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Maduro teme le elezioni e minaccia un «bagno di sangue»

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Il dittatore socialista perde terreno in vista del voto del 28 luglio e punta sulla tensione e la violenza. Dopo ben 25 anni il chavismo sembra più vicino che mai a perdere il potere in Venezuela.

Esteri 20_07_2024
(AP Photo/Ariana Cubillos) Associated Press/LaPresse

Il dittatore socialista venezuelano Nicolas Maduro, al governo del paese dal 5 marzo 2013, è sempre più nervoso per l’esito elettorale di fine mese e minaccia un «bagno di sangue» se dovesse perdere il consenso popolare. Il Venezuela si prepara alle elezioni presidenziali fissate per il 28 luglio, elezioni in cui il chavismo sembra essere più vicino che mai, dopo i suoi 25 anni di governo, a perdere il potere, secondo i sondaggi dei consulenti ORC Consultores.

Il crollo del prodotto interno lordo (PIL) dell'ultimo decennio, il crescente desiderio di libertà e l'uscita di oltre 7,7 milioni di venezuelani dal Paese, oltre alla congenita crisi dei beni di prima necessità, inclusi gli idrocarburi di cui il Venezuela è ricchissimo, potrebbero essere solo alcune delle ragioni che spiegano le condizioni drammatiche e la voglia di cambiamento in cui si svolge la campagna elettorale.

Un recente sondaggio di ORC Consultores vede a favore del candidato dell'opposizione Edmundo González Urrutia, che capeggia la coalizione dei partiti di opposizione Piattaforma Democratica Unita, un'intenzione di voto del 59,6% contro il 12,5% del tiranno chavista.  Per questo motivo, Maduro ha rafforzato la repressione nelle ultime settimane nei confronti di sostenitori dell'opposizione, leader politici e persino della Chiesa e giovedì 18 luglio è arrivato al punto di minacciare un «bagno di sangue» se non vincerà le elezioni, attraverso una «guerra civile fratricida» causata dal voto e dal «complotto fascista».

Non si può non cogliere, al di là dei toni, una certa assonanza tra le parole di Maduro e i proclami irresponsabili dei leader del Fronte Popolare francese o dei nostri socialisti democratici e antifascisti Landini, Schlein e, ancor prima, Enrico Letta. In questi stessi giorni  Maduro ha fatto arrestare il capo della sicurezza del leader dell'opposizione María Corina Machado, Milciades Ávila, dopo aver buttato in cella altri suoi otto stretti collaboratori, averne fermati almeno un centinaia dall’inizio della campagna elettorale e intimidito in ogni modo gli oppositori.

Nonostante la Machado fosse stata scelta nell'ottobre 2023 dall'opposizione come candidata comune alle elezioni di luglio, era stata squalificata dalla magistratura venezuelana per presunta corruzione, lasciando il posto a Edmundo González. In questo contesto, la dittatura chavista consentirà la presenza di 635 osservatori internazionali alle elezioni, la gran parte da Paesi e organismi vicini al regime ma nessuno di loro sarà europeo.

Una delle domande aperte in vista del voto è quale livello di partecipazione verrà raggiunto il 28 luglio: ci si può aspettare che il governo incentivi le persone a non votare, così da cambiare la percezione dell’eventuale vittoria delle opposizioni e giustificare una qualche forma di permanenza di Maduro al potere. Visto il calo di popolarità e la incapacità di riguadagnare terreno perso nei consensi, lo stesso tiranno venezuelano potrebbe prendere decisioni dirompenti anche nei prossimi giorni o ordire, tramite bande armate al soldo del governo, attentati e violenze. In questa direzione, preoccupano due avvenimenti delle scorse ore.

La denuncia verso ignoti della leader politica della opposizione María Corina Machado per il sabotaggio che hanno subito i veicoli di trasporto che usa per la campagna elettorale, tale da metterne in pericolo la vita. Ancor più grave la denuncia del cardinale venezuelano Baltazar Porras in merito alle aggressioni subite dal presidente della Conferenza episcopale del Paese, Jesús González de Zárate, da parte dell'esercito di Nicolás Maduro, mentre celebrava la Messa per gli alluvionati della città di Cumanacoa, nell'est del Venezuela.

Gli stessi vescovi, in un Paese che conta il 95% di cattolici praticanti, avevano ricordato, con un loro documento del 15 luglio, che la partecipazione «libera, consapevole e responsabile a queste elezioni è di grande importanza per progettare un futuro con speranza e costruire un Paese di progresso, di pace, di giustizia e di libertà». L'elenco dei compiti che devono essere affrontati nuovi eletti è lungo: «la re-istituzionalizzazione dello Stato e del Paese, la promozione della separazione dei poteri dello Stato, la promozione e il rispetto dei diritti umani, la progettazione di una nuova economia che generi posti di lavoro e un salario dignitoso, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici, riconfigurare il sistema educativo, sapendo che la chiave di ogni progresso sta nell'umanizzare l'educazione».

È inoltre necessario «rafforzare il sistema sanitario per un'assistenza dignitosa ed efficace ai malati, combattere la povertà e la corruzione, promuovere il rispetto dei diritti civili e la libertà di espressione». Vista la «situazione di grave crisi che colpisce il popolo, soggetto di democrazia», è auspicabile che il tiranno Maduro venga sconfitto ed esiliato senza indugio.



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