"Medicina di genere", perché il sesso è un'opinione
Il Ministro della Sanità Lorenzin ha proposto un disegno di legge per la riforma degli ordini e le sperimentazioni cliniche. Nasce una "medicina di genere". Ma cosa si intende per "genere"? Come stabilisce anche l'OMS, si crede ormai che l'identità maschile e femminile sia solo una percezione culturale. Anche in medicina?
Il Ministro della Sanità Lorenzin ha proposto un disegno di legge per la riforma degli ordini e le sperimentazioni cliniche, già approvato dalla Camera. L’art. 3 è titolato “Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale”. Al primo comma si legge tra l’altro: “Il Ministro della salute […] avvalendosi del Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità […] predispone, con proprio decreto, un piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere”.
Ma cosa vuol dire il termine “genere”? Chi è animato da buone intenzioni lo interpreta come sinonimo di “sesso”. E dunque la Lorenzin avrebbe proposto – meritoriamente – un disegno di legge che si occupa anche di declinare gli interventi terapeutici a seconda del sesso di appartenenza del paziente. Una medicina quindi specifica per uomini e donne.
Però l’interpretazione degli uomini di buona volontà dovrà cedere il passo alla esegesi ufficiale fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ciò comporterà che Il Ministro e tutti i medici dovranno attenersi alla definizione fornita dall’OMS, la quale così definisce la parola “genere”: “Il genere si riferisce a caratteristiche socialmente costruite relative a donne e uomini - come norme, ruoli e relazioni di e tra gruppi di donne e uomini. Varia da società a società e può mutare. Mentre da una parte la maggior parte delle persone nascono sia maschi che femmine, su altro fronte si insegnano norme e comportamenti appropriati, incluso il modo in cui dovrebbero interagire con altre persone dello stesso o di opposto sesso all'interno di famiglie, comunità e luoghi di lavoro. Quando individui o gruppi non ‘si adattano’ alle norme di genere stabilite, spesso subiscono uno stigma sociale, pratiche discriminatorie o l'esclusione sociale - tutte conseguenze che influiscono negativamente sulla salute. È importante essere sensibili alle diverse identità che non rientrano necessariamente nelle categorie di sesso maschile o femminile binario. Le norme, i ruoli e le relazioni di genere influenzano la suscettibilità delle persone relativamente a differenti condizioni di salute e di malattie e influenzano la possibilità che loro godano di buona salute, di benessere fisico e mentale. Queste hanno anche un impatto sull'accesso delle persone ai servizi sanitari, sull'assistenza sanitaria e sugli esiti relativi alla loro salute durante tutto il corso della loro vita. Ci sono spesso idee sbagliate sui termini relativi al genere”.
Proviamo ad esplicitare meglio ciò che ci sta dicendo l’OMS quando si usa il termine “genere”. Innanzitutto l’OMS afferma che si può nascere maschi e femmine, ma che esistono anche altri sessi biologici. Ciò è falso perché dal punto di vista genetico o sei maschio o sei femmina, anche quando vi sono alterazioni che interessano le coppie di cromosomi XX e XY. Ad esempio un bambino che nasce con corredo cromosomico XXY (sindrome di Klinefelter) è maschio. Ergo non esiste un terzo o quarto sesso. Altra affermazione dell’OMS: anche se nasci maschio o femmina non è detto che il tuo comportamento, il tuo ruolo sociale, la tua percezione psicologica sessuale si debbano accordare con questo dato di natura, perché l’essere uomo o donna alla fine è un mero costrutto sociale e dunque tu puoi lecitamente liberarti di questo ruolo previsto a tavolino per te da altri. E dunque, anche se sei nato maschio, puoi lecitamente sentirti e vivere come una donna. Oppure puoi sentirti e vivere come se fossi un po’ donna e un po’ uomo, oppure puoi percepirti come appartenente a un terzo sesso che hai in testa solo tu. Questa è la cosiddetta “identità di genere” a cui accenna l’OMS allorchè si riferisce a “diverse identità che non rientrano necessariamente nelle categorie di sesso maschile o femminile binario”.
Se il genere, a differenza del sesso genetico, è un artificio sociale, va da sé che può cambiare da cultura a cultura e mutare nel tempo. Parimenti l’identità di genere che dunque può mutare non solo da soggetto a soggetto, ma anche nel medesimo soggetto durante tutto l’arco della sua vita. Perciò una stessa persona può lecitamente pensare di essere un uomo oggi e domani una donna. Tutto questo non viene compreso oggi quasi da nessuno – continua a dirci l’OMS – e dunque queste persone, i cosiddetti transessuali, subiscono uno stigma sociale che può riverberarsi anche come danno sulla loro salute psichica. Ergo per farli stare bene anche i servizi sanitari devono assecondare questa loro (errata) percezione psicologica di appartenenza ad un dato sesso, che può essere anche quello non riconosciuto al momento della nascita.
Tutte queste considerazioni confluiscono nel termine “genere” e così si dovrà interpretare la nuova legge sanitaria sulla “medicina di genere”.