Processo al cardinale Zen, un'umiliazione per la Santa Sede
Il processo al cardinale Zen per il suo sostegno alla causa democratica si farà dal 19 al 23 settembre, proprio mentre Cina e Santa Sede staranno per annunciare il rinnovo dell'accordo segreto sulla nomina dei vescovi. Ma il volto di Zen in tribunale starà lì a dimostrare il tradimento della Santa Sede per i cattolici perseguitati.
Dunque, il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong sarà processato dal 19 al 23 settembre. La decisione, resa pubblica da Hong Kong Free Press, è stata presa dalla Corte di West Kowloon e il processo riguarderà altri 5 sostenitori della democrazia arrestati con il cardinale lo scorso maggio: l’avvocato Margaret Ng, la cantante Denise Ho, l’ex parlamentare Cyd Ho, l’accademico Hui Po-keung e l’attivista Sze Ching-wee.
Diciamolo subito, il cardinale Zen, 90 anni compiuti lo scorso gennaio, non rischia il carcere ma solo una pesante multa in quanto è caduta la principale accusa, quella di collusione con potenze straniere. Sarà quindi processato per la mancata registrazione del Fondo con cui lui e gli altri attivisti pro-democrazia assistevano i manifestanti delle proteste del 2019.
Ma il fatto di evitare il carcere non rende meno grave l’accaduto né diminuirà l’impatto che tale processo avrà nelle relazioni con la Santa Sede. Non può infatti sfuggire il fatto che il processo si terrà proprio nel momento in cui si dovrà decidere sulla conferma per altri due anni del controverso accordo segreto fra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi, che scade il 22 ottobre e fu firmato per la prima volta nel 2018. A meno di colpi di scena dell’ultima ora l’accordo sarà confermato, visto che lo stesso Papa Francesco si è espresso pubblicamente a favore, e senza riserve, nell’intervista rilasciata alla Reuters all’inizio di luglio. Ma la conferma avverrà con davanti l’immagine del cardinale Zen trascinato in tribunale, quel cardinale che più di tutti si è speso per mettere in guardia la Santa Sede dal firmare questo accordo. Sarà un’ulteriore umiliazione per la Chiesa cattolica, una prova di forza del regime comunista che intende dimostrare di poter imporre qualsiasi accordo alle sue condizioni e di aver piegato anche la Chiesa.
E il volto del cardinale Zen in tribunale sarà lì a ricordare quanto avesse ragione – checché ne pensino il Papa e i “teorici” della Comunità di Sant’Egidio – nel prevedere il disastro per la Chiesa cinese. In quattro anni non solo sono stati nominati appena sei vescovi (36 diocesi restano ancora senza titolare), ma in tutta la Cina si è intensificata la persecuzione, soprattutto nei confronti di quanti non hanno voluto cedere all’Associazione patriottica dei cattolici, un organismo di fatto controllato dal Partito Comunista. Per il dettaglio della situazione, compresi i non pochi vescovi in carcere o impediti di esercitare il proprio ministero, si può leggere questo puntuale articolo di Sandro Magister. Fatto è che si è realizzato esattamente quanto previsto dal cardinale Zen: la Santa Sede ha ceduto tutto, dando in pasto al regime comunista i cattolici fedeli a Roma, senza ottenere nulla di significativo.
La mannaia di Pechino si è poi abbattuta anche su Hong Kong, come il processo a Zen e soci dimostra, senza che la Santa Sede abbia accennato a una parola di protesta, anzi si è subito premurata di affermare che tale situazione, per quanto spiacevole, non avrebbe inciso sul rinnovo dell’accordo con Pechino.
Basterà vedere il cardinale Zen in tribunale per inchiodare i diplomatici della Santa Sede alle loro responsabilità, per chiedere conto di questo tradimento dei cattolici perseguitati, anzi per aver contribuito ad aumentare la persecuzione. E purtroppo i cinesi non sono neanche gli unici, basti vedere cosa sta avvenendo in Nicaragua (qui e qui) e a Cuba (qui). Sarà un caso, ma si tratta sempre di regimi comunisti.