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ideologie ecclesiali

Müller: i mea culpa sinodali, una litania in salsa woke

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Tanto politicamente corretto e nessuna preoccupazione per la crisi della fede in Cristo: l'ex prefetto della Dottrina della Fede commenta la veglia penitenziale pre-Sinodo e punta il dito sui curatori fallimentari in tonaca. 

Editoriali 03_10_2024

«All'inizio del sinodo sulla sinodalità, che non è più un sinodo di soli vescovi, ma un'assemblea mista che non rappresenta affatto tutta la Chiesa cattolica, ci sarà una celebrazione penitenziale che culminerà nel pentimento per i peccati appena inventati (dagli uomini!)». Così il cardinale Gerhard Müller commentava a Kath.net l'iniziativa della Veglia penitenziale del 1° ottobre, annunciata dalla Segreteria del Sinodo.

Veglia che si è puntualmente svolta (vedi qui), confermando l'analisi del cardinale, con una pletora di logorroiche “richieste di perdono”, che devono aver assordato persino le orecchie del Padreterno. La testimonianza di una vittima di abusi non ascoltata per anni (no, non erano le sorelle abusate da Rupnik), una prosopopea per le ONG che salvano le vite nel Mediterraneo, una riflessione di una consacrata della comunità che fu di Padre Paolo Dall'Oglio, S.I.
Quindi la sfilata dei cardinali: Czerny che chiede perdono «per aver trasformato il creato da giardino a deserto», per le discriminazioni «contro le popolazioni indigene», per la «globalizzazione dell'indifferenza» di fronte alle tragedie del fenomeno migratorio; O'Malley per gli abusi sessuali (forse l'unico vero peccato, nonché crimine canonico, della lista); Farrell per il peccato contro la dignità delle donne e il loro sfruttamento «specie nella vita consacrata» (sic!), per tutte le volte «che abbiamo giudicato e condannato prima di prenderci cura della fragilità e delle ferite della famiglia». Le allusioni di Farrell diventano ancora più esplicite quando chiede perdono per «aver rubato la speranza e l'amore alle giovani generazioni, quando non abbiamo compreso la delicatezza dei passaggi di crescita, del travaglio della formazione dell'identità» e per l'uso «della pena di morte», che ormai pare esser divenuto un peccato a prescindere.

Disarmante per buaggine la richiesta di perdono di López Romero «per aver girato la testa dall'altra parte di fronte al sacramento del povero, preferendo adornare noi stessi e l'altare di colpevoli preziosità che sottraggono il pane all'affamato»; né poteva mancare la preferenza a rimanere «dentro i nostri spazi ecclesiali malati di autoreferenzialità, resistendo a uscire, trascurando la missione nelle periferie geografiche ed esistenziali». È il turno di Fernández, che chiede perdono per tutte le volte che non siamo stati capaci di annunciare il Vangelo come «fonte viva di eterna novità, forse indottrinandolo e rischiando di ridurlo a un cumulo di pietre morte da scagliare contro gli altri»; e per quando «abbiamo dato giustificazioni dottrinali a trattamenti disumani». Schönborn chiude la litania ideologica con il mea culpa «per gli ostacoli che frapponiamo ad una chiesa veramente sinodale, sinfonica, […], preferendo ascoltare noi stessi, difendendo opinioni e ideologie che feriscono la comunione», e per aver «soffocato la pluralità».

Invocazioni di perdono, che il Papa, poco dopo, nel suo intervento, ha rivendicato come sue idee; idee che trasudano di malata ideologia, peccati, come aveva detto giustamente Müller, che sono frutto della fantasia degli uomini, come gli idoli che ne hanno ispirato il “pentimento”: l'immigrazionismo, l'ambientalismo, il pauperismo, etc. Ideologie appunto, che rivelano anche l'ipocrisia di chi punta il dito contro l'abbellimento degli altari, ma poi si fa fotografare, nota Müller, insieme «agli oligarchi miliardari o ai "filantropi" che prima sfruttano spudoratamente le grandi masse del popolo per poi essere celebrati come loro benefattori con qualche elemosina».
Lungi dall'essere una vera richiesta di perdono, «il catalogo proposto dei presunti peccati contro la dottrina della Chiesa, usata a sproposito come un missile, o contro la sinodalità, qualunque cosa si intenda con ciò, appare come una checklist dell'ideologia woke e gender cristianamente malcelata», «invenzioni teologicamente assurde degli “agitati” sinodali», frammiste a peccati veri, come quelli degli abusi sessuali, «per ingannare le persone in buona fede».

La critica dell'ex-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede alla “richiesta di perdono” espressa da Tucho, si fa ancora più pungente: «L'insegnamento della Chiesa non è, come pensano alcuni anti-intellettuali nell'episcopato, che amano riferirsi ai loro talenti pastorali a causa della loro mancanza di formazione teologica, una teoria accademica sulla fede, ma l'esposizione ragionevole della parola rivelata di Dio (1 Pt 3,15), che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità attraverso l'unico mediatore tra Dio e gli uomini».

L'ideologia irrealista di queste singolari litanie penitenziali si manifesta con chiarezza nell'assenza dall'elenco di una grave mancanza dei pastori odierni: la loro complicità con i poteri forti di questo mondo e le loro parole annacquate dal curialese, quando non apertamente eterodosse, che hanno contribuito a desertificare la Chiesa. La Chiesa, non l'ambiente. I fautori della “chiesa sinodale”, incalza Müller, «sono più preoccupati di acquisire posizioni influenti e di far passare i loro ideologismi acattolici che di rinnovare la fede in Cristo nei cuori delle persone. Il fatto che le istituzioni ecclesiastiche in Paesi un tempo interamente cristiani si stiano disintegrando (seminari vuoti, comunità religiose morenti, matrimoni e famiglie distrutte, dimissioni di massa dalla Chiesa: diversi milioni di cattolici in Germania) non li scuote nel profondo. Perseguono ostinatamente il loro programma, che vuole arrivare alla distruzione dell'antropologia cristiana, fino a quando l'ultimo spegne la luce e le casse della chiesa sono vuote». Curatori fallimentari in tonaca.

Il rinnovamento della Chiesa non passa per uno pseudo-sinodo ideologico, ma per la confessione di Gesù Cristo: «Ci sarà un rinnovamento della Chiesa nello Spirito Santo solo se il Papa confesserà coraggiosamente e ad alta voce Gesù a nome di tutti i cristiani e gli dirà: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16)». L'esatto opposto di quanto detto a Singapore. Per quelle parole – a proposito –, perdonaci, Signore.



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