Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA FIGURA

Max Reger, il Bach moderno

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Il 19 marzo di 150 anni fa nasceva il compositore Max Reger, rappresentante illustre della musica tedesca tardo-romantica. Uomo profondamente religioso, ha composto pezzi corali commoventi, tra cui un Requiem che definiva «tra le cose più belle che io abbia mai scritto».

Cultura 18_03_2023

Centocinquanta anni fa, il 19 marzo 1873, nasceva nel villaggio di Brand, nella Germania meridionale, il «Bach moderno»: Max Reger. Musicista completo, sensibile alla cultura del suo tempo, Reger è un rappresentante illustre della musica tedesca tardo-romantica. Fu allievo prima di suo padre Josef e dell’organista Adalbert Lindner († 1946), poi del musicologo Hugo Riemann († 1919). Insegnò contrappunto all'Accademia di Musica di Monaco di Baviera; a Lipsia fu direttore degli Studi Musicali all’Università e docente di composizione al Conservatorio (1907-1916); tra il 1911 e il 1915 assunse la carica di direttore dell'orchestra di corte a Meiningen.

Il suo corpus compositivo è molto vasto e comprende musica da camera (trii, quartetti e quintetti per pianoforte e archi e per archi soli; sonate e pezzi vari per pianoforte e violino, per clarinetto e pianoforte, per violoncello e pianoforte; opere varie per violino solo; trii per flauto, violino e viola), di musica vocale (circa 250 lieder), musica diversa per pianoforte e per organo, pagine corali e vari pezzi orchestrali tra cui le imponenti e raffinate Variazioni e Fuga su di un tema di Hiller (1907) - il suo lavoro orchestrale più eseguito -, un Concerto per violino e orchestra (1908), un Concerto per pianoforte e orchestra (1910), i 4 Poemi Sinfonici da Böcklin (1913) e le Variazioni e fuga su un tema di Mozart (1914).

Uomo profondamente religioso, ha composto pezzi corali commoventi ed è stato, come il suo adorato Johann Sebastian Bach († 1750), uno dei più fecondi compositori tedeschi di musica organistica, lasciando 211 pezzi per organo in 27 numeri d’opera. A soli 43 anni morì d’infarto a Lipsia nella notte tra il 10 e l’11 maggio 1916. Su un comodino c’erano le bozze dei suoi Otto canti spirituali, op. 138 (1914), per coro misto senza accompagnamento, aperti al primo mottetto: «L’uomo vive e opera solo per un tempo breve».

Vogliamo offrire una commemorazione musicale di questo «modernista conservatore» parlando del suo ultimo lavoro corale: il Requiem, op. 144b, per contralto (o baritono), coro misto e orchestra. È il secondo dei 2 canti per voce, coro misto e orchestra, composti da Reger a Jena nell’estate del 1915 e da lui posti «tra le cose più belle che io abbia mai scritto», come si legge nella sua lettera dell’8 settembre 1915 all’editore Simrock (in C. Schlüren, Prefazione alla partitura 2 Gesänge, op. 114, Musikproduktion Höflich, Monaco di Baviera 2003).

Basata sulla poesia omonima dello scrittore tedesco Friedrich Hebbel († 1863), questa partitura fu chiamata «Requiem di Hebbel» anche per contraddistinguerla dal Requiem latino, per soli, coro e orchestra, iniziato nel 1914 ma rimasto incompiuto. Questo Requiem non liturgico, come è il Requiem tedesco di Johannes Brahms († 1897), fu dedicato da Reger «alla memoria degli eroi tedeschi caduti nella Grande Guerra» ed eseguito postumo per la prima volta a Heidelberg il 16 luglio 1916. Ecco il testo e la traduzione:

Seele, vergiss sie nicht, / Seele, vergiss nicht die Toten! // Sieh, sie umschweben dich, / Schauernd, verlassen, / Und in den heiligen Gluten, / Die den Armen die Liebe schürt, / Atmen sie auf und erwärmen / Und genießen zum letztenmal / Ihr verglimmendes Leben. // Seele, vergiss sie nicht, / Seele, vergiss nicht die Toten! // Sieh, sie umschweben dich, / Schauernd, verlassen, / Und wenn du dich erkaltend / Ihnen verschließest, erstarren sie / Bis hinein in das Tiefste. / Dann ergreift sie der Sturm der Nacht, / Dem sie, zusammengekrampft in sich, / Trotzten im Schöße der Liebe, / Und er jagt sie mit Ungestüm / Durch die unendliche Wüste hin, / Wo nicht Leben mehr ist, nur Kampf / Losgelassener Kräfte / Um erneuertes Sein! // Seele, vergiss sie nicht, / Seele, vergiss nicht die Toten!

Anima, non dimenticarli, / anima, non dimenticare i morti! // Guarda, fluttuano intorno a te, / terrorizzati, abbandonati, / e nelle sacre braci / che l'amore attizza per i poveri, / respirano e si riscaldano / godendosi per l'ultima volta / la loro vita che si spegne lentamente. // Anima, non dimenticarli, / anima, non dimenticare i morti! // Vedi, loro fluttuano intorno a te, / terrorizzati, abbandonati / e se tu, divenuto indifferente / li escludi, essi impietriscono / fino al più profondo. / Allora li afferra la tempesta della notte / alla quale, raggomitolati in sé, / resistono nel grembo dell'amore, / e la tempesta li spinge impetuosamente / attraverso il deserto senza fine, / dove non c'è più vita, solo lotta / di forze scatenate / per essere rinnovate! // Anima, non dimenticarli, / anima, non dimenticare i morti!

In questa composizione, armonie allargate che si spingono fino ai confini della tonalità, accordi e timbri usati come chiazze di colore prevalgono sulla scrittura contrappuntistica a cui il maestro tedesco, da magistrale funambolo, si dedicò per tutta la vita con grande abilità. Ne risultano circa 14 minuti di musica tenebrosa, drammatica, con alcuni passi lirici. La forma compositiva, che segue la struttura del testo, è quella in cui ritorna periodicamente un’idea principale, nota in musica come rondò: abbiamo infatti due grandi episodi punteggiati da un ritornello variato, cantato dalla voce solista (A, B, A1, C, A2).

Un’ampia introduzione orchestrale (Molto sostenuto) - che rimanda alle introduzioni delle passioni di Bach - cadenzata da cupi battiti, dove s’intuisce la tonalità di Re minore - come quella del Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart († 1791) - è la premessa al ritornello cantato del solista, che intonerà sempre soltanto queste parole: Seele vergiss sie nicht, vergiss nicht die Toten (Anima, non dimenticarli, non dimenticare i morti!).

Entra il coro, che canta il primo episodio, lugubre, statico: Sieh, sie umschweben dich / Schauernd, verlassen (guarda, si librano intorno a te, tremanti, abbandonati). Dopo il ritornello variato, il coro canta il secondo episodio, violento, più dinamico (Più mosso - Allegro): Dann ergreift sie der Sturm der Nacht (allora la tempesta notturna li afferra). Nel ritornello finale (di nuovo Molto sostenuto) il canto della voce solista si combina con il coro che canta pianissimo la melodia, non le parole, del famoso corale O Haupt voli Blut und Wunden (O capo insanguinato) di Hans Leo Hassler († 1612), più volte impiegato da Bach nella Passione secondo Matteo. Con questo momento toccante, calmo ma inquieto, si conclude questa bella e audace partitura.