Mediaset contro Meloni, le ragioni dell'attacco
Ascolta la versione audio dell'articolo
Prima il caso Giambruno, poi l'intervista (saltata) a Maria Rosaria Boccia: da Cologno Monzese due colpi bassi al presidente del Consiglio. E due ragioni sul perché l'azienda di casa Berlusconi vuole smarcarsi dall'esecutivo.
La sortita dei giorni scorsi di Mario Draghi, che ha presentato il suo rapporto sul rilancio dell’Unione europea commissionatogli mesi fa da Ursula von der Leyen, ha scatenato le interpretazioni dietrologiche sull’attuale situazione politica del nostro Paese. "Super Mario" non ha lesinato critiche all’attuale assetto del Vecchio Continente, strigliando anche gli Stati a fare di più, ma dietro questa disamina impietosa si intravedono ricadute anche sui governi nazionali. Infatti, in Italia, nei corridoi dei Palazzi del potere qualcuno è tornato a ventilare l’ipotesi di governi tecnici. Giorgia Meloni è arrivata al potere vincendo le elezioni nell’autunno 2022 in nome dell’opposizione a Draghi e agli esecutivi privi di legittimazione popolare, ma ora fa parte a pieno titolo dell’establishment e con "Super Mario" va d’accordissimo per cui, di fronte a un’eventuale emergenza finanziaria, con conseguente formazione di un nuovo esecutivo tecnico, l’attuale premier italiano sarebbe meno libero di dissentire e di remare contro.
Si tratta di scenari ipotetici, sia ben chiaro, ma le variabili sono tante, dalle elezioni americane all’evoluzione dei conflitti russo-ucraino e in Medio Oriente, senza dimenticare la manovra finanziaria "lacrime e sangue" che il governo italiano sarà costretto a varare per rispettare gli stretti parametri imposti da Bruxelles.
Di qui le fibrillazioni che si registrano quotidianamente nella maggioranza, soprattutto dalle parti di Forza Italia e della Lega. Mentre Fratelli d’Italia, partito di maggioranza relativa, sa che ha una sola possibilità di governare ed è quella attuale con Giorgia Meloni, gli altri due partiti del centrodestra hanno nel loro curriculum esperienze di governo anche con altre forze politiche e quindi hanno cominciato da tempo a guardarsi intorno e a rivolgere ammiccamenti ora al Pd ora ad altri partiti. Se però la Lega punta a smarcarsi sulla destra, recuperando alcuni temi identitari, Forza Italia si sta sempre più “democristianizzando” e punta a farsi trovare pronta e sufficientemente emancipata da Meloni quando si creeranno le condizioni per una maggioranza diversa.
I segnali in questo senso sono inequivocabili. Il primo è che due giorni fa il leader azzurro Antonio Tajani ha incontrato Gianni Letta e Fedele Confalonieri per un allineamento sulle questioni più scottanti che riguardano l’azione di governo, perché Meloni si fida solo del suo cerchio magico, è chiusa a riccio su Palazzo Chigi e i suoi ambienti risultano in larga parte impenetrabili per chi volesse provare a incidere su alcune scelte importanti.
Il secondo, ancor più indicativo, è la crescente ostilità di Mediaset nei confronti di Palazzo Chigi. Già in occasione del caso Giambruno (l’ex compagno di Giorgia Meloni) le tv di Berlusconi non si fecero troppi scrupoli nel mettere in cattiva luce il giornalista, inchiodandolo ad alcuni suoi gesti davvero imbarazzanti in termini di avance plateali nei confronti di sue colleghe.
Meloni in quell’occasione ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma di recente ha perso la pazienza quando Rete 4 aveva annunciato l’intervista in diretta a Maria Rosaria Boccia, la presunta consulente dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Palazzo Chigi ha lasciato filtrare irritazione, avendo appreso di quell’intervista negli studi di Bianca Berlinguer solo a cose fatte. Poi, come si sa, l’intervista è saltata all’ultimo minuto perché la Boccia si è sottratta, ma è rimasta la ferita nei rapporti tra il premier e Mediaset, tanto più perché l’influencer nell’occhio del ciclone avrebbe forse accusato la sorella della Meloni, Arianna, di aver imposto a Sangiuliano di strappare la sua nomina a responsabile grandi eventi del ministero della Cultura. Il presidente del Consiglio teme quindi un complotto orchestrato da Cologno Monzese per destabilizzare il suo esecutivo e renderlo più vulnerabile.
Ma perché Mediaset ce l’avrebbe così tanto con Meloni? Per una ragione squisitamente politica e per un’altra più legata al business. La prima è che, in caso di accerchiamento del premier e di caduta del suo esecutivo, le aziende della famiglia Berlusconi hanno necessità di trovare altre sponde anche a sinistra. In questa prospettiva vanno contestualizzate le aperture di Tajani sullo ius scholae e le dichiarazioni di Marina Berlusconi sui diritti civili, che sono musica per le orecchie di Elly Schlein e di altri leader della sinistra.
La seconda è di natura economica. Meloni, nell’ambito di una riforma non più rinviabile del servizio pubblico radiotelevisivo, potrebbe dare l’ok alla privatizzazione di una Rete e ritoccare al rialzo i tetti pubblicitari per evitare di alzare il canone Rai, tutte eventualità che vengono viste come fumo negli occhi dai vertici Mediaset.
Per questo dobbiamo aspettarci altri colpi bassi delle tv berlusconiane nei confronti di Giorgia Meloni e del suo entourage.
Sangiuliano si dimette, ma il "caso Boccia" non è chiuso
Ieri il cambio della guardia al Ministero della Cultura. Nel frattempo la guerra mediatica e legale tra l'ex ministro e la "mancata consulente" è solo agli inizi. Una nuova cicatrice per il governo, all'inizio di un autunno caldissimo.
L’affaire Sangiuliano-Boccia si decide sui social
Potrà sembrare un paradosso ma non lo è: Maria Rosaria Boccia, con un semplice telefonino può tenere in ostaggio un Governo e l’intero mondo dell’informazione, che va a rimorchio dei suoi post.
Caso Sangiuliano, difficile questa volta essere garantisti
La vicenda Sangiuliano-Boccia assume contorni imbarazzanti. È l’ennesimo esempio di quanto dilettantesco sia il profilo di alcuni esponenti del governo e la riprova di quanto gigantesco sia per la Meloni il problema della mancanza di una classe dirigente.
Ius Scholae, riforma inutile. Ed essere stranieri non è un insulto
La campagna sullo Ius Scholae è figlia di quella lanciata dal M5S nel 2022. Oggi la propone Forza Italia in termini leggermente diversi. Ma che senso ha dare la cittadinanza a un figlio di immigrati che ha fatto la scuola in Italia? Già oggi a 18 anni può chiedere la cittadinanza. Non ci sono diritti negati ai figli di immigrati. Ed essere stranieri, soprattutto, non è un insulto.