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il caso canepa

Morì per il vaccino, medici indagati. Denunciare le trombosi era tabù

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Caso Camilla Canepa, morta per trombosi da vaccino Astrazeneca. La Procura accusa quattro sanitari di omicidio colposo: «Dovevano riconoscere la sindrome da VITT». Ma all'epoca era tabù anche solo parlare di trombosi da vaccino, tanto che il professore che la scoprì, in Italia fu ridimensionato. 

Attualità 09_03_2024

Omicidio colposo. È questa l’accusa che la Procura di Genova contesta a quattro medici dell’ospedale di Lavagna iscritti nel registro degli indagati per la morte di Camilla Canepa. La giovane di 18 anni era deceduta il 10 giugno 2021 a seguito di una trombosi che successivamente si è appurato essere stata provocata dalla vaccinazione con Astra Zeneca effettuata pochi giorni prima, il 25 maggio, ad un open day della sua città.

La notizia è clamorosa perché siamo di fronte ad un’accusa non rivolta ai medici vaccinatori, ma a quei sanitari che secondo l’accusa avrebbero dovuto provvedere, in occasione dell'accesso della ragazza al pronto soccorso di Lavagna nella serata del 3 giugno 2021, all'effettuazione di tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato dalla Regione Liguria per il trattamento della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia) e che pertanto sarebbero esclusi dallo scudo penale.

Secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo questi approfondimenti diagnostici avrebbero consentito di poter arrivare ad una diagnosi e adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che probabilmente avrebbe consentito alla ragazza di superare la crisi e di sopravvivere.

Ora i medici avranno 20 giorni di tempo per chiedere di farsi interrogare.

Ricordiamo che dall’autopsia effettuata sul corpo di Camilla, morta poi il 10 giugno 2021 al San Martino di Genova, era emerso che «non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco». Dunque, la morte per trombosi era «ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid». Oltre all’omicidio colposo, con un quinto medico, ai 4 sanitari è contestato anche il falso ideologico per non aver inserito nella documentazione sanitaria che la ragazza era appena stata sottoposta a vaccinazione anti Covid.

Fin qui gli sviluppi della cronaca.

Alcune considerazioni però si impongono perché il grande interrogativo su questa vicenda è legato a come considerare questo caso, se un caso di malasanità o se invece qualche cosa di più e precisamente un caso - arrivato a conclusione delle indagini - capace di spingerci verso i danni che la vaccinazione imposta ha provocato in migliaia di cittadini, non solo nella povera ragazza ligure.

Tutto, infatti, ruota attorno alla sindrome da Vitt, la trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino che, è stato appurato, ha provocato la morte della giovane. Secondo la Procura, i medici avrebbero avuto il compito di attuare il protocollo previsto dalla Regione per riconoscerla e curarla, ma la vera sfida sarà dimostrare che questa sindrome fosse già ampiamente conosciuta nella letteratura medica di quel periodo e soprattutto nelle informazioni che le autorità sanitarie come l’Aifa davano ai servizi di medicina. Un conto è parlarne sui giornali o inviare una circolare, un conto è una reazione avversa che si afferma perché tutti ne parlano.

Dunque, la Liguria aveva già all’epoca un protocollo per riconoscerla, ma altre regioni si sono attrezzate successivamente per farlo proprio in relazione al vaccino anti Sars Cov 2. Ad esempio, la vicina Toscana, il cui protocollo porta la data del 22 giugno. E porta la data del 26 maggio il primo documento della commissione europea di valutazione della sicurezza dei farmaci che informava  - in Italia tramite l'Aifa - i medici non specialisti su come affrontare questa nuova patologia. Camilla si sarebbe vaccinata appena due giorni dopo. 

La Vitt, infatti, era stata scoperta solo pochi mesi prima dall’equipe del professor Andreas Greinacher dell’Università tedesca di Grefswald con uno studio pubblicato il 9 aprile 2021 sul The New England journal of medicine: lo studio dimostrò che la vaccinazione con i vaccini a vettore virale come quello della casa di Oxford poteva provocare rari casi di trombocitopenia trombotica. I paesi che stavano somministrando il vaccino AZ si adeguarono in ordine sparso spostando le età dei pazienti a cui rivolgere quel tipo di inoculo. In Italia, invece, evidentemente si proseguì ancora qualche tempo prima di arrivare a sospendere il vaccino inglese.

Ma l’approccio, all’epoca, bisogna ricordarlo, non era così sereno come oggi. Oggi, infatti, si dà ormai per assodato che il vaccino provocasse trombosi di quel tipo e che i medici dovevano riconoscerle come tali. Ma ci ricordiamo come erano quei mesi? Mesi nei quali nessuno parlava di reazioni avverse e l’opinione pubblica era praticamente anestetizzata da qualunque tipo di minaccia potesse causare un rallentamento della campagna vaccinale?

Per fare un esempio. Della conferenza stampa del professor Greinacher si parlò a mala pena in Italia (uno dei pochi giornali che vi partecipò fu il Fatto Quotidiano) mentre l’approccio degli altri giornali fu di sostanziale rassicurazione.

Il 22 aprile, ad esempio, il Corriere Salute fece un servizio molto documentato per parlare delle trombosi, ma sempre con il noto approccio “da pompiere” che caratterizzava la produzione giornalistica dell’epoca. Si dava conto della ricerca di Greiswald con dovizia di particolari, ma con il controbilanciamento di posizioni come quella del professor Giuseppe Remuzzi volte a rassicurare: studiare e capire, ma le probabilità sono basse, la campagna vaccinale non deve fermarsi.

Questo era l’approccio che portò quindi il Ministero e Aifa a non sospendere da subito la vaccinazione con Astra Zeneca pur essendo già emerse evidenze più che sospette perché – e questo era l’altro mantra che si ripeteva – «i benefici superano i rischi». Per la povera Camilla, evidentemente, no.

Ma sarebbe un errore, oggi, derubricare la tragedia della studentessa ad un caso di malasanità.

La Vitt era nota a livello scientifico, ma nascosta dal vociare confuso ed entusiasta della campagna vaccinale in corso: nessuno aveva alzato allarmi particolari perché tutto doveva essere ricondotto alla serenità dell’assenza di effetti avversi e dell’estrema rarità di casi. Del resto, si ricordano allarmi generalizzati della popolazione per paura di trombosi? Tutt’altro.

Quindi i medici potevano non sapere? Potevano non essere stati preparati a capire da subito che quella ragazza stava sviluppando una reazione avversa da vaccino in un periodo in cui nessun medico che volesse conservare il posto di lavoro parlava di reazioni da vaccino? Del resto: gli open day vaccinali - alcuni con giochi a premio annessi e feste della birra - furono creati per spingere al massimo l'acceleratore sulla vaccinazione a tappeto, ma senza fornire ai medici compiti anamnestici di particolare rilevanza per una valutazione di eventuali fattori di rischio. Ma per quei medici lo scudo penale tiene ancora, perché? 

È rispondendo a questo interrogativo che probabilmente oltre a fare giustizia per la povera Camilla, verrà affermato anche un principio ancora oggi negato: le reazioni avverse erano ben note durante la campagna vaccinale, emergevano dai dati di realtà, dalle testimonianze e dagli studi scientifici, potevano emergere dallo studio dei fattori di rischio e non solo per il vaccino Astra Zeneca, ma anche per gli altri vaccini a mRna, che guarda caso non hanno ricevuto l’attenzione di inchieste giudiziarie eclatanti come questa.

Se un medico, come sostiene la Procura, avrebbe dovuto riconoscere la Vitt di cui è morta Camilla da un semplice protocollo, allora lo stesso dovrebbe dirsi per le mio-pericarditi che hanno funestato con conseguenze anche fatali e funestano tuttora la vita di migliaia di danneggiati e di altre patologie. E per tutte le altre patologie di tipo neurologico. Anche di queste c'erano già evidenze e prove in abbondanza e laddove non ci fossero state il principio di preaucuzione avrebbe dovuto fare il resto. 

Riconoscerle in tempo e intervenire subito avrebbe cambiato la loro sorte? Ecco la domanda che l’inchiesta sulla morte di Camilla suscita, oltre alla tristezza immensa per la morte di una giovane vita, indotta a vaccinarsi con leggerezza dallo Stato come milioni di coetanei.



LA MORTE DELLA 18ENNE

Camilla, “morta di vaccino”. Dirlo non è più tabù

22_10_2021 Andrea Zambrano

«Trombosi e diffusa emorragia, da riferirsi a effetti avversi da vaccino anti Covid». La perizia dei tecnici della Procura di Genova che indagano sulla morte della 18enne Camilla Canepa. La notizia "sparisce" dai siti dei principali quotidiani, i quali, quando la giovane morì si affrettarono a escludere qualunque correlazione. I giovani come Camilla sono stati ingannati, con la promessa di una falsa libertà. E alcuni di loro ci hanno rimesso la vita o la salute. 

L'INCHIESTA

La "svista" del Cts: e ora chi risarcisce Camilla?

28_10_2021 Nando Sanvito

L’inchiesta di Report conferma: il CTS autorizzò gli Open day dei giovani quando da mesi si sapeva che, a fronte di un rischio zero di morte per Covid, AstraZeneca provocava decessi. Un errore clamoroso e fatale. Il nodo degli indennizzi e il precedente della Corte Costituzionale sui vaccini "fortemente raccomandati". 

L'INCHIESTA

Camilla, operazione verità su negligenza e rischi vaccino

29_01_2022 Andrea Zambrano

Le prime ammissioni dei medici sulla morte di Camilla Canepa, morta a 18 anni dopo il vaccino. Tra negligenza, superficialità e mancata trasparenza sui rischi i ragazzi sono stati condotti agli open day vaccinali per interesse: ecco perché l'inchiesta può aprire una breccia e far emergere il dramma delle reazioni avverse. Paragone alla Bussola: «Le Regioni hanno avuto il mandato politico di eccellere nelle vaccinazioni e gli ospedali hanno avuto bonus. Ora molte procure sono al lavoro per casi di reazioni avverse».

- EFFETTI NEFASTI DEL GREEN PASS di Stefano Magni

VACCINOCRAZIA

Camilla ingannata, mentre le altre morti sono ignorate

12_06_2021 Andrea Zambrano

Ci si concentra sulla morte di Camilla e si punta il dito su AstraZeneca, ma si ignorano le tante cronache che riferiscono di morti sospette anche da altri vaccini. E' l'emozionalismo di questa campagna vaccinale che va a tentoni e si aggiusta a seconda delle reazioni avverse e delle versioni contraddittorie dei virologi in tv per i quali il vaccino nei giovani è nel suo complesso «figo» e «sicuro», ma anche no. Nel frattempo ingannando e ricattando i giovani ai quali promettiamo la movida che fino a ieri era fonte di contagio.