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firenze

“Gesù non fa preferenze”: il vescovo "sposa" l'impostura queer

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L'ultima veglia del gruppo Kairos di Firenze ha visto protagonista  il neo arcivescovo Gherardo Gambelli: «Gesù non fa preferenze». Ma è San Paolo a dirci che è semmai l'opposto. Ecco perché. 

Vita e bioetica 24_05_2025

C’è in giro un gesù, con la “g” minuscola, impostore. E’ un gesù che non fa distinzione tra peccato e peccatore, che accoglie l’uno e l’altro, che è morto per salvare anche quelli che non vogliono essere salvati perché non solo tutti sono chiamati ad entrare in Paradiso, ma ci finiscono tutti a forza o per ufficio o per nascita.

Questo gesù, sempre con la “g” minuscola, è quello della teologia queer, dell’omoeresia dei gruppi cristiani che non possiamo chiamarli LGBT – perché i due termini sono antitetici – ma autonomisti dato che tentano di erigere una propria chiesa – con la “c” minuscola – dentro la Chiesa – con la “C” maiuscola. Da anni s’impegnano a redigere bibbie arcobaleno, a stilare esegesi ai testi sacri in ossequio al Murgia pensiero, ad impartire gaie lezioni nelle parrocchie, a promuovere tour nelle chiese per mostrare che coppie omo ed etero pari sono e ad organizzare veglie di preghiere contro le solite fobie che dovrebbero essere dilaganti e capillari, ma che, dati alla mano, tali non sono.

L’ultima veglia, organizzata dal famigerato gruppo Kairos, si è svolta martedì scorso presso la chiesa della Beata Vergine Maria delle Grazie all’Isolotto a Firenze. Presente il neo arcivescovo di Firenze Mons. Gherardo Gambelli che, prendendo la parola, ha cesellato questo assioma: «Dio non fa preferenze di persone». A noi risulta l’opposto. San Paolo – ed è parola di Dio quello che è riportato negli Atti – ci ricorda: «Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio» (1 Cor. 6, 9-10). Purtroppo in questa black list ci sono anche gli omosessuali e i transessuali (effeminati). Chi abbraccia queste condizioni e queste condotte volontariamente, liberamente e con piena consapevolezza non può entrare nel Regno dei Cieli. Pensare diversamente, ci ammonisce San Paolo, è illudersi.

Dio fa eccome preferenze di persone: «Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato» (Mt 25, 41-43). Una postilla: tanto per andare un po’ oltre la catechesi per l’infanzia, il dare da bere e da mangiare non è solo riferito alla sete e alla fame materiale, ma anche e soprattutto a quella spirituale. Parimenti: l’essere forestiero vuol dire anche e soprattutto essere straniero alla fede cattolica; la nudità è anche e soprattutto di colui che non indossa gli abiti della verità; le malattie sono anche e soprattutto quelle dell’anima; il carcere è anche e soprattutto quello dei propri vizi. Tanto per dire che non dare da mangiare la sana dottrina, non offrire gli abiti della verità, non tentare di guarire la patologie spirituali e di far evadere le persone dall’errore può portare serie conseguenze nell’Aldilà. E questo vale anche per i temi LGBT.

Torniamo al Dio che non fa preferenze. Quello dei Vangeli e degli Atti ha preferenze: farà entrare in Paradiso i santi, ma non i peccatori che amano il peccato. Il punto è sempre il solito: Dio accoglie tutti, ma non accoglie tutto. Non accoglie il peccato. Ama l’uomo non perché peccatore, ma nonostante sia peccatore. Dio non può che amare il bene e non il male e quindi ama di noi il bene che facciamo, non il male che compiamo. E dunque ama la persona omosessuale, ma non la sua omosessualità. E, dato che l’ama, la invita, la sprona, la supplica affinché abbandoni la sua omosessualità. Amare è volere il bene della persona e dunque il bene della persona omosessuale è interrompere la sua latitanza da eterosessuale. Piena solidarietà alle vere vittime di ingiusta discriminazione – anche nel presente inverno demografico la madre dei cretini è sempre incinta – ma non è ingiusta discriminazione affermare che l’omosessualità è contro natura, bensì è atto di amore, se detto con sommo rispetto per le sofferenze altrui, perché, così dicendo, non vuole la condanna della persona omosessuale, ma tutto l’opposto: la sua salvezza. Dovremmo forse adirarci e insultare il medico che ci ha detto che abbiamo un tumore? È forse colpa sua? Confermare la persona gay nel suo stato non è dunque atto d’amore.

La chiesa arcobaleno, però, predica l’opposto: omosessualità e transessualità sono condizioni buone perché naturali, al pari dell’etnia. Potrebbe mai una persona di colore diventare bianca? Sarebbe solo violentare la sua natura. Ecco perché Carlo, dando la propria testimonianza nella veglia di preghiera fiorentina, afferma: «Quanto può fare male sentirsi dire, dalla Chiesa che si ama, che la propria capacità di amare è sbagliata?». Le fa eco Noemi: «A volte le ferite che ci portiamo dietro pretendono di avere la meglio su di noi. Dobbiamo, però, ricordare sempre che quelle ferite non dipendono da quello che siamo, ma da quello che gli altri ci hanno fatto. Non siamo difettosi, ma preziosi».

Qui occorre fare un distinguo. Vi sono certamente ferite inferte dai cretini in servizio permanente. Ma, serva di minimo conforto, questi cretini sono democratici. Da sempre hanno insultato, vilipeso, aggredito qualsiasi categoria di persona diversa dalla loro: gli asini a scuola e pure i secchioni, gli obesi e i mingherlini, i portatori di orecchie sventolanti e di nasi prominenti, i ricchi e i poveri, i disabili e i troppo abili nello sport, l’taliano del sud e l’africano del nord, l’ebreo e il cattolico, a etc. Ciò che li muove è la frustrazione di sapersi insignificanti. Dunque cari amici gay, siete in ottima compagnia. A margine: lo sapevate che, secondo il rapporto World Watch List 2024, 365 milioni di cristiani sono perseguitati nel mondo? Ciò vuol dire che un cristiano su sette è perseguitato a livello globale: perseguitato, non meramente discriminato (si legga questa pagina del sito del Parlamento europeo). Eccellenza reverendissima, Mons. Gherardo Gambelli, siamo certi che, almeno volendoci appellare alla par condicio, organizzerà a brevissimo anche una veglia di preghiera per i cristiani perseguitati.

Torniamo al distinguo di cui sopra: alcune sofferenze delle persone omosessuali derivano dunque dall’esterno, dalle condizioni in cui vivono. Ma altre derivano dall’interno, dalla condizione omosessuale che vivono, non da una presunta omofobia sociale, e queste sofferenze sono la quota più rilevante e più drammaticamente significativa. Lo provano due studi che avevamo già citato a suo tempo: «nel primo, Sessualità omosessuale e disturbi psichiatrici nel secondo studio olandese sulla salute mentale e sull'incidenza , si analizzano i disturbi legati all’omosessualità nell’arco di 18 anni, dal 1996 al 2014 nei Paesi Bassi. Risultato: l’incidenza dei disturbi non è mutata nel tempo; eppure nel tempo, e soprattutto nei Paesi Bassi, l’accettazione dell’omosessualità è cresciuta in modo esponenziale. Dunque, il disagio nasce dalla condizione omosessuale, non da una presunta omofobia. […] Nel secondo studio, Stress, sofferenza e tentativi di suicidio delle minoranze in tre coorti di adulti appartenenti a minoranze sessuali: un campione probabilistico statunitense che riguarda sia l’omosessualità che la transessualità, i ricercatori, omosessuali dichiarati, hanno concluso che i disagi psicologici per gay e trans non derivano da presunte discriminazioni (clicca qui per un approfondimento)».

Per chiudere ricordiamo cosa diceva Noemi: «Non siamo difettosi, ma preziosi». Tutti noi siamo difettosi perché tutti noi siamo peccatori e il peccato è un difetto, una mancanza che intacca la nostra preziosità. Vi auguriamo e ci auguriamo di essere sempre meno difettosi e sempre più preziosi.