Meloni ha aspettato che la bomba Spano le scoppiasse tra le mani
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Le dimissioni del capo di gabinetto di Giuli arrivano per troppe cause non chiarite: da un favoritismo al "compagno" alle offese omofobe. Ma non per l'unico motivo per cui non doveva essere nominato: lo scandalo Unar-gay. Meloni dice di «non aver seguito la vicenda», ma poteva disinnescare la bomba un mese fa, quando uscì il nostro primo articolo e la sua nomina non era stata ancora fatta.
Dato che né Francesco Spano né il ministro della Cultura Alessandro Giuli hanno comunicato il motivo reale che ha portato ieri pomeriggio il capo di gabinetto a rassegnare le dimissioni, è lecito pensare che la vicenda che sta di nuovo terremotando il Governo sia destinata ad avere ulteriori sviluppi. Sicuramente le indiscrezioni annunciate sull’inchiesta di Report che andrà in onda domenica sera, hanno pesato e non poco sul clamoroso passo indietro di Spano. E probabilmente peseranno sul destino politico di Giuli, che ora è davvero appeso a un filo.
Nelle ultime ore le probabili motivazioni che hanno portato Spano alle dimissioni sono, e tutte dovrebbero rientrare nella puntata di Report, due: le accuse “omofobe” di un consigliere del IX Municipio di Roma Fabrizio Busnengo, che in una chat di iscritti a Fratelli d’Italia avrebbe apostrofato Spano come un «pederasta»; e successivamente la rivelazione fatta da Repubblica secondo la quale Marco Carnabuci, che è unito civilmente a Spano ha ottenuto un incarico di lavoro al Maxxi quando sia Spano che Giuli erano uno alla guida del Museo di Roma e l’altro suo fedele segretario. Sarebbero dunque delle accuse a Spano pronunciate da uno sconosciuto consigliere di circoscrizione e un caso di “amichettismo” le cause che hanno deciso Giuli ad accogliere le sue dimissioni?
In mezzo, però, nella ridda di ipotesi e voci dal sen fuggite, alimentate anche dalle allusioni che il conduttore di Report Sigrifido Ranucci ha fatto nel corso di due interviste, una a La 7 e l’altra in radio a Un giorno da pecora, sono emerse le motivazioni più strampalate, culminate anche in non meglio precisati “ricatti” a cui il ministro sarebbe sottoposto. Ma la puntata di Report non è ancora andata in onda; quindi, è un gioco sterile quello di andare a ricercare le cause vere delle dimissioni attraverso una cosa che ancora non è stata vista da nessuno.
Una cosa è certa. Spano non si è dimesso per il caso Unar e per il fatto che la sua nomina, di militante Lgbt e del Pd, il cui nome ritorna nelle cronache per lo scandalo dei finanziamenti Unar ai postriboli gay, avesse creato un terremoto nel centrodestra, indignando un intero popolo di elettori pro-vita e cattolici e facendo storcere il naso a più di un militante di FdI e alleato di governo. E questo rende ancor più surreale la vicenda in cui si è cacciato Giuli. In fondo, le lamentele di Pro Vita, che aveva anche raccolto 15000 firme contro la sua nomina, erano già state digerite semplicemente facendo finta che non esistessero.
Però se il Governo di Giorgia Meloni avesse dato credito al nostro allarme prima e all’appello di Pro Vita subito dopo, sicuramente questa bomba non sarebbe scoppiata. Il nostro primo articolo (QUESTO) sul collegamento tra Spano e lo scandalo Unar è del 24 settembre. Un mese fa. Nessuno se n’era accorto, ma a noi quel nome ricordava qualcosa. Sarebbe bastato rendersi conto che in quella notizia c’era già una potenziale bomba pronta ad esplodere nel momento meno opportuno. Del resto, le bombe esplodono sempre quando uno meno se lo aspetta ed è piuttosto da stolti pensare di poter gestire le crisi semplicemente facendo finta che esse non esistano.
Nel nostro primo articolo c’era già tutto: l’indiscrezione secondo cui Giuli stava pensando a Spano, il ricordo di quei fatti e persino le parole della Meloni che nel 2017 chiedeva a gran voce, ottenendole, le dimissioni di Spano dalla guida dell’Unar. Ce n’era abbastanza per sollevare il telefono e chiederne conto al neoministro della cultura alle prese con la formazione della sua squadra e di rinunciare a quel nome per ovvi motivi di opportunità politica. L’unica cosa che non c’era, era la nomina che non era ancora stata fatta; quindi, il tempo di fermare Giuli nel suo proposito, e anche l’autorevolezza di Giorgia Meloni, erano tutti a disposizione. Bastava comunicare a Giuli la non negoziabilità sul fermo proposito di non nominare Spano. In politica si fa così: semplicemente un neoministro, ancorché parvenu del Palazzo, non può impuntarsi su un nome che può creare imbarazzi politici al leader di governo. Ma questo non è stato fatto.
Quella notizia, però, la nomina di Spano, prima probabile nel nostro articolo e poi certa con l’incarico a vicecapo di gabinetto e poi capo di gabinetto dopo il licenziamento in tronco di Francesco Gilioli, se non aveva scosso il governo aveva però messo in moto qualcosa.
Anzitutto il popolo Pro Vita che ha organizzato una massiccia campagna di raccolta firme e di pressioni politiche per chiedere la revoca di Spano. Si tratta di un’azione che oggi fa giustamente esultare Jacopo Coghe che ha detto: «Le dimissioni di Francesco Spano da Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Alessandro Giuli sono la degna conclusione di una vicenda politica indecente gestita in modo fallimentare fin dal principio: il Ministro Giuli non avrebbe mai dovuto promuovere un funzionario legato al Pd di cui lo stesso centrodestra pretese le dimissioni nel 2017 per lo scandalo LGBT all’Unar e Palazzo Chigi non avrebbe mai dovuto dare il suo benestare. In queste settimane Pro Vita & Famiglia ha dato voce alle migliaia di elettori che si sono sentiti traditi da una scelta assurda, scelta che il Ministro Giuli si è ostinato a difendere nonostante le evidenze», ha detto augurandosi che ora Giuli chieda scusa a quel popolo che ha sprezzantemente definito «fanatico».
Ma aveva messo in moto anche un altro processo, che i giornali non vicini alla maggioranza di governo hanno utilizzato cinicamente: si è iniziato a scavare nel passato di Giuli e Spano e non c’è stato bisogno di andare troppo lontano per trovare un incarico quanto meno discutibile risalente ad appena un anno fa assegnato al suo compagno di vita. Così si è compiuta la character assassination e ora il governo Meloni si ritrova con un nuovo ministro della Cultura indebolito forse più del predecessore Sangiuliano.
Inutile che Spano ora faccia la vittima. Non si è certo dimesso per gli attacchi di Pro Vita mentre dai politici alleati del governo non sono arrivate grida, anzi sono stati tutti molto “british” in questi giorni, almeno pubblicamente. C’è chi persino, i soliti cattolici in bella mostra come Maurizio Lupi, hanno addirittura solidarizzato con Spano e invitato Giuli ad andare avanti. Forse che Francesco Gilioli non meritasse la solidarietà che oggi Lupi estende a Spano?
Dunque, quale sarebbe «il clima di mostrificazione» che lamenta Giuli? Una serie di indiscrezioni su un’inchiesta che non è ancora uscita? Basta questo? Allora significa che forse qualcosa c'è e questo ci autorizza a prendere in considerazione l’ipotesi di guardare domenica la trasmissione di Ranucci rinunciando al derby d'Italia che va in onda in contemporanea.
Dicevamo che sicuramente Giuli esce molto indebolito da questa storia. Ha difeso Spano e ha accettato le sue dimissioni ufficialmente senza sapere perché, cacciandosi dentro una ambigua vicenda di “amichettismo”, quell’amichettismo che fa dire a Giuli che Spano è stato scelto perché è «un suo fedelissimo». In politica, dunque, i fedelissimi contano più dei bravi? Allora, almeno, non facciamo l'elogio del merito.
Ma che il Governo sia in difficoltà lo dimostra la stessa premier Giorgia Meloni che ieri intervistata alla Festa del Tempo ha cercato di scaricare ogni tipo di coinvolgimento sulla vicenda: «Non ho incontrato il ministro e ho capito abbastanza poco della vicenda, non me ne sono occupata. Seguo quello che si legge sui giornali. Ricordo che quando si parlava della nomina di questa persona, c'è stata anche una polemica e da FdI mi dissero che c'era nervosismo. Risposi dicendo: parlatene col ministro».
Per la verità c’era ben poco da capire di questa vicenda se non un fatto che è parso chiaro a tutti: Spano era la stessa persona di cui la Meloni pretese le dimissioni 6 anni prima. Non era questo un motivo più che plausibile per giustificare quel nervosismo che il premier attribuisce al suo partito come se non c’entrasse nulla semplicemente perché deve occuparsi di cose più importanti?
Eppure, anche queste parole mostrano che pure per la Meloni tutti i mondi vanno ascoltati tranne quello pro-life rappresentato da Pro Vita e molto umilmente da questo giornale, che hanno chiesto per un mese di revocare quella nomina. Non è stato fatto, anzi è stato permesso a Giuli persino di umiliare e offendere quel mondo grazie ai cui voti Giuli siede al Collegio Romano, non certo grazie ai voti di Spano che è un militante Pd.
Ignorando e quasi snobbando le giuste rivendicazioni di quel mondo cattolico e pro family che reclamava il rispetto di quel "patto elettorale" sui valori e la coerenza, il premier ha così allungato la miccia di una bomba che dopo essere passata di mano in mano, è esplosa nelle mani del governo che ora si ritrova un ministro appena nominato e già così pericolsamente inadeguato.
In corsa per un posto al Ministero l'uomo dello scandalo gay-Unar
Secondo il Messaggero (non smentito) il neo ministro della Cultura Giuli ha pronto un incarico di rilievo per l'attuale segretario del Maxxi di Roma, Spano. Ma è lo stesso che il Centrodestra portò alle dimissioni, indignato dopo lo scandalo dei fondi Unar al sottobosco delle associazioni dedite alla prostituzione gay.
Unar nella bufera: l'ombra della prostituzione gay
Servizio delle Iene denuncia: l’Unar ha finanziato con 55mila euro un circolo gay in cui aleggia lo spettro della prostituzione. L'imbarazzo del direttore dell'ufficio che fa capo a Palazzo Chigi: "Verificheremo". Ma il sospetto è che lo stesso direttore sia socio del circolo finanziato. Lui abbozza qualche timida risposta, ma la vicenda è torbida. Se fosse confermato emergerebbe lo scandalo del finanziamento pubblico ad un circolo che pratica reati di natura sessuale.
Giuli, la nomina di mister Lgbt e il complesso del parvenu
Spano ce l'ha fatta: cacciato per i finanziamenti ai circoli della prostituzione gay dopo le proteste della Meloni, entra come vice capo di gabinetto del neo ministro della Cultura Giuli, il cui pensiero neo pagano è chiaramente più vicino alla Sinistra che ad un ipotetico governo di Destra cattolica.
Quando Spano all'Unar sponsorizzava gli insulti a Salvini
Mentre Pro vita lancia un mail bombing indirizzato alla Meloni per revocare la nomina di Spano, emerge un episodio che mostra la sua attività quando era all'Unar: il patrocinio al Festival cosentino Salvini è nu tamarru, creato ad hoc per insultare il leader leghista.
Giuli, attacchi di un inadeguato ministro anticlericale
Nel disperato tentativo di difendere la nomina di Spano, il ministro della cultura Giuli attacca la Bussola e se la prende, col livore degli anticlericali, con quel mondo cattolico e pro life senza i voti del quale oggi sarebbe ancora nell'infosfera globale da cui proviene. E così provoca l'ira di mezzo partito.
Giuli bluffa: ma quale tecnico? Spano è un fondatore del Pd
Giuli nomina Spano suo capo di gabinetto e Pro Vita insorge: «Indecenza politica, tradita la coerenza tra maggioranza ed elettori». Il ministro lo spaccia per tecnico, in realtà oltre ad essere un attivista gay è stato nel 2007 tra i fondatori del Pd e ha una lunga storia di militanza politica nei Dem, grazie ai quali ha ottenuto tutti gli incarichi.
Pro Vita chiede a Giuli la revoca di Spano, il ministro è già in trincea
Dopo i nostri articoli su Spano vice capo di gabinetto di Giuli, Pro Vita e Famiglia lancia la petizione: «Inaccettabile, annulli la nomina». Ma il ministro tira dritto e caccia il capo di gabinetto Giglioli spalancando così le porte all'ex direttore Unar dello scandalo prostituzione gay.
Non solo Giuli: Meloni ha un problema nella scelta dei ministri
Gli scivoloni alla Cultura confermano gli effetti avversi del manuale Cencelli, che riguardano più di un dicastero. Alla premier conviene cercare competenze, non basta pescare nella propria "infosfera".