Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
COMUNISMO

Protesta a Cuba: mancano cibo ed energia elettrica

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Domenica 17, a Cuba, sono iniziate le proteste più massicce dal 2021. La causa è la mancanza di cibo e i continui blackout elettrici. Diaz Canel non ammette alcuna colpa. 

Esteri 19_03_2024
Cuba, code per la benzina (La Presse)

Domenica 17 marzo i cubani sono scesi in piazza contro il governo comunista e, per la prima volta dal luglio 2021, le proteste sono massicce. Le manifestazioni, pacifiche, sono iniziate a Santiago, poi si sono estese nella vicina Bayamo, nell’Est dell’isola caraibica. Come lo slogan delle manifestazioni del 2021 era stato “Patria y Vida”, questa volta prevale il più concreto “Corriente y Comida”, cioè elettricità e cibo. Perché ormai nel “paradiso comunista” mancano l’una e l’altro.

A  Santiago, i manifestanti hanno occupato il viale del Morro, pacificamente. La polizia e la Sicurezza di Stato sono intervenute subito, contenendo i cortei e “aggirandosi nella folla”, come riferiscono testimoni oculari. La segretaria provinciale del Partito, Beatriz Johnson Urrutia, è salita su un tetto che dava sul viale dove ha tenuto un discorso per placare gli animi. Ha cercato di sdrammatizzare la crisi, affermando che vi sia carburante a sufficienza, ma è stata accolta da cori di protesta “è una bugia!” “non c’è corrente!”. Non è una segretaria molto popolare. Un anno fa, la stessa Beatriz Johnson Urrutia, credendo che nessuno stesse ascoltando, aveva rimproverato in diretta Tv un funzionario del dipartimento per gli approvvigionamenti alimentari per aver detto la verità sulla carenza di farina.

Sempre per stemperare gli animi, le autorità provinciali hanno mandato a Santiago camion carichi di cibo. I quotidiani di regime hanno dato la notizia delle proteste, ma sottolineando il dialogo fra autorità e piazza.

Però il confronto non deve essere finito così liscio come riferito dall’informazione ufficiale. Tanto è vero che il governo ha dovuto dispiegare forze speciali a protezione delle sedi istituzionali. Ma soprattutto: il governo ha bloccato Internet per cinque ore nel pomeriggio di domenica. La stessa tattica che aveva impiegato anche nel luglio 2021, per impedire sia la circolazione di notizie indipendenti, sia la possibilità per i manifestanti di coordinarsi online, sui social network.

La nuova protesta nasce da una condizione economica esasperante. La prima a mancare è stata la benzina. Già l’anno scorso si erano formate lunghe code ai distributori. Quest’anno, in febbraio, il carburante ha quintuplicato il prezzo rispetto al mese precedente. Il petrolio veniva venduto a Cuba, a prezzo politico, dal regime amico di Maduro, nel Venezuela. Ma con la crisi della produzione nel Venezuela stesso, Caracas non può più permetterselo.

La crisi si è poi estesa al settore alimentare, con penuria di scorte e lunghe code agli spacci. E nell’erogazione dell’energia elettrica. I blackout sono ormai la norma e non l’eccezione. Manifestanti a Santiago riferiscono di “tre-quattro ore di energia al giorno”.

Il presidente Miguel Diaz Canel, per rispondere alla situazione di crisi, domenica ha rispolverato la solita tesi: se mancano cibo e carburante è colpa dell’embargo Usa. La sua isola, tuttavia, può commerciare con tutto il resto del mondo. «Varie persone hanno espresso il loro disagio per i servizi elettrici e la distribuzione del cibo», ha scritto il presidente cubano su X. Ma ha attribuito la colpa delle manifestazioni soprattutto ai “nemici di Cuba che vivono negli Usa” riferendosi soprattutto agli esuli cubani di Miami.

Quel che però il presidente non può o non vuole ammettere è il fallimento del modello economico cubano e soprattutto delle riforme che aveva promesso, quando era subentrato a Raul Castro, ma che ancora non si vedono. Blackout, distribuzione inefficiente del cibo, mancanza di carburante sono i segni che hanno accompagnato la crisi di tutti i regimi comunisti nel recente passato.