Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
IV DOMENICA D'AVVENTO

Magnificat, il Signore ama ciò che è nulla per elevarlo a sé

Dio salva nella Sua misericordia che significa domandargli perdono, lasciando che ci porti in braccio come pecorella smarrita. Egli ama gratuitamente, non in base a meriti. Così rivela chi predilige: coloro che sembra non abbiano scampo perché destinati al fallimento. Dobbiamo quindi ripetere con Maria che il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva, la piccolezza, l’incapacità, perché è proprio allora che Dio ci salva elevandoci a lui.

Ecclesia 20_12_2020

Domenica scorsa abbiamo contemplato il cantico di Maria, il Magnificat, che il salmo responsoriale ci ha permesso di gustare nella liturgia della Parola. Il Magnificat, che è un inno alla grandezza della Grazia che opera in Maria e quando noi monaci cantiamo questo inno durante il vespro, accogliamo con gratitudine e profonda umiltà la fragile grandezza che Dio dona all’uomo.

Con Maria abbiamo capito che la nostra gioia è autentica se fondata nella misericordia di Dio e non nelle cose che ci circondano e ci illudono di donarci la felicità. E misericordia di Dio significa il suo perdono, vuol dire lasciarci abbracciare da Dio, anzi, significa lasciare che ci porti in braccio, come la pecorella smarrita. Lasciarci toccare da lui significa vivere l’esperienza dell’alleanza sponsale di Dio con Israele, vissuta in prima persona proprio da Maria. Significa essere coinvolti dell’amore di Cristo per la Chiesa fino a donare la vita in croce, significa vivere i sacramenti.

Maria può vivere l’alleanza sponsale perché teme Dio, ossia vive alla sua presenza e questo le permette di accogliere con naturalezza la volontà di Dio, perché è il suo Dio, è davvero il suo unico e assoluto Signore.

In Maria si risente l’eco del cantico di Miriam, la sorella di Mosé e Aronne, la quale, dopo il passaggio del Mar Rosso e aver visto la liberazione di Dio, canta la sua lode «Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: “Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere”» (Es 15,20-21). Si tratta di un canto di ringraziamento per lodare l’intervento di Dio per liberare il suo popolo mantenendo fede alle promesse di liberazione, nonostante sembrassero irrealizzabili davanti alla trappola mortale del mare da una parte e, dall’altra, del minaccioso esercito del Faraone. Eppure, il mare si apre e proprio ciò che era un segno di morte per Israele diventa, in realtà, la fine concreta e definitiva della schiavitù egiziana. Gettando in mare cavallo e cavaliere, ossia i potenti dai troni, Dio rivela chi predilige: gli umili, coloro che sembra non abbiano scampo perché destinati al fallimento.

È La misericordia di Dio che sempre emerge nel rapporto con lui, anche con Maria. Solo accogliendo e vivendo questa misericordia possiamo capire come il Signore ci salvi, ci rivesta di amore e di una bellezza nuova. La sua misericordia per noi è il suo perdono costante, chinandosi su di noi, non stancandosi mai di rimettere i nostri peccati, per quanto gravi possano essere. Emerge così come il legame che Dio instaura con noi è di puro dono, per cui noi non facciamo nulla per meritarla, è grazia, proprio gratis! Tuttavia dobbiamo sempre di nuovo chiederla, sollecitarla, perché non ci è data una volta per tutte, come ci ha insegnato Gesù nel Padre nostro a cui chiediamo ogni giorno non solo il pane quotidiano ma anche di rimettere i nostri debiti, vincolando, tuttavia, quella richiesta di perdono al nostro reciproco perdono, legato a un “come” in cui anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Dobbiamo con Maria ripetere ogni giorno che il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva, la piccolezza, l’incapacità, perché è proprio allora che Dio ci salva, ci perdona, elevandoci a lui, pur sapendo bene che non staremo con lui per molto tempo, pur conoscendo la nostra congenita fragilità e incostanza, la nostra pigrizia ad essere ardenti nell’amore, la nostra sordità a rispondere alla sua generosa chiamata, la nostra difficoltà ad accogliere il suo messaggio di amore. L’alleanza sponsale di Dio con Israele è la stessa che ha instaurato con noi, un dono assoluto del suo amore fedele pur nell’infedeltà costante della sua sposa. Un amore che non si stanca di donare amore anche se non corrisposto perché si fonda solo sull’amore, e l’amore non aspetta ricompense.

Il Vangelo di questa domenica rende in modo plastico e visibile in Maria l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Si mostra la gratuità di Dio, del suo dono di amore. L’imprevedibilità della sua azione misericordiosa che suscita il dubbio di non essere all’altezza, di non vederne la fattiva realizzazione “Come è possibile?”. Ma la fedeltà di Dio che supera i secoli, anzi i millenni, giunge fino a Maria, la figlia di Sion, ed è lì che si posa la “sua ombra”, la presenza di Dio che sola porta alla salvezza e che fanno grande Maria per tutte le generazioni.

Chiediamo a Maria di insegnarci, in questi ultimi giorni prima del Natale, come si accoglie nella propria vita il Signore nell’umiltà dello sguardo e nella semplicità del cuore, lasciando lontano le tentazioni dell’egoismo e della superbia che ci allontanano da Dio. E per intercessione di Maria invochiamo la venuta del suo Figlio, il buon Signore Gesù, perché oggi più che mai Lui è davvero necessario. A Gesù per Maria. Amen.

* Abate dell'Abbazia di Nostra Signora del Pilastrello (Lendinara)