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COVID E OSPEDALI

Pochi posti, lasciati morire gli over 65. La conferma di Bertolaso

Raccontando su Rete4 la sua esperienza di malato di coronavirus, il consulente della Regione Lombardia per l'emergenza sanitaria ed ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha affermato di essere stato privilegiato perché per la scarsità di posti in molte regioni si è deciso chi curare sulla base della carta d'identità. E lui, fosse stato un cittadino normale, non si sarebbe salvato. «Come medico e come cittadino lo ritengo vergognoso per un Paese come il nostro». È la conferma di quanto più volte affermato dalla Nuova Bussola Quotidiana sulla base delle cifre e delle testimonianze, ma che viene censurato dall'informazione dominante.
- IL VIRUS DEL CONTRAPPASSO, di Riccardo Barile

Attualità 11_05_2020

Guido Bertolaso è sicuramente, tra i pazienti che si sono ammalati di Covid in Italia, il più famoso. Il medico romano è stato dal 2001 al 2010 direttore del Dipartimento della Protezione Civile e ha ricoperto l'incarico di commissario straordinario per numerose emergenze: dal terremoto dell'Aquila alla crisi dei rifiuti in Campania, dai rischi bionucleari alla prevenzione della SARS nel 2002-2003, e ha affrontato anche emergenze sanitarie in delicate regioni del mondo come l’Africa.
Chiamato agli inizi di marzo in via straordinaria a ricoprire l'incarico di consulente personale del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana per l'emergenza COVID-19, ha contratto la malattia mentre lavorava sul campo, impegnato nella realizzazione della struttura di terapia intensiva collocata nell’area della Fiera di Milanocity. Bertolaso venne ricoverato presso l’ospedale san Raffaele, e ospite della trasmissione televisiva di Rete4 Stasera Italia, l’ex capo della Protezione Civile ha raccontato la sua esperienza di malato, e di malato grave.

Dalla sua testimonianza sono emerse alcune rivelazioni molto importanti. Innanzitutto ha spiegato di essere stato curato con la Clorochina, farmaco la cui efficacia è stata a lungo messa in dubbio, anche fuori d’Italia. La Clorochina è stata la bestia nera di Anthony Fauci, il virologo americano idolo degli anti-Trump, incensato in Italia da giornali come Repubblica. Anche in Francia il governo di Macron ha ritardato a lungo il suo utilizzo, mentre al contrario in Inghilterra, a Oxford, è stata utilizzata nei medici e negli infermieri addirittura come farmaco preventivo.  “Io sono stato trattato con clorochina da subito” - ha dichiarato Bertolaso - che è da usare immediatamente e che si è dimostrata efficace, assieme a un cocktail di altri farmaci”.

Nel corso del suo intervento, Bertolaso ha raccontato cosa succede nel corso della malattia: “Si prova una paura terribile e angoscia. È una roulette russa, a me è andata molto bene, ho passato alcune giornate difficili, ma fortunatamente sono riuscito a riprendere bene tutta la situazione e ho ripreso subito a lavorare. Se non la provi sulla tua pelle non riesci a capirne la gravità”.

Bertolaso ha poi aggiunto una sua valutazione molto importante su cosa sia successo in Italia nel corso dell’epidemia, a partire proprio dalla sua esperienza personale: “Dei quasi 30mila morti avuti in questi due mesi un numero importantissimo è stato dovuto alla carenza di reparti di rianimazione e dal fatto che gli ospedali erano pieni. Si è dovuto decidere chi ricoverare in terapia intensiva e lo si è fatto sulla base della carta d’identità. Io non sarei stato ammesso in certe regioni d’Italia a quell’assistenza che ho avuto. Come medico e come cittadino lo ritengo vergognoso per un Paese come il nostro”.

Bertolaso dunque conferma autorevolmente - come medico delle emergenze - e come paziente ricoverato per Covid, quelle inquietanti testimonianze più volte emerse: esistevano delle procedure mai ufficialmente codificate ma tacitamente diffuse, accettate e praticate, per le quali un paziente poteva essere ammesso o meno a delle cure intensive (Bertolaso lo aveva già detto anche durante un servizio su La7). La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato più volte (vedi per esempio qui, qui e qui): si tratta delle linee guida per cui i pazienti di età superiore a 75 anni non venivano “selezionati” per ricevere trattamenti intensivi. Bertolaso, tuttavia, ha rivelato che in molti casi questa soglia è stata abbassata a 65 anni. Per questo motivo – lui che è settantenne - ha affermato che se non fosse stato un paziente di riguardo probabilmente sarebbe finito nel novero delle persone destinate semplicemente ad un “accompagnamento compassionevole” alla morte.

Bisogna davvero ringraziare l’onestà intellettuale e morale dell’ex capo della Protezione Civile per aver portato esplicitamente alla luce del sole questo aspetto inquietante dell’epidemia per come si è svolta in Italia. Bertolaso ha sottolineato con forza che deve essere garantita la migliore assistenza a tutti i malati, nessuno escluso. L’età o la presenza di altre patologie non può diventare il pretesto per una selezione eugenetica.

Ma se i posti di terapia intensiva sono pochi? Questa è stata infatti la giustificazione di chi ha cercato di motivare le selezioni. La risposta di Bertolaso è chiara: togliere di mezzo questo alibi aumentando in tutta Italia i posti di terapia intensiva, come è stato fatto a Milano, e come si sta facendo a Civitanova Marche dove - proprio sotto la supervisione di Bertolaso - si sta portando a termine la realizzazione del secondo Covid Hospital con reparti intensivi.

Qualcuno ha parlato di “cattedrali nel deserto”, ma in realtà in un Paese come l’Italia che negli ultimi vent’anni ha tagliato un terzo dei posti letto nei nosocomi, degli ospedali nuovi non saranno mai inutili. Nemmeno se - come in molti ci si attende - il Covid-19 andrà incontro ad una progressiva scomparsa.

Per una eventuale futura crisi sanitaria di qualunque tipo non ci sarà più l’alibi della mancanza di posti.