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INCENDIO E AMBIENTALISMO

Los Angeles brucia, per troppo amore della natura. Un esempio negativo per l'Ue

Los Angeles brucia, in fumo un pezzo di sogno americano. I progressisti hanno la risposta pronta: è il cambiamento climatico. Benché non si conosca la causa immediata del fuoco, le condizioni sono state create proprio da politiche ambientaliste sulla gestione delle foreste e delle riserve idriche. Una politica di ripristino della natura, che anche l'Ue ha adottato, aumenta i rischi.

Creato 11_01_2025
Devastazione di Palisades, Los Angeles (La Presse)

Due inverni secchi e vento a quasi 200 km/h: la tempesta perfetta ha creato il più grande incendio nella storia di Los Angeles. Immagini apocalittiche entrano nei nostri salotti, attraverso le televisioni. Stanno andando in fumo paesaggi iconici del sogno americano, le ville di Malibù sono minacciate, la riviera delle Pacific Palisades (il distretto attraversato dal mitico Sunset Boulevard) è distrutta, gli attori di Hollywood sono in fuga, molti di loro hanno perso la casa. Sono 180mila gli sfollati e almeno 10 le vittime. James Woods, attore veterano e uno dei pochissimi ancora conservatori, risponde con durezza a chi gli rimprovera di non aver creduto al cambiamento climatico e di averne subito gli effetti. «Non è il cambiamento climatico il colpevole – risponde con un post – è che gli stupidi liberal eleggono stupidi rappresentanti liberal». E accusa soprattutto il governatore della California, Gavin Newsom, una promessa della politica progressista, così come la sindaca di Los Angeles, sempre democratica, Karen Bass.

Cambiamento climatico o cattiva gestione? Su questi temi la sinistra e la destra americane sono ancora profondamente divise. La siccità crea le condizioni, il “combustibile” dato da migliaia di chilometri quadrati di vegetazione secca. L’incuria, però, fa sì che il fuoco non venga fermato in tempo. E di incuria se ne sta vedendo tanta, a partire dalla mancanza di acqua negli idranti alla vicinanza fra foresta e città, senza che vi fossero barriere efficaci. Ora si stima che siano bruciati 117 chilometri quadrati, distrutti 10mila edifici con danni che ammontano, per adesso, a quasi 60 miliardi di dollari (ma si prevede che, complessivamente, aumenteranno fino a 150 miliardi).

La causa è ancora ignota. Sotto accusa anche l’azienda elettrica di Los Angeles. Il Dipartimento dell’Acqua e dell’Energia di Los Angeles non ha sviluppato un piano per spegnere settori a rischio durante le tempeste di vento per ridurre il rischio di scintille dalle sue linee elettriche, come risulta dai documenti di regolamentazione. Altre società di servizi della California lo fanno periodicamente quando il rischio di incendio è elevato. È lo stesso problema che si era notato anche nel grande incendio di Maui, nelle Hawaii: i cavi non sono interrati e continuano a penzolare dai tralicci, aumentando il rischio di incendio. Nel caso delle Hawaii la locale compagnia elettrica, la Hawaiian Electric ha accettato di pagare quasi 2 miliardi di dollari per risolvere le controversie relative alle accuse che le sue linee elettriche potrebbero aver causato l’inizio dell’incendio. Anche in California e in altri Stati della costa occidentale, come l’Oregon, ci sono precedenti, anche recenti, di incendi causati dalle linee elettriche.

Non è comunque da escludere l’opera di piromani. Sono cinque i punti di origine del grande incendio di Los Angeles e nella giornata di ieri (10 gennaio) sono stati arrestati sospetti piromani. Gli incendi creano caos e impegnano tutte le forze di sicurezza, dai pompieri ai poliziotti, passando per i soccorsi, condizione ideali per un saccheggio. E infatti anche ieri sono stati arrestati venti sciacalli.

Quel che lascia però veramente perplessi è l’inefficienza nella reazione. Gli idranti sono rimasti spesso a secco. Alla domanda dei giornalisti sulla causa della mancanza d’acqua, Newsom non ha saputo dare una risposta. Le autorità si limitano ad asserire che il sistema idrico non fosse sufficiente a contenere un incendio di queste dimensioni. In parte, però, sono le stesse statistiche ufficiali della città a dare una risposta: la mancanza di ordine pubblico consente anche il furto di equipaggiamenti anti-incendio. «Tra gennaio 2023 e maggio 2024, più di 300 idranti sono stati rubati dalle strade della contea di Los Angeles, secondo i dati della Golden State Water Company, che gestisce gli idranti». Alcuni degli idranti vengono venduti come rottami metallici.

La gestione dell’acqua è stata oggetto di uno scambio di accuse fra il presidente eletto Donald Trump e Gavin Newsom. «Il governatore Newscum (sic!) si è rifiutato di firmare la dichiarazione di ripristino dell’acqua che gli è stata presentata e che avrebbe permesso a milioni di galloni d'acqua, provenienti dalle piogge in eccesso e dallo scioglimento delle nevi del Nord, di fluire quotidianamente verso le zone della California, comprese quelle che attualmente stanno bruciando in modo praticamente apocalittico», ha scritto Trump sul suo profilo Truth, il suo social network. Il governatore ha negato che tale dichiarazione sia mai esistita, ma dal team di transizione del nuovo presidente non è tardata la contro-risposta: Trump si riferiva a un memorandum esecutivo emesso nel 2020 che avrebbe permesso al governo federale di reindirizzare milioni di litri d’acqua alla Central Valley e alla California meridionale. Newsom ha reagito all'azione di Trump citando in giudizio l’amministrazione per fermare l’ordine, schierandosi con gli ambientalisti. Questi ultimi si opponevano perché ritenevano che la nuova opera idrica mettesse in pericolo varie specie a rischio di fauna ittica.

Le infrastrutture che avrebbero potuto fornire più acqua per gli incendi sono rimaste in sospeso, bloccate dalla burocrazia. Dieci anni fa, gli elettori californiani hanno approvato la spesa di 7,5 miliardi di dollari per costruire depositi d’acqua e migliorare le strutture idriche statali, ma entro il 2023, secondo il Los Angeles Times, non era stata completata nemmeno una diga.

Come sottolinea anche il giornalista del Corriere della Sera Federico Rampini, in California, sempre per motivi ambientali, si fa poca deforestazione selettiva, un modo per prevenire gli incendi. Negli ultimi anni, in effetti, risulta siano state avanzate molte proposte per rendere più facile ed efficace la lotta e la prevenzione degli incendi di massa in California. Eppure, per qualche motivo, non sono mai andate a buon fine.

Jad Daley, presidente e amministratore delegato di American Forests, un gruppo no-profit, ha citato anche le reazioni contrarie che le agenzie governative ricevono quando effettuano i diradamenti e gli incendi controllati per contribuire a rendere le foreste resistenti agli incendi. «La gente dice che state uccidendo la foresta, in realtà la state salvando». Secondo quanto riferito, il Servizio Forestale degli Stati Uniti ha interrotto gli incendi controllati in California verso la fine del 2024 perché i vigili del fuoco erano necessari altrove. E soprattutto perché le autorità non volevano correre il rischio che diventassero incendi incontrollati. Almeno oggi possono accusare la natura (e il cambiamento climatico).

In generale, gli interventi necessari per prevenire incendi apocalittici, come quello in corso a Los Angeles, richiedono che la natura venga trasformata drasticamente: disboscamenti, deviazione di corsi d’acqua e altre misure simili cozzano contro la filosofia del ripristino della natura. Sia le autorità della California, le più ecologiste degli Usa, sia quelle europee, puntano al ripristino della natura. La California più che indicarci la via, ci indica i rischi che corriamo.