Polonia e Ungheria, governi colpevoli di essere cristiani
In Polonia e Ungheria, le opposizioni, spalleggiate dall'Ue, lanciano una campagna preventiva. L'Ungheria, per la sua legge contro la pedofilia, su cui si terrà un referendum, è accusata di discriminare gli LGBTI, la Polonia di diseducare i bambini nelle scuole dove sono vietate le lezioni di ONG pro aborto e gender.
In Polonia ed Ungheria i governi lavorano per il popolo e la libertà di educazione, le opposizioni, spalleggiate da Europa e lobbies LGBTI, per potere e neo colonialismo tirannico. Il mese di gennaio aveva fatto ben sperare, una donna alla Presidenza della Repubblica ungherese, nulla di meglio per le femministe mondiali, ma l’ex Ministro della famiglia Katalin Novak, per l’appunto ha avuto un effetto contrario sulle lobbies globaliste: donna di sesso femminile, mamma e pure cristiana? "L’ennesimo affronto dell’autocrate e tiranno Orban alla modernità!"
Come se non bastasse, il 9 gennaio la Corte Costituzionale ungherese aveva confermato tutti e quattro i quesiti referendari consultivi promossi dal governo ungherese con i quali si chiede ai cittadini di confermare le scelte di Orban a difesa della integrità educativa di bambini ed adolescenti e dei diritti dei genitori in ambito educativo e scolastico, quella Legge anti-pedofilia, ribattezzata tragicamente dall’Europa e dalle lobbies LGBTI, ‘Legge anti gay’. Se esistesse ancora la logica ed il buon senso, in questa definizione distorta, troveremmo la conferma che dunque le lobbies LGBTI si autodefiniscono pedofile. Il 12 gennaio, giorno in cui Orban annunciava l’introduzione di ‘prezzi di Stato’ sui importanti beni alimentari (zucchero, farina di frumento, olio di semi di girasole, coscia di maiale, petto di pollo e del latte) per porre freno alla inflazione, ben 10 ONG sostenute da Soros (Amnesty International e Budapest Lgbti Pride in testa), pubblicavano un lettera sul sito ‘Ungarn Heute’ per invitare gli elettori ad invalidare il referendum per evitare che si possa raggiungere il numero legale (che comunque non invaliderebbe la legge in vigore) su quesiti ‘discriminanti’ le persone LGBTI.
Il giorno seguente partiva la virulenta campagna preventiva costruita ad arte, per poter dichiarare la possibile vittoria di Orban e della sua coalizione alle prossime elezioni, fin da ora una truffa antidemocratica. Daniel Hegedüs, che è Transatlantic Fellow per l'Europa centrale al German Marshall Fund degli Stati Uniti (Fondo finanziato dai ben noti filantropi), nel suo lungo sproloquio su Euronews dichiarava che le ultime elezioni valide tenutesi nel Paese fossero quelle del 2010 e che l’Europa doveva sin da ora prepararsi per dichiarare le elezioni del 3 aprile invalide e truccate (ovviamente se dovesse vincere Orban, non in caso prevalesse la coalizione arcobaleno). Lo stesso 13 gennaio, l’Agenzia France-Presse (AFP) annunciava di aver lanciato il sito web lakmusz.hu per combattere la disinformazione elettorale in Ungheria, anche grazie al contributo finanziario ricevuto dalle istituzioni europee. Nemmeno 24 ore dopo, 14 gennaio, la Commissaria Europea dei Diritti Umani del Consiglio di Europa Dunja Mijatovic, esprimeva la più folle delle dichiarazioni: “Il governo Orban deve smettere di strumentalizzare le persone LGBTI…il referendum è profondamente deplorevole…i quesiti e la legge associano erroneamente l'omosessualità alla pedofilia e limitano la libertà di espressione e di educazione…l’educazione sessuale completa [aborto, contraccezione, dogmi del gender e transgenderismo]… è essenziale e aiuta a costruire società più inclusive”. In una parola, Orban sbaglia a dar voce al popolo e colei che dovrebbe vigilare sui diritti umani a nome della organizzazione che difende stato di diritto e democrazia, vorrebbe imbavagliare il popolo.
Lo stesso giorno, ben 20 ONG scrivevano all’Osce ed al suo dipartimento di controllo elettorale (ODHIR) perché l’organismo compisse un monitoraggio di larga scala, mai fatta nei paesi europei, e non solo una missione elettorale di valutazione, a causa della pericolosa retorica elettorale e la discriminazione verso persone LGBTI (dovuta al referendum) e una trentina di parlamentari europei dei partiti di sinistra scrivevano alla Presidente Von der Leyen per chiedere di cacciare il Commissario Europeo ed ungherese Olivér Várhelyi, perché accusato (senza uno straccio di prova) di sostenere con Orban il caos in Bosnia Erzegovina. Dunque una opposizione europea e globalista determinate a vincere in ogni caso contro Orban ed il suo governo identitario e cristiano, mentre il Primo Ministro ungherese pensa al popolo e si prepara a difendere contro ogni interferenza europea le decisioni contro il ‘caro prezzi’ prese.
Non diverse le vicende polacche degli ultimi giorni, le elezioni saranno il prossimo anno e la guerra sarà lunga. Il 12 gennaio la Commissione annunciava, per bocca della paladina di Soros e dei suoi Valori europei, Vera Jurova che l’Europa aveva deciso di chiedere alla Corte di Giustizia di penalizzare con una multa mensile (oltra a quella per l’uso di carbone) la Polonia per la riforma del sistema giudiziario e la disciplina che punisce i magistrati politicizzati o inadempienti. Il giorno seguente, era uno dei leader dell’opposizione Aleksander Miszalski ad accusare la nuova legge di riforma del sistema scolastico, proposta dal governo cristiano conservatore, di voler riportare gli standard educativi al “passato comunista e di usurpare il diritto dei genitori ad educare i propri figli”.
Peccato che la legge preveda l’opposto, cioè il semplice divieto di insegnare, tramite ONG, la dottrina del gender LGBTI ed abortista nelle aule scolastiche ed istituisca dei supervisori che controllino che ciò non accada e rispettino i diritti dei genitori, oltre ad una razionalizzazione complessiva del sistema. Ovviamente la gran cassa della sinistra europea è già iniziata, ma anche a Varsavia il Governo pensa al popolo e con la sua maggioranza parlamentare approvano lo ‘scudo anti inflazione’ con una taglio netto dal 23% all’8% dell’IVA sul prezzo dei carburanti e dal 5% a zero sui beni alimentari. C’è chi pensa al popolo, chi cerca il potere per indottrinarlo e servirsene.