Quale emergenza se il governo pensa ad un portale trans?
Mentre si parla di emergenza Covid, il governo lancia un portale in sostegno dei cosiddetti "transessuali" (una minima percentuale della popolazione). Sul sito si parla di collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Si leggono poi direttive contrarie alla libertà di scelta delle cure, mentre si finge che non esista la teoria gender e si lancia un piano di diritti speciali legati alle università e ai documenti d'identità.
Il nostro governo è in gamba. Nella doppia emergenza sanitaria ed economica che stiamo vivendo trova il tempo e le risorse economiche per lanciare un portale, dal nome Infotrans.it, ad uso e consumo delle persone transessuali, che sono lo zero virgola della popolazione, e di tutti noi. Dato che è generoso e non ci vuole lasciar fuori dai giochi, ecco che il governo lo mette in piedi grazie ai nostri soldi.
Infatti il portale è stato finanziato dal Fondo Sociale Europeo e da un fondo che fa capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il sito, operativo da qualche giorno, indica a quali servizi sul territorio la persona transessuale può accedere, offre una guida di carattere giuridico-amministrativo per la “rettificazione sessuale” e informa il cittadino su alcune buone pratiche di inclusione sociale.
Chi sono gli autori di questa iniziativa? Nel portale possiamo leggere: «Questo portale è nato dalla collaborazione tra l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ne ha curato la realizzazione e ha la responsabilità dei contenuti scientifici e l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali - Presidenza del Consiglio dei Ministri (UNAR) che ha la responsabilità dei contenuti giuridici».
La posizione del portale sulla questione transessualismo è chiara: «Più che come una contrapposizione tra due generi opposti, maschile e femminile, il genere è meglio inquadrabile come uno spettro i cui poli sono il maschile e il femminile e lungo il quale ogni persona può liberamente collocarsi. Il maschile e il femminile in realtà non sono due categorie rigidamente predefinite, ma piuttosto un unico continuum all’interno del quale si collocano gli esseri umani, ciascuno nella posizione che meglio lo connota.». La persona umana non è dunque o maschio o femmina, ma può essere maschio, femmina o posizionarsi lungo un punto qualsiasi della traiettoria che lega questi due poli opposti. Tale posizionamento, inoltre, non è sintomo di un disturbo psicologico, bensì è una espressione fisiologica della propria psiche: «Oggi la condizione transgender è considerata espressione della normale variabilità delle identità individuali, non come una malattia o un disturbo mentale». Sottolineiamo quell’ «oggi», forse sintomo del fatto che l’identificazione dei disturbi clinici segue il mutar delle sensibilità collettive e non l’evoluzione della ricerca scientifica.
Per l’ISS e il governo ovviamente l’accompagnamento psicologico che mira a conciliare dato genetico sessuale e percezione psicologica è da condannare, anche perché porterebbe addirittura al suicidio i pazienti.
Silvio Brusaferro, Presidente dell'ISS (Istituto Superiore di Sanità) e membro del comitato scientifico per il coronavirus, ha dichiarato: «Con questo nuovo portale è stato fatto un lavoro importante perché è stato possibile sistematizzare e mettere a disposizione in un modo accessibile e fruibile una mole importante di informazioni basate su evidenze scientifiche utili per orientare anche le scelte di salute di questa fascia di cittadini».
Per verificare questa asserita scientificità spigoliamo qua e là nel sito. Una sezione importante è data dal glossario. Apriamo alla voce “Teoria del gender” che così viene definita: «La teoria del gender non esiste e per questo non ha alcun fondamento scientifico. Coloro che criticano la teoria del gender l’hanno di fatto creata interpretando in modo errato gli studi di genere. Secondo questa teoria non esisterebbe alcuna differenza biologica tra uomini e donne che si caratterizzerebbero unicamente per una distinzione culturale: gli uomini sarebbero uomini in quanto educati da uomini, le donne sarebbero donne perché educate da donne. Questa teoria avrebbe come scopo quello di distruggere la famiglia tradizionale quale fondamento della società favorendo uno stile di vita squilibrato e disordinato».
Qualche nota che verrà letta dagli autori del portale come eterosessista (c’è anche questo termine nel glossario). La frase «La teoria del gender non esiste e per questo non ha alcun fondamento scientifico» cade in una inversione logica. Semmai sarebbe stato corretto affermare: non esiste nessun fondamento scientifico sulla esistenza della teoria del gender. Inoltre il fatto che esista questa teoria - che semplicemente predica che omosessualità e transessualità sono rispettivamente una condizione e una scelta eticamente valide - è comprovata dal fatto che, dopo questa frase, lo stesso portale critica i suoi contenuti: se una cosa non esiste come si fa a criticarne i contenuti? Infine si addebitano affermazioni a chi critica questa Teoria in modo disinvolto. Infatti andrebbe cercato con il lanternino chi ha sostenuto che i fautori della teoria del gender negano la differenza sessuale biologica. Semmai negano che ci debba essere una correlazione tra sesso biologico e identità psicologica sessuale (percezione di sé come appartenente al mondo maschile o femminile).
Passiamo ora alla sezione “Buone pratiche in ambito scolastico-educativo”, dove si può leggere: «Consentire l’utilizzo del nome di elezione per chi è in transizione, nelle attività scolastiche interne, così da evitare imbarazzo e la necessità di dover continuamente esporre una vicenda certamente complessa. Nell’ambito di percorsi universitari, prevedere la possibilità per chi è in transizione di ottenere un tesserino identificativo riportante il nome di elezione […]. Realizzare percorsi formativi rivolti agli studenti, al corpo docente e al personale non docente; la conoscenza della condizione transgender rappresenta infatti il necessario passaggio per infrangere l’invisibilità che spesso la circonda e per contrastare stereotipi e pregiudizi». Non si è mai capito perché il non transessuale incappa in guai seri se sui documenti ufficiali appone un nome diverso dal suo – anche ai non transessuali potrebbe non piacere il proprio nome – ed invece questo è permesso alle persone transessuali. La seconda parte delle raccomandazioni si inquadra perfettamente in quella Teoria del gender che per l’ISS e il governo non esiste: proporre la transessualità come scelta moralmente lecita.
Il governo ha pensato anche a chi lavora nel campo dei media, il quale è invitato caldamente a «verificare attentamente il corretto riferimento al genere di appartenenza (per es. non “i transessuali” quando si tratta di donne transgender o “le transessuali” se si tratti di uomini transgender) in ogni notizia». Dunque il giornalista deve ossequiare l’autopercezione della persona transessuale e non il dato biologico, ossia la realtà dei fatti (i cromosomi non mentono). Ovviamente anche per i giornalisti si raccomandano percorsi formativi inclusivi.
In conclusione, ci pare che i contenuti di questo portale siano più connotati da una certa impostazione ideologica filo-gender che ispirati a criteri scientifici. Ma certamente questo nostro giudizio sarà viziato da un certo atteggiamento transfobico, vero?