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Polonia e Spagna: la sinistra pone condizioni anche se perde

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La schizofrenia di tutto l'apparato politico, istituzionale e massmediatico gauchiste si manifesta ogni volta che partiti e coalizioni alternative "rischiano" di andare al governo. Chi si mette di traverso va eliminato.

Esteri 02_11_2023

Nuovi futuri governi in Polonia e Spagna: tutto l’apparato politico, istituzionale e massmediatico occidentale di sinistra è pronto a legittimare solo i propri amici di merende. Chi si mette di traverso, a difesa della cristianità e della nazione, in primis la Chiesa Cattolica, deve essere dileggiato e perseguitato con le solite accuse di connivenza con la pederastia e pedofilia.

Così il leader socialista Sanchez vien dipinto come il  campione del buon governo, nel suo tentativo di formare una maggioranza parlamentare “Frankenstein” con tanto di secessionisti e amnistia per i condannati catalani, dopo aver perso le elezioni del 23 luglio scorso, mentre i leader polacchi  Jarosław Kaczyński dei conservatori del Pis (Prawo i Sprawiedliwość: Diritto e Giustizia) e l’attuale primo ministro polacco Mateusz Morawiecki sono marchiati come terribili autoritari e antidemocratici per i loro tentativi di costruire una maggioranza parlamentare coerente, dopo aver vinto le elezioni del 15 ottobre scorso.

In Polonia, il pizzino è stato inviato dopo lo spoglio dei risultati, quando il 16 ottobre sulle colonne di Project Syndacate, l’house organ di Open Society Foundations, si dava voce alle preoccupazioni sui possibili tentativi di PiS e dei suoi leader, assimilati a quelli di cui sono accusati Donald Trump e Jair Bolsonaro, di rimanere al governo della nazione polacca, agendo con ogni strumento antidemocratico a disposizione.

Ovviamente, le preoccupazioni principali erano rivolte alle decisioni che avrebbe preso il presidente della Repubblica Andrzej Duda. Si temeva dapprima che, seppur rispettando la Costituzione, Duda conferisse l’incarico di presentare il nuovo governo direttamente al PiS. Con il passare delle settimane e la decisione del presidente Duda di convocare il parlamento per il giorno 13 novembre ora si teme che il PiS possa realmente tessere una rete di alleanze e raggiungere i voti necessari per rimanere al governo. Così dobbiamo leggere le continue pressioni che proprio sul capo dello Stato, attraverso una campagna di comunicazione nazionale ed internazionale asfissiante, hanno messo in campo in queste due settimane Donald Tusk, i suoi alleati interni, la presidente della Commissione europea, lobby pro-LGBTI, think tank americani e commentatori di ogni risma.

 I simboli di questi inaccettabili tentativi di condizionamento coloniale sono scolpiti per un verso nei martellanti articoli di The Guardian (solo ieri ancora due editoriali in prima pagina: qui e qui) e Politico, per altro verso dal fermo immagine dell’incontro cordiale tra Donald Tusk e Ursula Von der Leyen che avrebbe rassicurato il leader del primo partito di opposizione, non un primo ministro incaricato, circa la disponibilità a sbloccare i miliardi di fondi europei sino ad ora congelati.

A questa sinfonia macabra che segna una assoluta mancanza di senso e rispetto istituzionale, si aggiungono le mitragliate di comunicati quotidiani di Tusk e dei partiti di opposizione che assicurano di aver già definito gli incarichi di governo e i temi principali, tra cui non solo il recepimento dei fondi europei ma anche il risarcimento miliardario dalla Germania dei danni provocati dalla Seconda Guerra Mondiale, di esser già  pronti a governare dal 14 novembre, giorno seguente la prima convocazione del parlamento. L’idea è chiarissima: con le decine di miliardi di euro che arriverebbero nelle mani del nuovo governo, se fosse guidato da Donald Tusk, non c’è tempo da perdere.

Peccato che ogni consultazione per la formazione del nuovo governo è possibile solo dopo che il presidente Duda avrà dato il mandato ad uno dei due candidati per formarlo. In Polonia, come in Spagna, il mandato viene assegnato al leader o alla persona indicata dal leader del partito che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti alle elezioni. Ciononostante, secondo la narrativa in voga, Tusk dovrebbe governare al più presto e a scapito di tutto, mentre il PiS cristiano e conservatore, nonostante la maggioranza de voti, non avrebbe nemmeno il diritto di tentare di costruire un governo.

Al pari di Tusk, secondo la stessa vulgata illiberale, il socialista spagnolo Pedro Sanchez ha anch’egli tutti i diritti di governare e anch’egli dovrebbe farlo nonostante stia coalizzando una maggioranza di partiti indipendentisti, secessionisti, contrari alla monarchia parlamentare, alla Chiesa cattolica e alla identità e civiltà del Paese. Anch’egli ha perso le elezioni, ha dovuto subire l’umiliazione di veder scelto il leader dei Popolari Alberto Núñez Feijóo il quale, nonostante l’appoggio dei cristiani conservatori di VOX, non volendo cedere alle assurde spinte dei partiti secessionisti, dopo due bocciature parlamentari, si è ritirato in buon ordine lasciando che fosse Sanchez, dal 3 ottobre scorso, a tentare la formazione del nuovo governo.

Così Sanchez, dopo aver stretto l’alleanza con la sinistra rivoluzionaria di Sumar e Podemos e ammansito gli indipendentisti di varie regioni, ha recentissimamente dichiarato di sostenere una completa amnistia per i secessionisti catalani, già condannati nel 2017, pur di rimanere al governo e seguitare nella sua opera di disfacimento del paese. Nei giorni scorsi, Sanchez ha addirittura inviato il numero 3 del PSOE a Bruxelles per colloqui con l’esiliato leader catalano e parlamentare europeo Carles Puigdemont.

Lo stesso Sanchez, il 31 ottobre ha promesso lealtà alla monarchia e alla unità nazionale, in occasione del giuramento sulla Costituzione dell’erede al trono di Spagna Leonor di Borbone. Incurante di manifestazioni popolari e sondaggi che gli sono ampiamente contrari, Sanchez si è mostrato incurante anche del fatto che i leader indipendentisti, comunisti e secessionisti della sua coalizione hanno ribadito lo stesso 31 ottobre l’impegno  a distruggere unità nazionale e monarchia.

Per la Spagna come per la Polonia, la schizofrenia dei mass media, della politica e delle istituzioni occidentali è chiara: c’è un favore per i candidati alle premiership e per le coalizioni liberalsocialiste e cattocomuniste. Anche se perdono devono poter governare nonostante e a tutti i costi. Insopportabile superbia di un socialismo aristocratico e illiberale.    



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