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16 dicembre

Pagine natalizie, una "novena" di letture con la Bussola

Un brano al giorno di letteratura o spiritualità, scelto e letto da alcuni dei nostri autori che da oggi al 24 dicembre vi accompagneranno... fino a Betlemme. Perché la frenesia lasci spazio all'attesa del Mistero di Dio che si fa Bambino.

Editoriali 16_12_2024

Più che dal fervore, i giorni che ci avvicinano al Natale sono contrassegnati da una frenesia che non lascia molto spazio al vero clima natalizio, quello dell'attesa per la Nascita del Salvatore. Tra viaggi da prenotare, regali da comprare, lavori da chiudere prima delle meritate ferie, molti faticano a ritagliarsi una pausa di silenzio e contemplazione del Mistero di Dio che si fa Bambino. Per questo, accanto alla tradizionale novena di preghiera che da oggi al 24 dicembre si celebra in tutte le chiese, abbiamo pensato di condividere con i nostri lettori un brano al giorno, di letteratura o spiritualità, scelto e letto da alcuni nostri autori: una "novena letteraria" sul canale YouTube della Bussola, per incamminarci giorno dopo giorno e pagina dopo pagina verso Betlemme. Inizia Andrea Zambrano con Giallo e rosa di Giovannino Guareschi:



Si era oramai sotto Natale e bisognava tirar fuori d'urgenza dalla cassetta le statuette del Presepe, ripulirle, ritoccarle col colore, riparare le ammaccature. Ed era già tardi, ma don Camillo stava ancora lavorando in canonica. Sentì bussare alla finestra e, poco dopo, andò ad aprire perché si trattava di Peppone.
Peppone si sedette mentre don Camillo riprendeva le sue faccende e tutt'e due tacquero per un bel po'.
«Vecchio Dio!» esclamò a un tratto Peppone con rabbia.
«Non avevi altro posto che venire in canonica per bestemmiare?» si informò calmo don Camillo. «Non potevi bestemmiare mentre eri alla sede?»
«Non si può più neanche bestemmiare, in sede!» borbottò Peppone. «Perché, anche se uno bestemmia, deve dare delle spiegazioni.»
Don Camillo prese a ritoccare con la biacca la barba di San Giuseppe.
«In questo porco mondo un galantuomo non può più vivere!» esclamò Peppone dopo un po'.
«E cosa ti interessa?» domandò don Camillo. «Sei forse diventato un galantuomo?»
«Lo sono sempre stato.»
«Oh bella! Non l'avrei mai immaginato.»

Don Camillo continuò a ritoccare la barba di San Giuseppe. Poi passò a ritoccargli la veste.
«Ne avete ancora per molto tempo?» si informò Peppone con ira.
«Se mi dai una mano in poco si finisce.»
Peppone era meccanico e aveva mani grandi come badili e dita enormi che facevano fatica a piegarsi. Però, quando uno aveva un cronometro da accomodare, bisognava che andasse da Peppone. Perché, è così, sono proprio gli omoni grossi che son fatti per le cose piccolissime. Filettava la carrozzeria delle macchine e i raggi delle ruote dei barrocci come uno del mestiere.
«Figuratevi! Adesso mi metto a pitturare i santi!» borbottò. «Non mi avrete mica preso per il sagrestano!»
Don Camillo pescò in fondo alla cassetta e tirò su un affarino rosa, grosso quanto un passerotto, ed era proprio il Bambinello.
Peppone si trovò in mano la statuetta senza sapere come e allora prese un pennellino e cominciò a lavorare di fino. Lui di qua e don Camillo di là dalla tavola, senza potersi vedere in faccia perché c'era, fra loro, il barbaglio della lucerna.
«È un mondo porco» disse Peppone. «Non ci si può fidare di nessuno, se uno vuol dire qualcosa. Non mi fido neppure di me stesso.»

Don Camillo era assorbitissimo dal suo lavoro: c'era da rifare tutto il viso della Madonna. Roba fine.
«E di me ti fidi?» chiese don Camillo con indifferenza.
«Non lo so.»
«Prova a dirmi qualcosa, così vedi.»
Peppone finì gli occhi del Bambinello: la cosa più difficile. Poi rinfrescò il rosso delle piccole labbra.
«Vorrei piantare lì tutto» disse Peppone. «Ma non si può.»
«Chi te lo impedisce?»
«Impedirmelo? Io piglio una stanga di ferro e faccio fuori un reggimento.»
«Hai paura?»
«Mai avuto paura al mondo!»
«Io sì, Peppone. Qualche volta ho paura.»
Peppone intinse il pennello.
«Be', qualche volta anch'io» disse Peppone. E appena si sentì.
Don Camillo sospirò anche lui.
«La pallottola mi è passata a quattro dita dalla fronte» raccontò don Camillo. «Se non avessi tirato indietro la testa proprio in quel momento, ci rimanevo secco. È stato un miracolo.»

Ora Peppone aveva finito il viso del bambinello e stava ripassando il rosa del corpo.
«Mi dispiace di averlo sbagliato» borbottò Peppone. «Ma ero troppo lontano e c'erano di mezzo i ciliegi.»
Don Camillo fermò il pennello.
«Me l'aspettavo» spiegò Peppone. «Da tre notti avevo mandato il Brusco a girare attorno alla casa del Pizzi per via che l'altro non facesse fuori il ragazzo. Il ragazzo deve aver visto chi ha sparato dalla finestra contro suo padre e l'altro lo sa. Io intanto giravo attorno a casa vostra. Perché ero sicuro che l'altro sapeva che anche voi sapete chi ha sparato sul Pizzi.»
«L'altro chi?»
«Non lo so» rispose Peppone. «Io l'ho visto di lontano avvicinarsi alla finestra della cappelletta. Ma non potevo sparargli prima che facesse qualcosa. Appena ha sparato ho sparato anch'io. L'ho sbagliato.»
«Sia ringraziato Dio» sospirò don Camillo. «So come spari e allora posso dire che sono stati due i miracoli.»
«Chi sarà? Lo sapete soltanto voi e il ragazzo chi è.»
Don Camillo parlò lentamente.
«Sì, Peppone, lo so, ma nessuna cosa al mondo può farmi violare il segreto della confessione.»
Peppone sospirò e continuò a pitturare.
«C'è qualcosa che non va» sospirò a un tratto. «Mi pare che tutti mi guardino con altri occhi, adesso. Tutti, anche il Brusco.»
«Anche al Brusco sembrerà così, e anche agli altri. A tutti gli altri. Ognuno ha paura dell'altro e ognuno, quando parla, è come se sentisse di doversi sempre difendere.»
«Perché questo?»
«Non facciamo della politica, Peppone.»
Peppone sospirò ancora.
«Mi sento come in galera» disse cupo.
«C'è sempre una porta per scappare da ogni galera di questa terra» rispose don Camillo. «Le galere sono soltanto per il corpo. E il corpo conta poco.»

Oramai il Bambinello era finito e, fresco di colore e così rosa e chiaro, pareva che brillasse in mezzo alla enorme mano scura di Peppone. Peppone lo guardò e gli parve di sentir sulla palma il tepore di quel piccolo corpo. E dimenticò la galera. Depose con delicatezza il Bambinello rosa sulla tavola e don Camillo gli mise vicino la Madonna.
«Il mio bambino sta imparando la poesia di Natale» annunciò con fierezza Peppone. «Sento che tutte le sere sua madre gliela ripassa prima che si addormenti. È un fenomeno.»
«Lo so» ammise don Camillo. «Anche la poesia per il Vescovo l'aveva imparata a meraviglia.»
Peppone si irrigidì.
«Quella è stata una delle vostre più grosse mascalzonate!» esclamò. «Quella me la dovete pagare.»
«A pagare e a morire si fa sempre a tempo» ribatté don Camillo.
Poi, vicino alla Madonna curva sul Bambinello, pose la statuetta del somarello.
«Questo è il figlio di Peppone, questa la moglie di Peppone e questo è Peppone» disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
«E questo è don Camillo!» esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
«Bah! Fra bestie ci si comprende sempre» concluse don Camillo.
Uscendo, Peppone si ritrovò nella cupa notte padana, ma oramai era tranquillissimo perché sentiva ancora nel cavo della mano il tepore del Bambinello rosa.
Poi udì risuonarsi all'orecchio le parole della poesia che oramai sapeva a memoria.
«Quando, la sera della Vigilia, me la dirà, sarà una cosa magnifica!» si rallegrò. «Anche quando comanderà la democrazia proletaria le poesie bisognerà lasciarle stare. Anzi, renderle obbligatorie!»

Il fiume scorreva placido e lento, lì a due passi, sotto l'argine, ed era anche lui una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all'acqua, c'eran voluti mille anni.
E soltanto fra venti generazioni l'acqua avrà levigato un nuovo sassetto.
E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l'ora su macchine a razzo superatomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all'anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato col pennellino.