Parte il circo del clima, ma l'allarmismo è sempre meno credibile
Inizia oggi in Brasile con la presenza dei capi di stato la COP 30, l'annuale Conferenza internazionale sul clima. Quest'anno è stata preceduta dalla clamorosa "conversione" del fondatore di Microsoft che condanna il catastrofismo. Ma non c'è da fidarsi, ecco perché.
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Il solito circo invernale della Conferenza sul clima – un concentrato di allarmi catastrofisti e soluzioni folli - si apre oggi a Belém, in Brasile, con il vertice dei capi di Stato che durerà due giorni, e terrà banco per due settimane. Ma quest’anno c’è una novità importante: a precederlo, tra i diversi studi che seminano paura tanto per preparare il clima (è proprio il caso di dirlo), è arrivato anche un lungo articolo del filantropo miliardario Bill Gates che suona come un contrordine: il mondo non sta per finire a causa del clima ed è meglio investire per lottare contro la povertà, questo è il succo del suo discorso di cui peraltro abbiamo già dato conto.
Anche se era rivolto propriamente ai partecipanti alla COP 30 (Trentesima Conferenza delle parti, ovvero dei 198 Paesi che hanno ratificato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, UNFCCC), sarà ben difficile che il messaggio di Bill Gates venga recepito immediatamente. Basti pensare che il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in una intervista al quotidiano britannico The Guardian, per dare il senso della COP 30 affermava la settimana scorsa che «abbiamo fallito l’obiettivo di non superare gli 1.5 °C di aumento delle temperature entro i prossimi anni e questo avrà conseguenze devastanti (…). È assolutamente indispensabile cambiare strada per limitare al massimo questo superamento ed evitare altri punti di non ritorno, come potrebbe essere l’Amazzonia. (…) Dobbiamo ottenere una drastica riduzione delle emissioni al più presto possibile».
Ma dietro le dichiarazioni massimaliste e gli scenari catastrofici dipinti, la realtà incombe, e il cambiamento di Bill Gates costituisce una prima breccia nel muro dell’ideologia ecologista che è destinata a provocare presto ben altri crolli. Anche perché Gates in questi anni è stato tra i massimi finanziatori della causa cambioclimatista: si contano poco meno di 8 miliardi di dollari di investimenti personali, oltre a un miliardo e mezzo della Fondazione Bill & Melinda Gates, in gran parte a sostegno della transizione energetica e il resto per lo sviluppo di tecnologie a zero emissioni.
Eppure non c’è da entusiasmarsi troppo per questa “conversione” di Bill Gates. Per due motivi: anzitutto perché seppure il suo messaggio – basta catastrofismo e priorità allo sviluppo – è positivo, il fondatore di Microsoft è ancora lontano dal dire tutta la verità; e, in secondo luogo afferma cose di buon senso con qualche decennio di ritardo (il sottoscritto ha pubblicato la prima denuncia dell’ideologia ambientalista e cambioclimatista nel 2004, 21 anni fa, Le bugie degli ambientalisti, Piemme), tanto da lasciare il fondato dubbio che si tratti di tornaconto politico ed economico.
Quanto al primo aspetto, Bill Gates rinuncia sì al catastrofismo ma non a considerare il cambiamento climatico un problema serio per cui trovare soluzioni. Ma il fatto che il clima sia in continuo cambiamento non è un problema inedito, è la natura, è sempre stato così fin da prima che l’uomo apparisse sulla faccia della terra. E non ci sono evidenze di aumenti recenti di eventi atmosferici estremi, anche questi sempre esistiti, alcuni – come gli uragani - con ritmi ciclici. Il vero problema – e qui finalmente Gates lo riconosce almeno in parte – è, ed è sempre stato, il sottosviluppo.
Perché solo civiltà sviluppate sono in grado di difendersi efficacemente dagli eventi atmosferici, così come dai terremoti e dalle malattie. Non era necessario aspettare di vedere l’uragano Melissa in questi giorni spazzare le coste di Giamaica, Cuba e Haiti provocando 49 morti e distruzioni enormi per rendersi conto che l’impatto sarebbe stato molto più limitato sulle coste americane, dove i sistemi di allarme, le infrastrutture e la struttura delle abitazioni consentono maggiore sicurezza ai cittadini. È sempre stato così.
Affermare dunque che è più sensato concentrarsi sul miglioramento delle condizioni di vita che non sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica è una constatazione tanto banale quanto affermare che in caso di temporale è meglio munirsi di ombrello piuttosto che investire tutti i propri risparmi in tecnologie astruse per impedire la pioggia. Eppure in tutti questi anni chi ha osato affermare questi semplici dati di realtà è stato ostracizzato, insultato, etichettato come “negazionista” e così via (film replicato poi con l’emergenza Covid).
Gates però nel suo scritto, nel continuare a considerare il cambiamento climatico un problema grave, sostiene sempre la necessità di una transizione energetica più rapida possibile, dimenticando che è proprio la demonizzazione dei combustibili fossili che sta creando un impedimento allo sviluppo dei Paesi poveri e sta provocando la crisi economica dei Paesi europei. La verità è che non ci può essere sviluppo senza abbondanza di energia a basso costo, mentre la transizione energetica così come è concepita oggi sta producendo, in proporzione, una diminuzione di energia disponibile e a costi sempre più elevati.
Visti gli enormi investimenti di Bill Gates in progetti per le energie rinnovabili si può capire perché insista sulla transizione energetica, ma allo stesso tempo afferma ora che è sbagliato concentrarsi soltanto sulle emissioni di anidride carbonica. Bisogna invece puntare sullo sviluppo della tecnologia, dice.
E qui entriamo nel secondo punto da sottolineare. La filantropia di Bill Gates così come dei vari miliardari americani segue sempre degli interessi e dei progetti sulla società. Per cui il giudizio sulla realtà è sempre filtrato da tali interessi e progetti, per questo ci si “accorge” di certe realtà evidenti dopo decenni.
Per questo motivo, ad esempio, Richard Lindzen, eminente fisico dell’atmosfera molto critico sul catastrofismo climatico, ritiene che Gates abbia cambiato idea per interessi ben precisi: «Se Microsoft intende continuare a sviluppare l’Intelligenza Artificiale (AI), avranno bisogno di una enorme quantità di energia, vale a dire che l’agenda climatica distruggerebbe Microsoft. Per questo è diventato più prudente».
L’ipotesi di Lindzen si basa su elementi molto concreti. L’AI infatti è una industria energivora, con consumi in rapida crescita al punto che le stime prevedono che nel 2030 i centri che raccolgono i dati dell’AI potrebbero arrivare a consumare fino al 20% dell’intera energia elettrica globale. E il 25% del capitale personale di Bill Gates è investito in azioni Microsoft, azienda che di quell’energia ha un bisogno vitale.
Ciò non esclude che ci possano essere altre motivazioni nel cambiamento di Gates, che rimane comunque benvenuto.
Resta il fatto però che è bene imparare la lezione: le politiche globali seguono gli interessi di élite in grado di influenzare governi, media e opinione pubblica, e non è a questi guru che dobbiamo guardare per capire la realtà in cui viviamo.

