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STUDIO SU 1000 PAZIENTI

Ma guarda: anche i non vaccinati (se curati) guariscono

Il celebre teorema di Draghi, “non ti vaccini, ti ammali, muori”, trova l’ennesima smentita da uno studio scientifico italiano pubblicato sull’American Journal of Biomedical Science & Research: 966 pazienti, tutti non vaccinati e quasi tutti guariti con i classici FANS, tra i quali svetta l'indometacina. 

Editoriali 30_04_2022

Il celebre teorema di Draghi, “non ti vaccini, ti ammali, muori”, trova un’ennesima smentita da uno studio scientifico pubblicato sull’American Journal of Biomedical Science & Research. Uno studio peraltro tutto italiano, di tipo retrospettivo osservazionale, che ha preso in esame i dati di 966 pazienti non vaccinati,  selezionati appositamente per valutare l'impatto della cura in assenza di supporto vaccinale, e che prova che la terapia precoce con antinfiammatori non steroidei - tutti di uso comune e disponibili fin dall’inizio della pandemia - entro 72 ore dall'insorgere dei sintomi riduce drasticamente le ospedalizzazioni per Covid, anche in pazienti non sottoposti ad immunizzazione vaccinale.

Questo studio è il risultato del Comitato Cura Domiciliare, e ha visto l’apporto tra gli altri del dottor Andrea Mangiagalli e del professor Serafino Fazio, autore di una sperimentazione clinica e di un altro studio di cui la Bussola ha recentemente parlato e che dimostra l'efficacia di un vecchio antinfiammatorio, l’indometacina, all’interno di un protocollo di cura nei confronti del Covid-19.

Questo ulteriore studio, pur con i limiti di un semplice studio osservazionale, pubblicato sulla rivista statunitense, rappresenta una ulteriore conferma sul ruolo fondamentale nella terapia del Covid di farmaci antinfiammatori non steroidei, come l'ibuprofene, il nimesulide, l’acido acetilsalicilico, il ketoprofene. Farmaci antinfiammatori, di uso comune, che avrebbero potuto - se utilizzati fin dall’inizio dell’epidemia - abbassare il numero di ospedalizzazioni e decessi. Perché proprio questo è dimostrato dalla ricerca: laddove sono stati somministrati i FANS, le ospedalizzazioni sono state in numero di gran lunga inferiore.  

Stesse conferme giungono anche analizzando i dati di un congruo (339) sottogruppo di pazienti più anziani (over 50) con età media di 60 anni. Tra i farmaci antinfiammatori utilizzati, indometacina e nimesulide hanno determinato zero ospedalizzazioni, a seguito di somministrazione entro le 72 ore dall'inizio dei sintomi. Anche in questo caso la tempestività dell’intervento è fondamentale, senza nessuna attesa.

Alla luce dei risultati della recente letteratura, l'indometacina, supportata anche da uno studio randomizzato e controllato versus paracetamolo, di cui ha già parlato la Bussola, risulta il farmaco elettivo. Questa ulteriore pubblicazione, su un numero consistente di pazienti, conferma la necessità di intervenire in fase precoce. E conferma che anche in caso di scarsa efficacia del vaccino, in particolare per le nuove varianti che “bucano” l’immunizzazione, è possibile guarire dal Covid.

Un dato molto significativo, non solo per dare ragione retroattivamente a chi ha praticato le cure domiciliari con tali farmaci, ma anche per l’utilizzo presente e futuro, a dimostrazione che “ne usciremo” ma solo con le cure, rendendo il Covid una malattia curabile e abbattendo il tasso di letalità (a proposito, non se ne parla più: gli ultimi aggiornamenti lo davano al 2,6).  

E che gli attuali vaccini utilizzati nella campagna vaccinale iniziata nel dicembre del 2020 non siano la risposta definitiva al problema del Covid lo dimostra anche il crescente interesse per le nuove terapie farmacologiche. Tuttavia sembra emergere un problema di effetti collaterali. Se l’attenzione alle controindicazioni era stata il motivo per cui per mesi - in attesa degli studi di efficacia e sicurezza ora arrivati - si era avuto l’implacabile stop a farmaci come antinfiammatori, ma anche immunomodulanti come l’idrossiclorochina, gli antibiotici e il cortisone, fino ad una esclusione pressoché totale salvando il solo paracetamolo, oggi a mettere in guardia dai nuovissimi antivirali sono istituzioni come lo stesso Ministero della Salute.

Un protocollo firmato assieme ad AIFA, Federfarma Servizi, Federfarma, Assofarm, Farmacie Unite e Adf, riguarda il farmaco Paxlovid della Pfizer, autorizzato ad essere prescritto dai medici a partire dal 21 aprile. Anche l’EMA, l’agenzia europea del farmaco, indica una serie di effetti collaterali durante il trattamento, dalla disgeusia (alterazione del gusto), alla diarrea e al vomito, all’impatto allergico agli eccipienti. Tanto era bastato per suscitare l’ostracismo nei confronti dei FANS. Ora staremo a vedere. Ma al di là delle linee guida e dei protocolli di medicina difensiva, occorre che il medico possa decidere la tipologia di farmaco e la prescrizione, secondo scienza e coscienza.