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I MISTERI

Quella pista che parte da Gelli e arriva fino ad Ali Agca

Il 17 marzo 1981 furono trovati nelle proprietà di Gelli gli elenchi degli iscritti alla P2. Il l 13 maggio, dunque neanche due mesi dopo, Alì Agca sparò a papa Wojtyla, un attentato che non poté essere previsto perché la nostra intelligence era tutta in quegli elenchi di piduisti e venne decapitata. Solo una coincidenza?

Cronaca 21_12_2015
Ali Agca, l'attentatore di papa Wojtyla

Su queste colonne Massimo Introvigne ha commentato la morte dell’anziano Licio Gelli ricordando che, molto probabilmente, lo scandalo P2 fu solo la prima parte di un vasto piano che doveva culminare in Mani Pulite e provocare un epocale cambio di potere in Italia. L’operazione, se tale fu, venne vanificata dalla “discesa in campo” nel 1994 di Berlusconi che in pochi mesi ribaltò la situazione procurandosi, perciò, da parte degli scornati un odio sempiterno che ancora perdura. A integrazione, tuttavia, credo che i lettori della Nuova Bussola Quotidiana debbano riflettere anche sulle parole scritte da Corrado Guzzanti sul Giornale in commemorazione del defunto “conte”(così sul manifesto mortuario) Gelli. 

Guzzanti, oltre che giornalista di lungo corso, è stato anche parlamentare e in tale veste ha presieduto la famosa Commissione Mitrokhin (dal nome del dissidente sovietico che trafugò molto materiale dagli archivi del Kgb, materiale che conteneva nomi di veri o presunti “agenti di influenza”, anche italiani). Scrive Guzzanti: «Si fece pian piano strada l’opinione secondo cui Gelli, grazie ai suoi eccellenti rapporti commerciali con la Romania dove aveva un grande deposito di materassi permaflex, lavorasse per il Patto di Varsavia». Ora, attenzione alle date: il 17 marzo 1981 le forze dell’ordine trovarono nelle proprietà di Gelli gli elenchi degli iscritti alla P2, «belli e pronti per essere sequestrati con tutte le spiegazioni e gli allegati». La cosa in altri tempi avrebbe insospettito chi di dovere, ma “chi di dovere” era tutto in quegli elenchi: vertici della polizia, dei servizi segreti e delle forze armate. 

Il 13 maggio, dunque neanche due mesi dopo, Alì Agca sparò a papa Wojtyla, un attentato che non poté essere né previsto né sventato perché la nostra intelligence era stata decapitata. Dato il ruolo che il Papa polacco aveva avuto nel terremoto Solidarnosc –inizio della fine dell’impero sovietico- la sua eliminazione «era la condizione necessaria per recuperare il controllo territoriale della Polonia» e impedire quel contagio che invece ci fu e che fece crollare una dopo  l’altra tutte le tessere del domino dell’Urss e dei suoi satelliti. San Wojtyla rimase convinto che fosse stata la Madonna di Fatima a salvargli la pelle in quella circostanza. 

Gli elenchi gelliani della P2 fecero «strage di politici, generali, giornalisti, economisti, imprenditori» e funzionarono da trappola: chi ci era entrato per poter stare tra color che contano o per restarci se già c’era si ritrovò dato subito in pasto all’opinione pubblica e fu  costretto a dimettersi (riporta Guzzanti che «noi giornalisti fummo convocati alla Camera dove era stata allestita una stanza con tutti i dossier fotocopiati e numerati»). Fu un «massacro mediatico privo di qualsiasi lettura critica». Tutti gli implicati avevano un orientamento politico che Introvigne ha bene illustrato nel suo articolo. Venne decapitato anche il più importante quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, i cui vertici, dal direttore Di Bella all’amministratore Tassan Din, si ritrovarono coinvolti, cosa che «permise alla Repubblica di Eugenio Scalfari di fare il  sorpasso». 

Insomma, chi sia stato veramente Gelli non lo sapremo forse mai, fa parte anche lui dei “misteri della Repubblica” al tempo  della Guerra Fredda. Era uno che voleva organizzare un golpe presidenzialista (dunque “di destra”), come si disse, o, al contrario, lavorava per la concorrenza? Ormai, dato il polverone che a suo tempo si scatenò su di e attorno a lui, anche se avesse vuotato il sacco chi mai gli avrebbe creduto? In quei suoi elenchi c’erano personaggi di tutte le estrazioni, anche comici come Alighiero Noschese e anchormen come Maurizio Costanzo. C’era pure Carlo Alberto Dalla Chiesa, il nemico delle Brigate Rosse. E c’era anche Silvio Berlusconi, che col suo “partito di plastica” messo su in quattro e quattr’otto sgominò la Gioiosa Macchina da Guerra, lasciando tutti con un palmo di naso. Ma questo è ormai il passato. Altri “complotti internazionali” occupano oggi la scena e impensieriscono noi credenti. Ma ricordiamoci di quel 13 maggio 1981 e di quella «mano che deviò» la storia.  Mai dire mai.