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L'INTERVISTA

L'allarme dei geriatri: «No a derive eutanasiche su anziani»

«Non lasciate gli anziani al loro destino, il Covid non è la rupe tarpea del darwinismo sociale: il rischio di una deriva eutanasica non è da escludere». Il presidente della Società di Geriatria parla alla Nuova BQ delle vittime più fragili della pandemia e rivela: «La nostra risposta alle superficiali linee guida dei Rianimatori è stata silenziata dai media, che hanno fatto passare quello dell'età come criterio unico per non attivare la ventilazione. La valutazione deve essere multidimensionale: l'anziano può reagire meglio di un adulto a cui l'intubazione può risultare insufficiente».
- L'EUTANASIA DA COVID È UN FATTO GLOBALE di Paolo Gulisano  
- RIANIMATORI E ABBANDONO TERAPEUTICO di Luca Marcolivio
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LA LETTERA: DIO COMPIE COMUNQUE MERAVIGLIE

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Attualità 01_04_2020

«Il Covid non può diventare un esperimento di darwinismo sociale per riequilibrare la sproporzione demografica. Il rischio di una deriva eutanasica sugli anziani non è da escludere a priori». L’appello a favore dei pazienti anziani, i più colpiti dal Coronavirus, arriva direttamente da chi per vocazione e per specializzazione li cura: i geriatri. Il presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (Sigg), Raffaele Antonelli Incalzi, parla in questa intervista alla Nuova Bussola Quotidiana del Covid visto dalla prospettiva dell’anziano. Il luminare, primario di Geriatria al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, ha messo in guardia da un approccio troppo semplicistico in cui rischiano di venire abbandonati gli anziani con la scusa del Covid 19.

Tante belle parole sui nostri “Anchise” da accompagnare, ma nella pratica il rischio che vengano abbandonati senza cure è concreto.

Professore, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) ha inserito nelle sue linee guida un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Questo sancisce l’abbandono dei pazienti anziani?
Il documento degli anestesisti necessita di interpretazione, non va recepito acriticamente. Lo abbiamo detto, peccato che nessuno ci abbia ascoltato.

Perché?
Perché il nostro comunicato non ha goduto di adeguata diffusione.

Che cosa dicevate?
Dicevamo che non ci può essere una Rupe Tarpea, dove gli anziani saranno lasciati al loro destino.

Si pensa che l’anziano possa recuperare più a fatica.
Ma è la presenza di più patologie che condiziona negativamente la prognosi e poiché questo significa mediamente vecchiaia, è ovvio che i pazienti con prognosi peggiori siano in genere più anziani. Ma anche soggetti adulti con particolare profilo di rischio possono avere poche possibilità di recupero da un’insufficienza respiratoria acuta.

Quindi l’età non può essere un criterio da applicare meccanicamente?
No. “La dolorosa selezione dell'ordine di priorità nelle cure intensive può basarsi solo su una valutazione multidimensionale, che tenga conto dello stato di salute funzionale e cognitivo precedente l’infezione”. Fin qui quello che scrivevamo nel comunicato assieme a Filippo Fimognari, presidente SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio). Ma mi faccia dire di più.

Che cosa?
In età giovane-adulta possono esserci concomitanti margini sfavorevoli che rendono inefficace l’intubazione, viceversa può capitare - e capita spesso! - che anche in anziani si possano ottenere recuperi con significativi margini di miglioramento delle aspettative di vita.

Quindi bisogna valutare caso per caso?
Il termine corretto da utilizzare è quello della Valutazione multidimensionale che tenga conto di condizioni funzionali, malattie e altro, permettendo così al medico di effettuare una stima approssimativa, ma ben fondata, dei margini reali di recupero.

Nessuna linea guida, solo l’occhio clinico del medico?
È il principio di proporzionalità della cura, non servono criteri che abbiano come limite la soglia di età perché, oltre che essere antiscientifici, penalizzano anche l’umanità e la competenza del medico, doti che devono essere invece maggiormente sollecitate proprio in questi momenti.

Capita che in alcuni reparti non arrivino neanche gli strumenti di ventilazione, però…
Infatti il primo obiettivo dovrebbe essere l'espansione dell'offerta di strumenti per la ventilazione non invasiva anche nei reparti di Geriatria, Medicina Interna o Malattie infettive.

Vi consola il fatto che le linee guida dei Rianimatori non sono ancora state accettate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che non le ha pubblicate?
No, perché de facto il criterio è stato accettato dalla stampa facendo passare il concetto di abbandono terapeutico.

Crede che questo stia accadendo davvero?
Non ho elementi e continuo a sperare che il medico, ogni medico, sia fedele al giuramento di Ippocrate e non ai media modernisti che hanno colto un approccio conveniente a una risoluzione che minimizza la problematica dell’anziano. Ribadisco: non deve essere l’età da sola che determina il curare con un approccio più o meno aggressivo, più o meno completo. Almeno le cure che alleviano i sintomi e quelle che non si spingano con la ventilazione assistita devono essere sempre garantite.

Può capitare che in molti casi si decida di abbandonare al suo destino l’anziano solo perché considerato vecchio senza neanche provare a curarlo?
Come ho detto il rischio di abbandono terapeutico è possibile che si verifichi, ma io non ho sottomano casi, in questo ho stima della mia categoria e credo che all’atto pratico ognuno di fronte a un paziente riconosca di trovarsi di fronte a un essere umano.

Perché allora parla di rischio?
Perché viviamo in una società eutanasica, mi ha fatto impressione vedere come filosofi o giornalisti vedano questa pandemia come un grande evento di “darwinismo sociale” che tenderà a riequilibrare la sproporzione tra vecchi e giovani.

Una sorta di livella demografica?
La demografia si riequilibra facendo nascere i bambini. Ma l’epidemia sta mostrando che in una società di vecchi si invecchia male, mentre si invecchia bene in una società di giovani.

Intanto gli anziani muoiono da soli negli ospedali…
È un dramma, lo stiamo constatando, ma non abbiamo margini di intervento da suggerire se non quello dell’implementazione dell’assistenza domiciliare purché sia in grado di assicurare umanità e cure.