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Il 25 dicembre del Papa

Pace, la parola d’ordine nella notte Santa di Leone XIV

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Nel suo primo Natale sul soglio di Pietro, Prevost ha invocato più volte la pace che ci è portata dalla nascita di Gesù Bambino. E con il richiamo alle radici cristiane dell’Europa e il saluto in più lingue, dopo la benedizione Urbi et Orbi, ha ricordato un po’ Wojtyła.

Ecclesia 27_12_2025
Leone XIV, 25 dicembre 2025 (Vatican Media - LaPresse)

Per Leone XIV la parola d'ordine del primo Natale da Papa è pace. Ne ha parlato mercoledì sera ai fedeli rimasti, sotto la pioggia, a piazza San Pietro mentre all'interno della Basilica celebrava la Messa della Notte dicendo che «Gesù Cristo che è nato per noi ci porta la pace». Il Papa è rimasto davvero colpito dalla resistenza dei fedeli che, pur non potendo entrare in una Basilica già piena, hanno voluto comunque presenziare in piazza San Pietro per seguire la Messa dai maxischermi. Gli ha reso così omaggio, a sorpresa, rivolgendo loro un saluto. Anche nell'omelia, Prevost ha detto che il Natale «è festa della speranza, perché il bambino Gesù la accende in noi, facendoci messaggeri di pace» e che «con queste virtù nel cuore, senza temere la notte, possiamo andare incontro all'alba del giorno nuovo».

La parola pace ha fatto capolino il giorno dopo nell'omelia della Messa di Natale nella quale si evidenziava come con la nascita di Gesù «la pace esiste ed è già in mezzo a noi». Nel messaggio dato dalla Loggia centrale, prima di impartire la benedizione Urbi et Orbi, Leone XIV ha indicato «la responsabilità» come «via della pace». Poi è passato ad elencare tutti i conflitti e le tragedie per cui invocarla: in Medio Oriente (citati in particolare Libano, Palestina, Israele, Siria), Sudan, Sudan del Sud, Mali, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Myanmar, Tailandia e Cambogia. Molto significativo il passaggio sul continente europeo affidato al «Principe della Pace» affinché possa «continuare a ispirarvi uno spirito comunitario e collaborativo, fedele alle sue radici cristiane e alla sua storia, solidale e accogliente con chi si trova nel bisogno». Una menzione particolare al «martoriato popolo ucraino».

Nel richiamo alle radici cristiane dell’Europa, Prevost ha ricordato un po' Wojtyła e non è l'unico motivo di analogia. Come il Papa polacco, infatti, il Papa di Chicago ha ripristinato il saluto in più lingue al termine della benedizione Urbi et Orbi. Prevost ha augurato buon Natale in dieci lingue: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco, arabo, cinese e latino. Nella Messa della Notte, inoltre, si è fatto notare il ritorno della fascia con gli stemmi papali e che erano ricamati in oro, argento e seta policroma. Nell'omelia del 24 dicembre è stato significativo un passaggio in cui il Pontefice, riflettendo sulla nascita di Gesù, ha detto che «mentre un’economia distorta induce a trattare gli uomini come merce, Dio si fa simile a noi, rivelando l’infinita dignità di ogni persona» e «mentre l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo, Dio vuole diventare uomo per liberarci da ogni schiavitù». Una bacchettata alla tendenza sempre più in voga nell'uomo contemporaneo a pretendere di essere Dio.

L'agenda di impegni per Leone XIV non è finita: si avvicina, infatti, l'Epifania del Signore, giorno nel quale dovrà chiudere la Porta Santa della Basilica di San Pietro e chiudere con essa il Giubileo della Speranza indetto e aperto dal suo predecessore Francesco.