i fedeli riparano lo scandalo difeso dal loro vescovo
Più di cento davanti alla chiesa di Sant'Ignazio di Carpi per pregare davanti alla mostra Gratia plena. Per la prima volta i fedeli riparano un atto blasfemo difeso dalla loro stessa diocesi e dal loro stesso vescovo. Ed è solo l'inizio: le preghiere proseguiranno ancora.
Mostra blasfema, Comotti: «Ascoltare il popolo, basta clericalismo elitario»
«Basta con il clericalismo elitario: se il sensus fidei dice che è blasfema, allora quell’opera non deve stare in una chiesa». La mostra di Carpi tiene banco al convegno internazionale di diritto canonico di Venezia davanti al patriarca Moraglia. Il professor Comotti alla Bussola: «L'arte sacra deve approfondire la fede, non ferirla».
Il vescovo difende la mostra blasfema e dà la colpa ai fedeli
Dopo il nostro articolo sulla mostra blasfema, curia di Carpi tempestata da un mail bombing senza precedenti. La diocesi guidata dal vescovo Castellucci nega la blasfemia e difende la mostra "Gratia plena" nella chiesa del museo diocesano invitando a guardare il quadro senza pregiudizi e con «sguardo limpido». Ma che si tratti di una provocazione era già stato ammesso dalla guida.