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DIBATTITO

Omofobia, l'equivoco del male minore

L'on. Gigli precisa ancora: se certi emendamenti passassero, la legge sull'omofobia andrebbe votata. Ma non così la pensa il Magistero (e neanche il buon senso). Una legge intrinsecamente ingiusta non si può mai votare.

Politica 16_08_2013
Gian Luigi Gigli

Caro Direttore,

Non voglio avviare un dibattito online, ma mi sento in dovere di rispondere al suo preciso quesito.

Le confermo pertanto quanto già detto ieri: continuerò fino all'ultimo a cercare di migliorare il testo della Legge "senza per questo calare le braghe e mantenendo la libertà di votare contro (come resto impegnato a fare), se i progressi, come temo, si rivelassero malgrado tutto insufficienti".

Cosa potrebbe essere sufficiente? Anche questo l'ho detto e l'ho scritto negli emendamenti presentati: nessun reato di opinione e clausola di salvaguardia per la libertà di insegnamento e per la libertà di organizzazione e di azione delle istituzioni, oltre che esplicita esclusione delle leggi vigenti (diritto di famiglia, adozione, procreazione).
Resto convinto che se questo risultato, altamente improbabile, fosse conseguibile, esso meriterebbe uno sforzo di avvicinamento da parte nostra.
L'ottimo talora è nemico del bene e il confronto con la Chiesa Anglicana non regge: per fortuna in Italia la Chiesa cattolica non è un organo dello stato.

Infine, per dovere di cronaca, la decisione di far slittare al voto in Aula la discussione sugli emendamenti fu assunta nottetempo dai Capi Gruppo in Commissione Giustizia, su richiesta della Presidente Ferrante, malgrado il voto contrario della Lega. Non vedo cosa avrei potuto fare io, ospite della Commissione, oltre ad esprimere la mia opinione contraria.

Un saluto cordiale

on. Gian Luigi Gigli

 

Caro on. Gigli,

la ringrazio di questa ulteriore precisazione perché ci dà modo di chiarire il punto nodale che, aldilà dei calcoli di opportunità politica, spiega la differenza delle posizioni. Lei dice che, a certe condizioni, una legge sull’omofobia si possa votare; noi invece abbiamo spiegato che qualsiasi legge sull’omofobia implica l’accettazione della cultura di genere, ovvero la negazione del dato naturale (e Creazionale) per cui  esistono solo maschio e femmina. E per questo motivo tale legge non potrà mai essere votata, come peraltro afferma anche il Magistero. L’ottimo è nemico del bene, dice lei, lasciando intendere che in questo caso si possa invocare la “legge” del male minore. Ma non è così. E per spiegare questo punto, che è centrale, proponiamo a tutti i lettori un articolo sul tema, di Tommaso Scandroglio. (Riccardo Cascioli)

 

Come è noto è in corso nelle aule parlamentari il dibattito sulla proposta di legge anti-omofobia. Qual è l’atteggiamento che il politico cattolico dovrebbe tenere nei confronti di questo testo? Quali i suoi spazi di manovra leciti sul piano morale?

Ci viene in soccorso il numero 73 dell’Evangelium Vitae: “Quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica” (in modo analogo si esprime la Congregazione per la Dottrina della Fede nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica al numero 4). Ovviamente il caso dell’aborto può essere esteso per analogia al caso di una legge come quella voluta dall’on. Scalfarotto.

Questo passo dell’Evangelium Vitae fa venire in mente immediatamente quegli emendamenti al testo presentato alla Camera che prevedono clausole di garanzia per la libertà di espressione e la libertà religiosa. Un modo – si potrebbe dire – per attenuare la portata lesiva della proposta di legge. In linea teorica dunque il politico cattolico che presentasse questi emendamenti migliorativi rientrerebbe nel caso prospettato al numero 73.

Però occorre fare due rilievi: uno di ordine valutativo e un secondo attinente alle strategie poste in campo. In merito al primo punto, viene da chiedersi se quella condizione prevista da Giovanni Paolo II che riguarda l’inevitabilità del varo di una legge ingiusta si sia effettivamente verificata nel caso di specie. Siamo davvero così sicuri che il meteorite della legge sull’omofobia colpirà il nostro italico stivale? Siamo certi che un’opposizione radicale e a tutto campo a questa legge, opposizione che coinvolga culturalmente anche il consesso sociale, non potrebbe sortire l’effetto di scongiurare il varo della proposta di legge? Viene il sospetto – ma è solo tale – che qualche politico cattolico quando qualche mese or sono vide spuntare all’orizzonte questa proposta di legge già si dichiarò sconfitto in anticipo.

Seconda nota di carattere strategico. Ammettiamo invece che questa legge sicuramente passerà, cattolici volenti o nolenti. Il Papa ci dice che non solo possiamo ma dobbiamo fare tutto il possibile per limitare i danni. Una strada che si potrebbe intraprendere è senza dubbio quella degli emendamenti. Però, ci viene da obiettare, forse non è più efficace, anche in questo particolare frangente, un’opposizione a tutto il testo, senza se e senza ma? 

E’ stata da sempre la tattica riuscitissima usata dai radicali per le campagne su divorzio, aborto, fecondazione artificiale e da ultimo eutanasia. Chiedi cento e mal che vada ti daranno dieci. Se chiedi dieci rischi di non avere nemmeno quello. La stessa strategia è utilizzata dai movimenti pro-life negli States dove si alzano cartelli con scritto “Stop abortion” senza specificare un limite temporale minimo per l’accesso all’aborto, oppure dai gruppi contrari alla pena di morte che non chiedono che il condannato venga ucciso senza farlo soffrire, ma chiedono che non venga ucciso. Punto. E i risultati si vedono.

E poi vale l’insegnamento della storia: le leggi su divorzio, aborto e Fivet non sono un po’ figlie di questa posizione minimalista? A calcio il catenaccio serve sì per non prendere gol, però non si segnerà mai e mai dunque si vincerà un campionato.

Un no a tutto il testo di legge porterebbe con sé anche altri due effetti positivi. In primis manderebbe un segnale culturale forte. L’uomo della strada non fa tanti distinguo tra legge sull’omofobia emendata e non emendata. Opporsi in toto alla proposta avrebbe il merito di denunciare con chiarezza quale è il vero DNA di questa legge: una norma liberticida e che vuole imporre la cultura di genere.

Un secondo effetto positivo sarebbe di carattere personale per il politico cattolico. Ne uscirebbe pulito dal punto di vista massmediatico, senza l’ombra di collusioni o inciuci, perché avrebbe assunto una posizione chiara e netta. I troppi distinguo portano con sé una lunga teoria di chiarimenti su intenzioni e modalità attuative delle intenzioni stesse che in genere interessano solo gli addetti ai lavori ma annoiano tutti gli altri.

Un nota bene doveroso: le considerazioni appena espresse in merito alla valutazione che questa legge può essere ancora uccisa sul nascere e in merito all’inefficacia della strategia che si incardina solo sulla presentazione di emendamenti: sono considerazioni ovviamente opinabili, proprio perché attengono al campo dei giudizi operativi. 

Non è opinabile invece la seguente considerazione: anche a fronte di un testo emendato in meglio il politico cattolico non può che votare contro questa legge.

La Congregazione per la Dottrina della Fede nel documento Dichiarazione sull’aborto procurato al numero 22 scrive: “Dev’essere, in ogni caso, ben chiaro che, qualunque cosa a questo riguardo venga stabilita dalla legge civile, l’uomo non può mai ubbidire ad una legge intrinsecamente immorale[…]. Egli non può né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del suo voto”. Dunque una legge intrinsecamente ingiusta non può essere votata.

Da qui la domanda: la legge sull’omofobia è una legge intrinsecamente immorale? Sì, perché si fonda sul concetto di “genere”, concetto che è in netto contrasto con la verità antropologica che vede l’uomo attratto dalla donna e viceversa. L’omosessualità è contro natura ed invece questa legge vuole imporre con il carcere l’idea che l’omosessualità sia cosa naturale. Poco importa che il concetto sia imbellettato da norme anti-discriminazioni et similia. E’ solo un cavallo di Troia per far passare una legge intrinsecamente ingiusta che rimarrebbe tale anche se emendata. Quello che si vuole vendere non è più tutela per le persone omosessuali, bensì l’omosessualità come orientamento normale.

Ora votare a favore di una legge come questa perché – così si sostiene – perlomeno in tal modo si faranno passare gli emendamenti migliorativi non è lecito sul piano morale. Perché quel voto direbbe sì agli emendamenti e nello stesso tempo direbbe sì anche alle altre parti della legge che accettano la cultura omosessualista.

L’Evangelium Vitae è chiara: il voto è lecito solo alle proposte “mirate a limitare i danni” (corsivo nel testo), non alle proposte mirate sia a limitare i danni che a provocarli seppur con minor carica virulenta. Il voto a tutta la legge Scalfarotto sarebbe da una parte un placet alla limitazione dei danni realizzata grazie agli emendamenti ma dall’altra anche un placet ai “danni” stessi, cioè a tutto il rimanente corpus. E’ un problema squisitamente morale: l’oggetto dell’azione sarebbe non solo la limitazione del danno ma anche la produzione del danno, cioè la generazione di un male morale. E mai si può compiere il male, anche a prezzo di essere costretti a vedere il varo della versione peggiore di una legge. In caso contrario cadremmo nell’utilitarismo: faccio il male ma in vista di un bene futuro.

Qualcuno dirà: meglio collaborare a fare il male minore, piuttosto che lasciare mano libera agli altri di compiere il male maggiore. Purtroppo, come accennato, il male anche se piccolo mai si può compiere. Si può compiere solo il bene, a volte il maggior bene possibile anche se non è quello perfetto.