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COMUNISMO CINESE

Paura a Pechino, cinesi vittime dell'ideologia Covid 0

Panico a Pechino perché sono stati individuati i primi casi di Covid e allora la popolazione teme di essere chiusa in casa. Per evitare di fare la fine dei connazionali di Shanghai, rimasti chiusi in casa senza scorte di cibo, iniziano gli accaparramenti. La strategia Covid 0 dimostra di non funzionare. Le autorità ammettono che è una scelta ideologica.

Vita e bioetica 26_04_2022
Pechino, inizia l'accaparramento pre lockdown

Panico a Pechino: sono stati individuati dei nuovi focolai di Covid-19 in una scuola e in un servizio di consegne a domicilio. Nella capitale cinese vivono 21,5 milioni di abitanti e i casi di positività al Covid sinora individuati, il 25 aprile, ammontavano a 29, in crescita rispetto ai giorni precedenti. Si tratta dunque di numeri che non desterebbero preoccupazione in alcun Paese del mondo. Ma che in Cina possono portare alla chiusura dell’intera città, come è già successo a Shanghai. L’obiettivo del governo è sempre quello del Covid 0, dell’azzeramento dei casi, costi quel che costi.

Per cercare di evitare di ripetere il lockdown di Shanghai, che tuttora continua, a Pechino le autorità hanno ordinato un test di massa per tutti i cittadini. Già nelle prime ore della prima giornata sono arrivati i risultati per più di mezzo milione di cittadini, quasi tutti negativi. Anche a Shanghai le autorità avevano cercato di evitare il lockdown, prima con un test di massa, poi con delle chiusure selettive, di quartiere, infine però, a sorpresa, è arrivato l’ordine di stare a casa. Le scene “da film catastrofico” di Shanghai, che ha compiuto quasi un mese di chiusura, sono sotto gli occhi di tutti: le deportazioni coatte nei centri di quarantena, le persone sigillate dall’esterno nei loro appartamenti (in molti casi è stato attivato un allarme elettronico alla porta, per segnalare chi prova ad uscire), i cani-robot che pattugliano le strade diffondendo informazioni sull’igiene e scoprendo chi viola la quarantena, le botte della polizia a chi prova a infrangere le barriere.

Ora anche nella capitale temono di subire lo stesso trattamento e sta già iniziando l’accaparramento dei beni di prima necessità, del cibo prima di tutto. Come dimostra il caso precedente, il cibo finisce in fretta e anche i servizi di consegna a domicilio chiudono o collassano, quindi la gente fa la fame, aspettando che arrivi la consegna del minimo essenziale dallo Stato. quindi nei quartieri più colpiti di Pechino, si formano già le code ai supermercati, mentre gli scaffali si svuotano.

Oltre a Shanghai e a Pechino, stanno subendo, o iniziano a subire misure restrittive altre 20 città, per un totale di 30 milioni di abitanti. In alcune di queste città, come Sanya, sull’isola di Hainan, si può entrare o uscire solo con un certificato di test negativo di 48 ore e con l’equivalente cinese del Green Pass.  

Nonostante le misure rigidissime adottate, il virus si sta comunque diffondendo. Quando la prima chiusura della stagione era stata ordinata a Shanghai, il 27 marzo, la diffusione del Covid-19 riguardava solo 4mila casi. Ora i positivi nella città sono 400mila, cento volte tanto in un mese. Nonostante il lockdown totale, l’individuazione della prima trentina di casi a Pechino dimostra che il virus si è di nuovo diffuso nel Paese. In tutto il territorio della Repubblica Popolare, sono stati registrati in un giorno, ieri, 20.200 nuovi casi. I morti sono 138, dal 17 aprile ad oggi, tutti registrati nella sola Shanghai.

Se la strategia del Covid 0 non funziona, né per prevenire, né per contenere la variante Omicron del coronavirus, allora perché insistere? Anzi: perché, ad ogni insuccesso il sistema si irrigidisce ulteriormente? Sono domande che ci siamo chiesti anche in Italia, a fronte di misure restrittive più blande di quelle cinesi. Ma che trovano risposta in quel che ha affermato, in un articolo, Ma Xiaowei, a capo della Commissione Sanitaria Nazionale della Cina, il massimo organo sanitario della Repubblica Popolare. Ma ha risposto a questa domanda affermando che la decisione per la strategia “Covid 0” è stata presa direttamente da Xi Jinping. E così è azzerata ogni possibile obiezione.

Ma perché ha adottato quella strategia? La scelta è stata ideologica, ammette candidamente l’alto funzionario cinese: “una comprensione ideologica di un problema ideologico”. Secondo i testi di Marx ed Engels, infatti, le epidemie sono causate dal capitalismo. In una società comunista spariranno completamente, ma possono colpire ancora i Paesi socialisti che stanno progredendo verso il comunismo, quale è la Cina. Un virus non può che arrivare dall’estero, da un Paese capitalista e per questo i cinesi hanno sempre attribuito l’origine del Covid agli Stati Uniti (poi anche all’Italia). Non solo: mentre nei Paesi capitalisti le autorità tenderanno a commettere “l’errore di convivere con il virus” per proteggere le classi borghesi, un regime socialista tenderà a proteggere equamente i proletari. Ed è da questo principio che il Partito Comunista Cinese ha ricavato la strategia del Covid 0. Non siamo esenti neanche in Italia da questo modo di ragionare. Soprattutto se pensiamo a quale ideologia credono i ministri che hanno voluto importare, nel 2020, il metodo cinese di lotta al Covid.