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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

Il libro

Luca Sommi e la sua Costituzione inventata

La più bella. Perché difendere la Costituzione è il titolo di un libro fresco di stampa di Luca Sommi. Un volume di sinistra per la sinistra, che peraltro entra in contraddizione con sé stessa. Vediamo qualche passaggio.

Dottrina sociale 16_07_2024

Luca Sommi è giornalista, esperto di linguaggi, ha lavorato per La7 e la Rai, collaborando anche con Michele Santoro, è autore di libri e attualmente scrive sul Fatto Quotidiano. Forse qualcuno lo avrà visto alle trasmissioni televisive di Bianca Berlinguer alle quali non manca mai. In poche parole: un intellettuale di sinistra. Ora pubblica un libro sulla Costituzione: La più bella. Perché difendere la Costituzione (Baldini + Castoldi).

Non un trattato scientifico, intendiamoci, e del resto ben 70 pagine sono occupate dalla riedizione del testo costituzionale. È un libro propagandistico che si lancia in una difesa ideologica ad oltranza della Costituzione, cosa evidente fin dal titolo, e dalla retorica adoperata: «è una ragazza moderna, giovane potremmo dire» (p. 32); il secondo comma dell’articolo 3 è «scritto con la grazia di una poesia». Inoltre, è un libro di sinistra per la sinistra. La possibile riforma costituzionale del premierato viene esorcizzata da questi elogi spesso stucchevoli della Carta, dagli attacchi al governo Meloni per non consentire una legge sul salario minimo, cosa per Sommi anticostituzionale, e per aver abolito il reddito di cittadinanza condannando le famiglie alla fame. Il tutto condito di fascismo, nel senso che la Costituzione nasce dall’opposizione al fascismo e nel senso – come recita l’ultimo capitolo – che «abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo e non di un capo», con il quale potremmo tornare al fascismo. Tutti messaggi in codice contro la maggioranza attuale.

A proposito di fascismo. Sommi scrive che con la Carta «la sovranità che apparteneva al re, al sovrano, ora appartiene al popolo: una vera rivoluzione» (p. 24). Ma è proprio sicuro che non si sia sudditi anche nella nostra democrazia costituzionale? Scrive anche che secondo la Costituzione «nessuno potrà essere prelevato e deportato, privato della libertà come accadeva nel regime fascista» (p. 58)... ma non è proprio questo che democraticamente è avvenuto nel biennio e passa del Covid?

Parlando poi della Repubblica fondata sul lavoro, Sommi ricorda che l’articolo 36 prevede che il salario deve essere tale da assicurare l’esistenza al lavoratore e alla sua famiglia. La Carta, dice il giornalista, garantisce «dignità al nucleo familiare» (p. 33): ma allora perché la cultura di cui egli è portatore mira a distruggere la famiglia? Secondo l’autore, la Costituzione prevede «un intervento attivo dei pubblici poteri» (p. 36) contro il «neoliberismo sfrenato», ma non è la cultura del progressismo neosocialista che oggi appoggia i nuovi poteri globalisti? Viene anche richiamato l’articolo 34 sulla scuola, ma qui il Nostro non si rifà più alla tanto decantata libertà e uguaglianza di diritti, dato che conferma il centralismo statale in educazione, tipico dei sistemi autoritari e ideologici, e niente scrive sul dovere/diritto dei genitori.

Circa poi il fondamento dei diritti umani, Sommi ricorda che la Repubblica riconosce «quanto esiste già in natura e l’autorità giuridica si limita semplicemente a prenderne nota» (p. 57). A parte il fatto che molti diritti invece sono “inventati”, come quelli previsti dalla legge 194 sull’aborto o dalla legge Cirinnà sulle unioni civili, e la loro invenzione è fatta emergere dalla Costituzione, cosa intende Sommi per “natura”? Se intende, come appare dal testo, quella di Rousseau, allora si sbaglia perché per il Ginevrino la natura non esiste. Eppure, scrive: «Come se questi diritti esistessero in natura e non necessitassero del riconoscimento dello Stato» (p. 55). Seppur nella forma ipotetica-kantiana (als ob – come se), egli sembra qui ammettere una “natura umana”. Ma allora perché la sua parte ideologica e politica la nega risolutamente ed è a favore di leggi e politiche innaturali?

Stefano Fontana