Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
complicità

L'uscita di Rupnik lascia un "mosaico" di interrogativi

Il teologo-artista dovrebbe essersi ritirato in un monastero e un confratello lo sostituisce a predicare gli esercizi a Loreto. Un cambio della guardia che non mette a tacere dubbi e perplessità su silenzi e coperture, dal Centro Aletti al vicariato di Roma.

Ecclesia 03_01_2023 English

A Loreto hanno finalmente deciso di cambiare il predicatore del turno di esercizi spirituali previsti per il prossimo febbraio (vedi qui); nostre fonti ci riferiscono che padre Rupnik si sia ritirato in un monastero ed al suo posto è stato scelto padre Ivan Bresciani, gesuita, vice-direttore del Centro Aletti. 

In questo cambio della guardia, c’è però un piccolo problema. Padre Bresciani, infatti, non è solo uno dei quattro membri della comunità di gesuiti del Centro Aletti, detta anche “Residenza  Santissima Trinità” (gli altri due membri, oltre a p. Marko Rupnik, sono p. Andrej Brozovic e p. Milan Žust). Nato a Gorizia, fece il suo noviziato nella Compagnia di Gesù a Maribor, in Slovenia; dopo gli studi ha svolto il suo ministero pastorale in una parrocchia di Ljubljana, per divenire Superiore della provincia slovena dal 2014 al 2020.

E qui iniziano le domande. Bresciano è stato superiore della provincia di origine di Rupnik, negli anni in cui iniziavano ad emergere accuse precise contro di lui; infatti, secondo la ricostruzione cronologica degli stessi Gesuiti, nell’ottobre 2018 la Compagnia aveva avviato un’indagine preliminare sul caso dell’assoluzione del complice, fatto che risaliva al 2015. Nel 2019, la stessa Compagnia di Gesù, ritenute credibili le accuse, inviava alla CDF il dossier ed imponeva a p. Rupnik delle restrizioni. A gennaio del 2020, come è ormai risaputo, la CDF riconosceva la veridicità delle accuse, e dopo pochi mesi, emetteva il famoso decreto di scomunica “lampo”. E stai a vedere che p. Bresciani non sapeva nulla di quanto stava avvenendo.

La figura di p. Milan Žust è per certi versi ancora più rilevante. Membro della comunità dei Gesuiti del Centro Aletti dal 2000, ne diveniva superiore quattro anni dopo, ruolo che continua a ricoprire. L’aspetto più importante è che negli anni 2018-2021 è stato nominato Socio del Delegato del Superiore Generale della Compagnia di Gesù per le case e opere interprovinciali di Roma. Questo significa che ha lavorato a stretto contatto con p. Johan Verschueren dal 2020, anno in cui il gesuita belga assumeva l’incarico e anno in cui la temperatura del caso-Rupnik iniziava pericolosamente a salire, per essere gestita nel modo che sappiamo, con sanzioni prese dai superiori della Compagnia di Gesù che sono oggettivamente ridicole, e che hanno permesso a p. Rupnik di comparire ancora in pubblico per conferenze, incontri, predicazioni di esercizi, realizzazione di opere artistiche, fino alla predicazione davanti al Papa.

Dunque, anche p. Milan Žust, non poteva non sapere. Tanto più che la recente lettera, resa pubblica, della ex-segretaria della Superiora Generale, rivelava che proprio p.  Žust era nella lista di coloro che avevano ricevuto a mezzo pec ogni informazione sugli abusi di Rupnik. Dunque, tirando le somme, a quando un bel “repulisti” del Centro Aletti?

Nel frattempo, anche la figura del cardinale Angelo De Donatis appare sempre più compromessa con p. Rupnik. Il 29 dicembre scorso, un gruppo di sacerdoti della Diocesi di Roma ha deciso di togliersi più di un sassolino dalla scarpa sugli strani e continui favori che il Cardinale Vicario di Roma riservava al gesuita sloveno. In una lettera pubblicata dal blog Silere non possum, questi sacerdoti hanno deciso di sollevare il velo su più d’una delle “benevolenze” di De Donatis verso Rupnik, probabilmente esasperati dalla sua vergognosa difesa garantista del 23 dicembre.

Un «prete giovane, che ha subito Rupnik dai tempi del seminario» chiede a De Donatis come sia possibile che egli declini ogni responsabilità sul caso-Rupnik, mentre lo chiamava «a tenere laboratori per la formazione del clero ogni anno, esercizi spirituali, incontri di formazione con i seminaristi» e mentre frequentava assiduamente e convintamente il Centro Aletti. Un membro della famiglia apostolica Pro Sanctitate allude al fatto che De Donatis avrebbe riconosciuto il Centro Aletti come associazione pubblica di fedeli diocesana «senza aver coinvolto o richiesto il parere degli organismi diocesani a ciò preposti».

Alcuni fatti più circostanziati emergono dalla lettera. Come quello dell’icona “Questo mistero è grande”, realizzata per l’Incontro mondiale delle Famiglie del 2022. “Don Fabietto” domanda «perché la commissione dell’icona che fu affidata ad un’altra artista da parte dell’allora segretario generale del Vicariato le è stata improvvisamente tolta quando il lavoro era quasi finito, per affidarla invece a Rupnik? A che prezzo? Perché il nuovo segretario generale mons. Pierangelo Pedretti volle a tutti i costi questo cambio?». Un repentino cambiamento che ricorda quello della Cappella Redemptoris Mater (vedi qui). È bene ricordare che l’annuncio dell’immagine ufficiale venne data nel luglio del 2021 (vedi qui), quando P. Rupnik era già stato condannato per l’assoluzione del complice e già c’erano precise accuse sull’abuso di altre suore.

Un altro sacerdote solleva alcune questioni relative alla chiesa di San Giovanni Nepomuceno: «Perché don Angelo insistette nel volerla affidare a Rupnik e ai suoi architetti? E dove contava di trovare i soldi per realizzare quel prototipo del Rupnik-pensiero? Dalla CEI? E la CEI lo avrebbe veramente approvato? Di quanti milioni di euro si trattava?». Non meno opaca sembra la storia del rifacimento della cappella del Seminario Romano (ne avevamo fatto cenno qui): «si può sapere il costo esatto del Manga-santuario che è diventata la Cappella maggiore del nostro seminario? Sono state rispettate le tanto invocate norme (quando le devono rispettare gli altri) sugli appalti e sulla trasparenza? Da dove sono arrivati i soldi necessari per pagarla tutta? Li ha presi per caso dalla sua consueta cassaforte, ovvero l’Istituto Benedettine di Priscilla, di cui è tuttora commissario? Perché non fare chiarezza definitivamente anche su questa vicenda, invece di lasciare libero corso alle supposizioni, alle illazioni e ai sospetti?».

Per carità, solo domande. Ma domande che dovrebbero trovare al più presto una risposta soddisfacente, insieme a quelle relative alle tante stranezze e coperture della gestione degli abusi commessi da p. Rupnik, che, secondo una nostra fonte, coinvolgerebbero già venti donne.