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MESTIERI & LETTERATURA / 12

Medico e scrittore, due missioni legate come l'anima e il corpo

L'arte dello scrivere e quella medica sono così connesse che alcuni personaggi le hanno esercitate entrambe. Non è raro che la letteratura si interessi alla malattia, come nella terribile peste che fa da sfondo al Decameron o ai Promessi Sposi, o che in tempi più recenti rifletta i progressi ma anche i deliri di una scienza che vuole fare a meno di Dio.

Cultura 13_12_2022

Lo scrittore e il medico non sono solo due professioni, ma anche due missioni particolari che hanno a cuore l’uomo. Si potrebbe incorrere nell’errore di pensare che il primo si soffermi sull’interiorità, mentre il secondo si occupi esclusivamente della corporeità e della dimensione fisiologica. Sarebbe, però, un grande equivoco, perché anima e corpo sono tra loro inscindibili.

La medicina e la letteratura sono due discipline intimamente connesse. Non sarà forse un caso che tanti scrittori hanno esercitato la professione del medico. Del resto, lo scrittore è non solo un «fabbro del parlar materno», ma anche un rivelatore dell’anima. L’evangelista Luca era un medico e scrisse un vangelo colto e letterario. Dante si iscrisse alla corporazione dei medici e degli speziali per poter partecipare alla vita politica fiorentina. Tra i tanti medici scrittori basti ricordarne alcuni: nel Cinquecento Francois Rabelais, nell’Ottocento Anton Cechov, nel Novecento Michail Bulgakov, nell’epoca contemporanea Andrea Vitali.

Nelle loro opere spesso gli scrittori si sono soffermati sulle malattie, talvolta anche sulle pandemie e sull’incapacità dell’uomo di fronteggiare il dilagare del contagio e di contrastare la morte. La letteratura ha, quindi, sottolineato fin da subito sia lo sforzo e il sacrificio umano che l’inevitabile condizione di scacco o il fallimento dinanzi all’imprevisto, alla malattia, a mali ancora sconosciuti.

Nel Decameron Boccaccio rappresenta gli effetti stravolgenti della peste sul piano morale, religioso, civile e sociale, il ribaltamento dell’ordine e delle convenzioni comuni, l’eliminazione della proprietà privata, dei vincoli familiari, delle onoranze funebri. Durante la peste del 1348 sette ragazze e tre ragazzi, incontratisi nella Chiesa di Santa Maria Novella, desiderano fuggire ed evadere dall’orrido provocato dal morbo e si rifugiano così in campagna. Alla collettività stravolta, alla negatività, Boccaccio risponde con un sistema di principi, di norme, di valori incarnati dal gruppo dei giovani, con un modello positivo di vita comunitaria. La crisi provocata dalla peste viene superata nella letteratura con la riproposta di quel mondo che era minacciato di scomparire. Alla realtà della peste si contrappone la natura letteraria della brigata. Per Boccaccio la letteratura assume un ruolo di sostituto della medicina: quel che non può realizzare la medicina (la salute e la ricostituzione di un mondo sano e ordinato) viene ripristinato nella scrittura attraverso la descrizione di un mondo morale e lontano dal male.

Ne I promessi sposi Manzoni sottolinea, invece, non solo l’ignoranza degli uomini del Seicento e l’incapacità di trovare un rimedio alla diffusione della pestilenza, ma anche la responsabilità degli intellettuali e dei giudici. Manzoni è, infatti, uno strenuo difensore della libertà umana, fermamente convinto che esista una responsabilità personale dei giudici, che non sono immuni da colpe, anche se vissuti in un’epoca d’ignoranza e di superstizione come il Seicento, perché ogni uomo è libero, in qualsiasi contesto culturale viva e malgrado tutti i condizionamenti esterni.

Se da un lato negli ultimi secoli il progresso, l’intelligenza umana, la scienza, la tecnologia hanno contribuito a compiere dei passi notevoli nella medicina, senz’altro l’uomo deve conservare la dimensione dell’umiltà, lontano dalla boria positivista che portava al vanto che l’uomo avrebbe eliminato tutti gli imprevisti, avrebbe risolto tutti i misteri, avrebbe sanato ogni malattia. Rifacendosi al saggio La medicina sperimentale di Claude Bernard, nel 1880 Zola scrisse Il romanzo sperimentale in cui auspicava il definitivo affrancamento dell’uomo dall’ambito del mistero e del senso religioso. Progresso coincide per lui con la delimitazione dell’ignoto in nome del conoscibile, scientifico significa dimostrabile scientificamente, ovvero secondo il paradigma positivista riproducibile dalle mani dell’uomo, come se tutto ciò che esiste possa essere riprodotto, come se smontare e comprendere i meccanismi voglia dire, a sua volta, poter creare.

Se l’uomo si affranca dal Mistero, allora ogni ambito che si ritenga serio dovrà affrancarsi dal soprannaturale, anche la filosofia e la letteratura. Il romanziere sperimentale deve essere interessato a descrivere solo quanto è scientificamente dimostrato (ovvero secondo la logica razionalista). Per i positivisti l’uomo è esclusivamente una macchina «di cui un giorno si potranno smontare e rimontare gli ingranaggi a piacimento dello sperimentatore». Anche le manifestazioni passionali e intellettuali dell’uomo sono solo una reazione fisiologica e chimica, perché «l’uomo metafisico è morto».

Il delirio di onnipotenza che talora si impossessa del mondo della medicina e della scienza viene ben rappresentato nel romanzo di Robert Luis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886). Il dottore crea un siero per realizzare un uomo nuovo che sia immune dal male. Il suo tentativo è quello di dare vita ad una nuova natura umana. Il dottore è emblematico dell’epoca contemporanea che ha posto sul piedistallo la scienza eliminando Dio e il Mistero.

La creazione di un uomo nuovo, scevro dal male, porterebbe all’affrancamento definitivo dalla necessità di un Salvatore e della grazia. Un uomo così si pone sul piedistallo e si erge definitivamente a Dio. Il delirio di onnipotenza del dottor Jekyll è destinato a scontrarsi con la realtà e la natura umana. Nella confessione che il dottore lascia leggiamo «Stavo lentamente perdendo il controllo sul mio io originario, sulla parte migliore di me; e lentamente diventavo un corpo unico col mio secondo io, la mia parte peggiore». Il dottore deve riconoscere che nonostante tutti gli sforzi è ancora perseguitato dalla sua duplicità, dalla possibilità di compiere il male, dagli istinti più bassi che, repressi, iniziano a «ringhiare per uscire dalla prigione».

Il dottore si sdoppia così in due: il dottor Jekyll (con le sue aspirazioni, le sue velleità di bene, il suo atteggiamento formalmente corretto) e Mr Hyde, concentrato di male, dall’apparenza quasi diabolica, non più umana. La seconda componente, quella cattiva, odia sempre più quella buona, rinuncia «alla propria interezza di persona per regredire alla condizione subordinata di parzialità», finisce per prevalere. Il tentativo della scienza di creare l’uomo nuovo è miseramente fallito. Nella prossima puntata vedremo altri celebri medici della tradizione letteraria contemporanea.