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DOMANI BEATO

Luciani e la vera musica… di riconciliarsi con Dio

Uomo umile e pastore dedito al suo popolo, Albino Luciani si curava dei piccoli e dei bisognosi, nella catechesi e nella predicazione. Sulle innovazioni musicali abbracciava un certo ottimismo conciliare, ma non mancava di sottolineare la bellezza dell’organo. E in una delle sue piacevolissime lettere fittizie spiegava La musica della riconciliazione...

Ecclesia 03_09_2022

Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, domani, 4 settembre, sarà proclamato beato! Può, cioè, «essere venerato in qualche provincia, diocesi, città o famiglia religiosa con un culto determinato e proprio dei beati, finché non si pervenga alla solenne canonizzazione» (Benedetto XIV, De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione, I, XXXIX 5).

Albino nasce il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), nell’«aspra terra bellunese», come recita il titolo di un libro scolastico pubblicato a Belluno negli anni ’50, in una famiglia di condizioni modeste. Scorrendo la sua biografia, cogliamo un uomo di Dio e un pastore d’anime: è educato sapientemente prima da mamma Bortola, poi dal suo parroco, don Filippo Carli; studia con rigore e gioia; rinuncia ripetutamente al desiderio di diventare gesuita; è ordinato sacerdote nel 1935; insegna e svolge molti compiti nel seminario diocesano; dopo il dottorato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana nel 1947, assume delicati incarichi nella diocesi; è vescovo di Vittorio Veneto nel 1958; padre conciliare al Vaticano II (1962-1965); da Paolo VI è nominato patriarca di Venezia alla fine del 1969 e creato cardinale nel marzo 1973; il 26 agosto 1978 è eletto papa, ma muore trentatré giorni dopo, il 28 settembre. Uomo umile, dall’indimenticabile sorriso, e pastore dedito al suo popolo, si cura dei piccoli e dei bisognosi, nella catechesi e nella predicazione. Vuole «conservare intatta la grande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacerdoti e dei fedeli, quale la collaudata ricchezza della sua storia ha assicurato nei secoli con esempi di santità e di eroismo, sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi» (Giovanni Paolo I, Radiomessaggio Urbi et Orbi, 27 agosto 1978).

Come il suo predecessore a Venezia e Roma, Giuseppe Sarto (†1914) divenuto Papa San Pio X, il nostro beato è ben disposto verso la musica. A Vittorio Veneto è «sempre attento alla musica sacra e sempre presente ai concerti di restauro degli antichi organi diocesani» (G. N. Vessia & M. Rossi, Le firme dell'organo: compositori e repertorio organistico del '900 italiano, Edizioni Carrara, Bergamo 2003, p. 399).

Al Concilio - racconta ai suoi seminaristi - capita «di essere iudices musicæ, oltre che iudices fidei. All’inaugurazione della seconda sessione conciliare, il 29 settembre [1963], l’arcivescovo dei polacchi all’estero, monsignor [Jozef] Gawlina [†1964], mi ha chiesto mentre stavano eseguendo un moderno Tu es Petrus: “Placetne tibi ista melodia?” [Ti piace questa melodia?]. “Parce mihi - ho risposto - quia profanus sum et musicam non calleo” [Abbi pietà di me, perché sono un profano e non m’intendo di musica]. Volete credere? Ha avuto quasi uno scatto e m’ha detto, tutto d’un fiato: “Noli dicere: Profanus sum! Es episcopus! Et homo! Et homo cultus! Nefas tibi est musicam non callere! Quod ad me, candide tibi fateor: musica ista nova minime placet, dimensione videtur carere!” [Non dire: Sono profano! Sei un vescovo! E un uomo! E un uomo colto! Non puoi essere ignorante di musica! Io, poi, ti confesso sinceramente: questa musica nuova non piace affatto, sembra priva di dimensione!]. Avete capito? Studiate bene anche il canto! Altrimenti succede che vi fanno magari vescovi e vi tocca subire il rimprovero di non sapere abbastanza musica!» (A. Luciani, Lettere dal Concilio: ai seminaristi, in Opera Omnia, Vol. 3, EMP, Padova 1988, pp. 114-115).

Ancora a Vittorio Veneto, Luciani abbraccia l’ingenuo ottimismo del Concilio Vaticano II quando scrive alcune riflessioni sui sacerdoti anti Concilium, attribuendo ironicamente loro queste parole: «Predicazione liturgica e biblica? Sacra Scrittura presentata nel senso letterale, tenendo conto dei generi letterari? Sacramenti amministrati in modo che risveglino anche la fede dei presenti? Tutte storie introdotte da alcuni “modernisti”, che “luteraneggiano”, che assassinano la liturgia e fanno strame di quei tesori inestimabili, che si chiamano il latino, le scholæ cantorum, il canto gregoriano, la tradizione veneranda!» (Il sacerdote diocesano alla luce del Vaticano II, Vittorio Veneto 1966). E a Venezia troviamo ancora il suo ottimismo conciliare: «Il Concilio ha dichiarato: “L’organo è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio” [cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 120]. Io ho firmato a due mani queste parole; non posso tuttavia dimenticare che la Chiesa invita i fedeli a partecipare con qualcosa di proprio alla Messa. Ora, se la Messa è quella dei giovani e i giovani sentono come proprie la chitarra e la musica moderna, io accetto che qualche volta l’organo taccia. Chiedo soltanto che musica e testo dei giovani non siano indegni del tempio e sintonizzino con la Liturgia» (in A. Cattabiani, Il magistero di Albino Luciani: scritti e discorsi, EMP, Padova 1979, p. 115).

Eppure il patriarca di Venezia, con parole piene di semplicità e stupore, non manca di tenere «in grande onore» il re degli strumenti musicali: «A Canale io sono stato fanciullo di famiglia povera. Ma quando, entrando in chiesa, sentivo l’organo suonare a piene canne, dimenticavo i miei poveri abiti, avevo l’impressione che l’organo salutasse particolarmente me e i miei piccoli compagni come altrettanti principi. Di qui la prima, vaga intuizione, diventata in seguito certezza convinta, che la Chiesa cattolica non è solo qualcosa di grande, ma che fa grandi anche i piccoli e i poveri, onorandoli e innalzandoli» (A. Luciani, In occasione del restauro dellorgano della chiesa di Canale d’Agordo, in Opera Omnia, Vol. 9, EMP, Padua 1989, p. 457).

Nel settembre 1973 il cardinal Luciani scrive a Casella, «musico e amico di Dante», protagonista del secondo canto del Purgatorio (vv. 76-117), La musica della riconciliazione, una delle sue gustosissime lettere fittizie rivolte ai grandi del passato o della narrativa. A commento del motto del Giubileo 1975, Riconciliazione!, egli dice: «Un tema, un motto, che è tutto una musica e che tu, Casella, se fossi qui, canteresti dolcemente come cantasti a Dante, che serbava del tuo canto un ricordo nostalgico, sì che diceva “la dolcezza ancor dentro mi suona”». Il futuro papa, divulgatore nato, continua a far riflettere seriamente il lettore, senza che questi se ne accorga: «Vera musica è il riconciliarsi con Dio e l’abbandonare la strada storta, larga e spaziosa, che conduce alla perdizione. […] Gettarsi sul serio nelle braccia di Dio, quale musica, Casella mio! Musica è anche la riconciliazione di noi con i fratelli. […] Davvero la riconciliazione reinstaurata tra gli uomini sarebbe la musica più desiderata e necessaria» (A. Luciani, Illustrissimi, in Opera Omnia, Vol. 1, EMP, Padova 1988, pp. 357-358).