Palestrina e la statua al “principe della musica” caro ai Papi
Il 2 ottobre di cent’anni fa Palestrina inaugurava il monumento dedicato al maggior figlio di questa antica città, Giovanni Pierluigi. Una circostanza che fu salutata con una nobile lettera da Benedetto XV, il quale, prendendo spunto dal grande compositore, rinnovò la richiesta di un rilancio della musica sacra secondo gli auspici di san Pio X.
Cento anni or sono, come oggi, Palestrina inaugurava il monumento dedicato al maggior figlio di questa antica città presso Roma, Giovanni Pierluigi, il «principe della musica» qui nato nel 1525. Parliamo della pregevole statua dello scultore fiorentino Arnaldo Zocchi (1862-1940) che sorge nella centrale piazza Regina Margherita, accanto alla Cattedrale di S. Agapito.
Si voleva erigere un tal monumento quasi trent’anni prima, il 2 febbraio 1894, in occasione del terzo centenario della morte del compositore, ma vi furono difficoltà d’ogni genere. Un contributo economico per l’opera non invano fu chiesto nel maggio 1907 anche ai Canonici di San Pietro, ricordando che «il sommo Palestrina fu per molti anni maestro della Cappella Giulia della Basilica Vaticana, per la quale compose rinomatissime polifonie» (cfr. G. Rostirolla, La Cappella Giulia 1513-2013: Cinque secoli di musica sacra in San Pietro, Bärenreiter, Kassel 2018, p. 1107).
Una suggestiva descrizione della scultura ci è offerta dal discorso detto in Palestrina il giorno dell’inaugurazione dal sottosegretario alle Belle Arti, il liberale lucchese Giovanni Rosadi (1862-1925): «La maestosa figura è effigiata nell’atto di chiedere ispirazione dal cielo; la sua mano stringe il capolavoro, la Messa consacrata a papa Marcello; la destra cadenza il canto ispirato. Fan da magnifico dosso all’opera monumentale la cattedrale dove il maestro accrebbe la sua educazione all’organo e con la guida del coro, e, ne’ suoi mutili avanzi, il vetusto tempio dedicato alla Fortuna Primigenia, una fortuna che anche noi invocheremo per l’avvenire della patria e del suo genio, ma non invocandola dalle ginocchia di Giove e della superstizione, sibbene dalla nobiltà dei propositi e dalla discendenza dei nostri destini. Monumento più alto e suscitatore sia questa virtù di propositi e questa coscienza di destini, oggi rinnovata nelle nostre anime al cospetto di un altro Signore dell’altissimo canto e nell’ora che a lui rendiamo solenne testimonianza della nostra venerazione e gratitudine immortale» (in Conferenze e prolusioni: periodico quindicinale fondato nel 1908 da Federico Garlanda, Società editrice laziale, Torino 1921, p. 358).
Anche Benedetto XV (1854-1922) volle farsi presente spiritualmente inviando come suo rappresentante alla festa il cardinale Vincenzo Vannutelli (1836-1930), Vescovo di Ostia e Palestrina e Decano del Sacro Collegio Cardinalizio. Quanta importanza il Papa della pace attribuisse a questa circostanza può facilmente rilevarsi dalla sua nobile lettera, scritta per l’occasione: «Il monumento che la città di Palestrina innalza al suo grande figlio e la celebrazione inaugurale, che si annunzia in particolare modo solenne, meritano una speciale considerazione della Sede Apostolica» (Benedetto XV, Non senza vivo, 19 settembre 1921).
Tuttavia, l’interesse del pontefice di origine genovese alle onoranze nell’antica Præneste, come pure il nostro, va oltre: esso «deve servire a promuovere sempre più quel fervore di restaurazione musicale, che, iniziato felicemente dal Nostro predecessore di venerata memoria, nel primo anno del suo Pontificato, è andato diffondendosi ed intensificandosi in tutte le regioni della cattolicità». La restaurazione musicale era quella voluta da san Pio X diciotto anni prima con il Motu proprio Tra le sollecitudini, «quasi un codice giuridico della musica sacra» scritto con il proposito che nulla «deve occorrere nel tempio che turbi o anche solo diminuisca la pietà e la devozione dei fedeli, nulla che dia ragionevole motivo di disgusto o di scandalo, nulla soprattutto che direttamente offenda il decoro e la santità delle sacre funzioni e però sia indegno della Casa di orazione e della maestà di Dio» (Pio X, Tra le sollecitudini, 22 novembre 1903).
Benedetto XV non vuole che si raffreddi il fervore acceso dalle «sapienti norme» del suo predecessore, «specialmente per ciò che riguarda la classica polifonia, la quale, come fu detto egregiamente, ottenne il massimo della sua perfezione nella Scuola Romana per opera di Giovanni Pierluigi da Palestrina» (Benedetto XV, ibidem).
Alla riforma decretata da Papa Sarto, Benedetto XV teneva molto. Lo si evince da quante volte ne abbia incoraggiato l’applicazione con la sua parola e con la sua mano generosa: all’inizio del suo pontificato, il 23 settembre 1914, ricevendo le rappresentanze dell’Associazione Italiana di Santa Cecilia e della Pontificia Scuola Superiore di Musica Sacra di Roma; nelle udienze ai vescovi e ai cultori di musica; benedicendo le nuove istituzioni di musica sacra negli Stati Uniti e in Spagna e inviando messaggi ai partecipanti di congressi di liturgia o di musica sacra. Accennavamo a quello che oggi è il Pontificio Istituto di Musica Sacra: la scuola, istituita da san Pio X nel 1910 e aperta il 3 gennaio 1911, fu realmente fondata da Benedetto XV che il 10 luglio 1914, con un rescritto della Segreteria di Stato, la dichiarò Pontificia e le concesse la facoltà di conferire i gradi accademici.
Se ci rattristano i tempi che viviamo, quelli della cancel culture (più cancel che culture, a dire il vero), che esaltano dolorosamente il rifiuto della storia, ci consolano i cittadini palestrinesi, che cento anni fa tributavano onore e gratitudine al più grande dei loro figli e lo stesso facevano trentadue anni dopo, come si vede in un cinegiornale del 29 ottobre 1953. E, nel campo della musica sacra, ci consola chi ha agito per la gloria di Dio, per il decoro del culto liturgico e per il rinnovamento dello spirito cristiano rispondendo alle attese di san Pio X e di Benedetto XV, che chiude la sua lettera dicendo: «In tal modo i fedeli, raccolti in preghiera nel tempio di Dio, più facilmente saranno eccitati alla devozione e meglio si disporranno ad accogliere i frutti della grazia» (Benedetto XV, ibidem).