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SONDAGGI

L'Italia si scopre diversa, ma occhio a non tornare come prima

Una recentissima ricerca promossa dall’agenzia di sondaggi SWG dal titolo “Radar – Niente sarà come prima. Covidistruption” ha fotografato paure e speranze degli italiani: solo il 20% si dichiara tranquillo. Più della metà teme di perdere il lavoro e decresce la fiducia nel governo. La paura del contagio e della morte hanno costretto molti a porsi domande sul vivere e morire ma se ciò non si trasforma in conversione, tornare alle vecchie abitudini sarà un attimo.

Attualità 01_04_2020

Qual è lo stato d’animo degli italiani in questa emergenza sanitaria? Una risposta interessante potrebbe venire da una recentissima ricerca promossa dall’agenzia di sondaggi SWG dal titolo “Radar – Niente sarà come prima. Covidistruption”. L’indagine, che ha interessato 400 persone, ha fotografato paure e speranze del campione in data 28 marzo.

Veniamo ai risultati. Su una scala da 1 a 100 lo stress emotivo è pari a 70, come valore medio rilevato nel campione, uno stress che appare in crescita più passa il tempo. 46 il valore medio riferito invece al timore di peggiorare la propria situazione economica. 50 il grado di fiducia media degli intervistati relativo a come fronteggiare la situazione. Infine è 55 il punteggio medio in merito alla speranza che, al termine della crisi, ci possano essere dei miglioramenti sia a livello personale che in seno alla società.

Il 41% del campione si dice poi abbastanza preoccupato dalla situazione e il 55% molto preoccupato. Un trend in forte crescita nei primi giorni dell’emergenza, ma che ora si è stabilizzato. Le emozioni prevalenti tra gli intervistati, che potevano fornire sino a tre risposte, sono: incertezza (50%) che però per alcuni si mischia alla speranza (37%) e paura, angoscia e tristezza per più di un terzo del campione. Sentimenti di fiducia sono provati solo da una persona su dieci.

Questo ultimo dato deve essere però letto congiuntamente con i seguenti: circa il 20% dichiara che si sente tranquillo e che riesce a tranquillizzare gli altri; circa il 40% ammette di reagire bene anche se a volte lascia trapelare le proprie incertezze; un terzo afferma di tentare di reagire, sebbene nutra molta paura. Il trend degli ultimi giorni indica che, però, più passa il tempo più la resilienza si infiacchisce seppur non in modo significativo.

Il 56% del campione dichiara poi che crede che sia probabile che venga contagiato dal virus. Il 63% ritiene probabile che lo possa contrarre un suo caro. Dunque c’è più preoccupazione per gli altri che per se stessi. Più della metà poi paventa un rischio probabile per sé o per un proprio familiare di perdere il lavoro. Uno su tre ritiene questo rischio molto probabile. Inoltre il 61% considera probabile di dover intaccare i propri risparmi nel mese che verrà (il 37% molto probabile). Sempre sul versante economico il 56% del campione rivela di aver eliminato o limitato le spese superflue. Un terzo invece afferma che spende meno perché ha meno occasione di acquistare beni o servizi.

L’indagine poi si sposta sulle previsioni future. Per la maggioranza del campione (48%) l’emergenza durerà ancora 2 o 3 mesi. Per un quinto degli intervistati sino alla fine dell’estate. Interessante notare che nell’arco di tempo di un mese il numero di coloro che pensavano che la crisi sarebbe durata pochi mesi si è assottigliato assai. Molto rilevante poi il giudizio su se stessi: il 43% dichiara che, finita l’emergenza, sarà migliore. Solo l’8% afferma di credere ad un proprio peggioramento. Il 45% afferma che un certo miglioramento sarà riscontrabile anche nelle altre persone (il 23% però crede ad un loro peggioramento). Le aziende avranno un approccio più attento alle persone, seppur in modo moderato, per il 41%. Un 36% invece pensa che «le aziende saranno più feroci e attente al guadagno». Detto ciò la maggioranza del campione (44%) conclude affermando che l’Italia sarà più debole.

E in merito alle abitudini quotidiane? Un terzo del campione ammette che non ce la fa più a stare a casa; il 37% esprime la forte impazienza nel voler riprendere le proprie abitudini; solo un 14% dichiara che è ormai ai ferri corti con i propri familiari che vivono sotto lo stesso tetto (il trend è comprensibilmente in crescita); il 64% condivide le limitazioni imposte dal governo (il trend è in decrescita). Poi un dato assai interessante: un quarto del campione rivela che «in questa situazione sto conoscendo meglio me stesso e le persone che mi sono intorno». Stessa percentuale afferma che questo periodo si sta rivelando utile per sperimentare nuove attività.

Che dire di questi dati? Lasciando la parola ai sociologi, agli psicologi e psicoterapeuti, ci viene però da appuntare qualche riflessione da semplice uomo della strada (anzi, da uomo da divano visto che le strade oggi sono pressochè interdette). Questa istantanea, che naturalmente necessita di continui aggiornamenti, restituisce una immagine sociale fatta di luci e ombre. C’è comprensibilmente sconforto, incertezza e paura in molti, ma accanto a questi sentimenti ecco che il signor Rossi si scopre anche combattente, più fiducioso nelle proprie risorse che in quello dello Stato.

La struttura economica del Paese uscirà da questa crisi indebolita, ma la società, anzi il singolo ne sarà rafforzato. A tal proposito molto interessanti quelle risposte in cui si mettevano in luce che la condizione presente risulta essere di stimolo positivo per molti, occasione necessitata per tirare fuori il meglio di sé. Le difficoltà pare che svolgano una funzione pedagogica: stimolano una reazione positiva, non annichiliscono.

Inoltre è molto significativa la risposta fornita da un quinto del campione che ammetteva quanto la situazione presente si è rivelata un efficace volano per un processo di introspezione e per scoprire nuove abilità, nuove risorse interiori. La clausura forzata e la paura del contagio e della morte hanno costretto molti a porsi quelle domande essenziali sul vivere e morire che la quotidianità ante coronavirus soverchiava con i suoi ritmi esasperati e con le sue futili ansie. Togliere molto se non tutto nelle abitudini di vita ha svelato l’essenziale, celato dietro il brusio della frenesia della nostra post-modernità, ha obbligato non pochi a calarsi nelle profondità del proprio Io, a scavare a mani nude per portare alla luce desideri autentici, difficoltà sopite, problemi ancestrali. Lo stesso premier Conte, in una delle sue ultime conferenze stampa, ha rivelato che questi giorni così drammatici sono stati per lui – vogliamo così glossare le sue parole - lo specchio in cui guardarsi più da vicino, forse per meglio conoscersi.

L’indagine, come appuntato, si intitola “Niente sarà come prima”. Davvero niente sarà come prima? Difficile dirlo. Potremmo prudentemente ipotizzare che, se questo percorso di introspezione e di recupero di alcuni valori non si trasformerà in vera e propria conversione, tornare agli aperitivi e alle vecchie abitudini sarà un attimo (economia permettendo).