Obbligo vaccinale, tre motivi per cui è incostituzionale
I vaccini anti-Covid non prevengono la diffusione del virus e ciò fa venire meno un presupposto giuridico fondamentale per imporre l’obbligo vaccinale. Esso potrebbe comunque trovare giustificazione in caso di sofferenza del sistema sanitario? Sì, ma solo se questa non fosse altrimenti superabile: ci sono però almeno tre aspetti che minano le ragioni di chi chiede il vaccino obbligatorio.
La situazione epidemiologica nazionale conferma quello che si sospettava già da tempo (e che ben conoscevano le case farmaceutiche), ovvero che l’efficacia del vaccino, nella prevenzione dell’infezione da Covid-19 e nella capacità di impedire il contagio, già scarsa al momento della vaccinazione, si riduce progressivamente in pochi mesi fino ad annullarsi. I rapporti pubblicati dall’ISS confermano questo andamento (vedi qui e qui). Picchi di contagi giornalieri più alti mai registrati dall’inizio della pandemia, focolai anche fra le categorie di lavoratori ove sono tutti, per legge, vaccinati (si pensi ai sanitari), positivi addirittura fra coloro che hanno assunto la terza dose, confermano l’inefficacia del vaccino come mezzo di prevenzione della trasmissione del virus.
Con un po’ di buon senso, il Governo valuterebbe l’adozione di nuovi strumenti per fronteggiare l’epidemia. Figurarsi! Si intensificano le misure a favore della campagna vaccinale e si insiste sull’obbligo. Proroga dello stato di emergenza al 31 marzo 2022; approvazione del vaccino per i bambini di 5-11 anni; terza dose a soli 4 mesi dalla seconda; estensione dei luoghi e dei servizi ove è necessario il super green pass; e, come se non bastasse, nuovi provvedimenti per colpire i non vaccinati, come l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto 50 anni (vedi qui) e l’estensione del green pass per l’accesso a nuovi servizi (vedi qui).
Si è visto che, se il vaccino non è in grado di garantire un ragionevole grado di efficacia nella prevenzione della diffusione del Covid-19, viene a mancare il requisito della funzione protettiva degli altri, quale presupposto costituzionale per l’imposizione del trattamento sanitario, secondo l’orientamento consolidato della Corte costituzionale (vedi qui).
Vero è però che l’obbligo vaccinale potrebbe trovare giustificazione sulla base dei dati pubblicati dall’ISS relativi all’alta efficacia del vaccino nella prevenzione dell’insorgere della malattia nella sua forma severa (efficacia superiore al 90%), al fine di garantire l’efficienza del servizio sanitario nazionale in termini di sostenibilità dei ricoveri e della limitata capacità ricettiva della terapia intensiva: se infatti i malati di Covid-19 ingolfano gli ospedali e i limitati posti delle terapie intensive, il sistema sanitario va in tilt. Codesta argomentazione (apparentemente saggia e corretta), su cui l’azione del Governo fonda le sue (ultime) ragioni a sostegno della campagna e dell’obbligo vaccinale, e che trova il sostegno della quasi totalità dei mezzi di informazione, risulta tuttavia non ragionevole ed è criticabile sotto diversi aspetti.
In primis, l’imposizione dell’obbligo vaccinale (nella sua forma diretta o indiretta a mezzo del green pass) è giustificabile soltanto in quei casi in cui vi sia un’effettiva sofferenza del sistema sanitario nazionale. Si è visto, invece, che il Governo ha adottato i primi provvedimenti impositivi dell’obbligo vaccinale e del green pass allorquando una tale emergenza sanitaria non sussisteva (si pensi ai provvedimenti approvati in piena estate, con ospedali e terapie intensive vuote). Peraltro, se è vero che, ad oggi, si registrano picchi di contagi (anche e soprattutto fra soggetti vaccinati), ciò nonostante il sistema sanitario, a differenza di un anno fa, regge ampiamente l’assistenza e la cura dei malati (di Covid o di altre patologie), con ricoveri nella norma stagionale e con terapie intensive occupate soltanto al 16% (al 7 gennaio 2022) da pazienti Covid. Dunque, se non vi è una concreta emergenza in termini di assistenza sanitaria, viene meno l’esigenza di tutela della sanità pubblica, quale presupposto di ragionevolezza e legittimità costituzionale dei più recenti provvedimenti impositivi dell’obbligo vaccinale e/o del green pass.
In secondo luogo, la sofferenza del sistema sanitario nell’assistenza e nella cura dei malati di Covid-19, per costituire il presupposto di sanità pubblica giustificativo dell’obbligo vaccinale, dovrebbe essere non altrimenti superabile. Si intende qui affermare che le istituzioni pubbliche, prima di approvare provvedimenti impositivi di un trattamento sanitario che comporta eventi avversi anche gravi (si registrano i primi decessi, vedi qui), avrebbero potuto e dovuto affrontare la questione della carenza dei posti negli ospedali con strumenti alternativi, in modo da recare il minor pregiudizio possibile alla salute collettiva. Come mai il Governo, tanto solerte nell’approvare provvedimenti impositivi e nell’organizzare un piano vaccinale che in pochi mesi ha già avviato la terza dose, non è stato altrettanto solerte e previdente, in questi 2 anni di “pandemia”, a rafforzare il sistema sanitario nazionale, incrementando il personale, i posti letto in ospedale e le terapie intensive?
Con l’inizio del nuovo anno, dopo decine e decine di decreti legge, l’Italia si ritrova a dover far fronte alla stesse carenze di strutture e di organico che gravano sul sistema sanitario da anni (frutto dei passati tagli), per di più con un personale sanitario ridotto proprio a causa delle decisioni politiche intraprese per sospendere dall’esercizio della professione migliaia di medici, infermieri e operatori sanitari che non si sono piegati alla forzata somministrazione del vaccino. Ci si domanda: è stata una strategia efficace e vincente? In due anni dallo scoppio dell’epidemia, non si potevano investire risorse per potenziare il sistema sanitario e le cure domiciliari, anziché investire soltanto sul vaccino? Vaccinare tutti, compresi bambini, giovani e persone sane, è il modo migliore per tutelare la salute pubblica? Criteri di precauzione, ragionevolezza e proporzionalità non imponevano di agire a tutela della salute delle persone anziane e più fragili, le più colpite dal virus?
Come terzo aspetto, si ponga l’attenzione sul seguente fatto: i dati ufficiali sulla diffusione del virus e sull’efficacia e sicurezza del vaccino sono elaborati e diffusi dalle medesime autorità (OMS, EMA, ISS, AIFA ecc.) che sono le protagoniste della campagna vaccinale e hanno autorizzato l’immissione in commercio dei vari vaccini. Queste autorità in realtà operano in maniera non indipendente. Non è questo il luogo per una trattazione ampia dell’argomento dei conflitti di interesse. Basti qui ricordare che l’EMA è finanziata (per la stragrande maggioranza delle sue risorse) dalle medesime case farmaceutiche che producono i vaccini e che l’ISS e l’AIFA e le altre agenzie statali svolgono la loro attività sotto il controllo e in dipendenza delle decisioni assunte dall’EMA e dall’OMS. Ciò considerato, è evidente che i dati sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini pubblicati da EMA, AIFA ed ISS vanno recepiti con estrema cautela e col beneficio del dubbio fino a quando non saranno confermati, nel tempo, da studi clinici indipendenti.
Questi tre aspetti minano le ragioni di coloro che giustificano l’azione del Governo, intento solamente a colpire i non vaccinati con misure sempre più restringenti dei loro diritti e libertà. Appare ormai evidente che non sono i non vaccinati (una piccola fetta della popolazione pari al 10% del totale) il vero problema dell’emergenza sanitaria. Il vero problema è l’azione del Governo che, piegata ad interessi politici e/o privati e/o finanziari che nulla hanno a che fare con la tutela della salute collettiva, si avvale, in modo pretestuoso e ingannevole, del presupposto della necessità di tutelare la sanità pubblica, per imporre la somministrazione di un vaccino di cui non si conoscono gli effetti avversi a lungo, medio e - si può ragionevolmente affermare considerata la totale inefficienza del sistema di farmacovigilanza messo in atto sui vaccini - a breve termine.