Ci risiamo: ricoveri in crescita perché non si cura subito
«I nostri colleghi di Brescia lo dicono da giorni: i ricoveri aumentano perché la gente non viene curata subito. Ho scritto a Sileri per cambiare i protocolli di cura. Da criminali puntare sull'attesa con Tachipirina». Il dottor Mangiagalli, della rete dei medici in prima linea, torna a chiedere la revisione dei protocolli terapeutici domiciliari: «Si sta ripetendo il film dello scorso anno. E in molti ormai non chiamano neanche più il medico perché sanno che non verranno visitati».
È un film già visto. Aumentano i ricoveri negli ospedali e si rimette in moto la macchina dei lockdown, che per la verità non si è mai arrestata. Ma con i dati che arrivano dalla provincia di Brescia, dove stanno aumentando in maniera esponenziale i pazienti in corsia e in terapia intensiva sta tornando la paura di un’imminente chiusura generalizzata. Il problema è capire perché sono aumentati i casi di pazienti che necessitano di cure in ospedale.
Non perché il virus sta intensificando la sua virulenza, siamo solo di fronte al nuovo piccolo epidemico stagionale, nello stesso periodo dello scorso anno, ma per il semplice motivo che i pazienti oggi in corsia sono i malati che non sono stati trattati adeguatamente a casa ieri nei primissimi giorni.
Sotto accusa sono ancora loro: gli insufficienti protocolli di intervento, a base di solo paracetamolo nei primi giorni di vigile attesa, quelli che dovrebbero essere decisivi per aggredire il virus e che invece trascorrono esattamente come lo scorso anno. Con armi spuntate.
Lo spiega bene, quasi lanciando un grido accorato ai colleghi, il dottor Andrea Mangiagalli (in foto), che dal suo ambulatorio di Pioltello ha creato la chat dei medici in prima linea che in questi mesi è diventata un presidio indispensabile per affrontare il tema della cura del covid fuori dai canali insufficienti delle strutture. In questa intervista alla Bussola ribadisce: «I ricoveri sono figli di questo modus operandi. Bisogna intervenire subito e invertire la rotta prima che sia tardi».
Dottore, potremmo chiamarle le vittime della vigile attesa?
Sì. Il caso di Brescia è chiaro. I nostri colleghi ci stanno dicendo che ci sono già moltissimi casi di ricoveri, ma non si vuole capire che quando i medici sul territorio impattano con la patologia non vengono considerati. Tutti noi sappiamo da giorni che era in corso un aumento dei casi, ma il problema è che ora che lo segnaliamo, facciamo il tampone e dalla Regione le decisioni arrivano al Governo, se tutto va bene passano dieci giorni.
E in questi giorni il paziente peggiora…
Perché non viene curato adeguatamente. Ognuno di noi ha mediamente dieci malati in più. Io a Pioltello ho avuto cinque nuovi pazienti sintomatici di colpo. Moltiplicate per 7000, che è il numero dei medici di base in Lombardia e fate le vostre proporzioni.
Tra questi non tutti sono gravi, però…
Ma certo, però il problema è sempre quello: se non intervieni con una cura immediata per aggredire il virus, in 10 giorni è chiaro che l’epidemia poi ti scappa dalle mani. Se non dai linee guida efficaci, in mezzo ai pazienti giovani, aumentano anche quelli problematici. È come se non ti accorgessi che il polpastrello si sta scottando.
Che cosa chiedete?
L’ho scritto anche stamattina al viceministro Paolo Sileri, col quale sono entrato in contatto: attivare un protocollo di cura immediato ed efficace, con la vigile attesa a base di paracetamolo facciamo solo danni.
Che cosa le ha risposto?
Quando mi risponderà, e se mi risponderà le farò sapere. Un’altra cosa da fare è quella di iniziare una profilassi immediata almeno per l’aspetto trombotico della malattia. Possiamo metterci d’accordo sui farmaci di primo intervento, possiamo anche fare finta che l’idrossiclorochina non esista, ma una risposta in questo senso va data.
Eppure, il dottoro Giorgio Palù dell’Aifa ci ha risposto che per il Ministero della salute «ci sono altre priorità».
Ho visto. È gravissimo, se fosse vero che ci sono altre priorità, ad esempio il vaccino, dovremmo metterci a vaccinare anche di notte, senza turni, senza soste, mettere in campo una strategia vaccinale massiccia. Ma ripeto, il problema non sono le altre priorità.
Qual è, allora?
Che la vaccinazione non decolla, i numeri aumentano e non si vuole mettere al centro l’aspetto della cura precoce. È la tempesta perfetta.
A questo aggiungiamo le varianti.
Le varianti impattano sui vaccini, ma non sulla terapia. Sono i vaccini che rischiano di resistere alle varianti, le cure no, sono in grado di coprire anche le varianti.
Sta dicendo che si sta puntando troppo sui vaccini?
Troppo e male. È come puntare al casinò il 100% sul 2. Se non esce il 2 hai perso tutto e non hai un piano bis.
Che cosa bisognava fare?
Da medico che da un anno cura sul territorio dico che bisognava mantenere il controllo dell’epidemia e contemporaneamente andare avanti col vaccino. Così al tavolo manca una gamba e non sta in piedi.
Tavolo?
Per combattere il covid ci sono quattro pilastri: prevenzione (il distanziamento), le cure, i ricoveri ospedalieri e il vaccino. Se non si investe sulle cure viene meno una gamba e il tavolo non sta in piedi.
C’è gente a casa che in questo momento è mal curata?
Sì, arriviamo ad intercettare pazienti che ci contattano dopo giorni di attesa dannosa. Stiamo vedendo una storia che si ripete. Ci sono quelli che sottovalutano, ma anche tanti che non trovano risposte e alla fine per esasperazione vanno in ospedale.
Voi medici nel frattempo continuate a curare come sempre?
Sì, ma è chiaro che se la gente non viene curata poi diventano troppi anche per noi.
C’è un problema di cure, ma anche di visite a domicilio?
Assolutamente sì.
Eppure, ormai tutti fanno il tampone e hanno a casa il saturimetro.
Ci si sta affidando troppo a tampone e saturimetro, che sono però strumenti diagnostici, non sono diagnosi. La diagnosi la fa il medico e deve visitare per escludere patologie respiratorie. Non basta il telefono. Stiamo andando incontro a un grosso problema di salute pubblica: la gente a casa ormai è ignara di tutto, non chiama nemmeno più il medico perché sa che non ti visiterebbe comunque.
E torniamo sempre lì: alla Tachipirina…
Dire a uno di aspettare e prendere solo il paracetamolo è criminale.